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Archivio digitale delle tesi discusse presso l'Università di Pisa

Tesi etd-09032013-161412


Tipo di tesi
Tesi di laurea specialistica LC6
Autore
GIACONI, VALENTINA
URN
etd-09032013-161412
Titolo
RADIOTERAPIA O RADIOCHEMIOTERAPIA CON INTENTO CURATIVO NELLE NEOPLASIE DELL'OROFARINGE
Dipartimento
RICERCA TRASLAZIONALE E DELLE NUOVE TECNOLOGIE IN MEDICINA E CHIRURGIA
Corso di studi
MEDICINA E CHIRURGIA
Relatori
relatore Fatigante, Lucia Raffaela
Parole chiave
  • orofaringe
  • IMRT
  • terapie sistemiche
  • tossicità
Data inizio appello
24/09/2013
Consultabilità
Completa
Riassunto
I tumori dell’orofaringe sono relativamente frequenti nell’ambito del distretto testa-collo rappresentandone circa il 25%, con un’incidenza di 1.5/100000 nella razza bianca e di 3.2/100000 nella razza nera; circa 7100 nuovi casi l’anno con 1700 decessi l’anno. Dal punto di vista istologico il 90% dei tumori e’ rappresentato dai carcinomi squamocellulari, il 10% è costituito da istotipi rari. I fattori di rischio classici sono età avanzata, alcoolismo e tabagismo; la loro incidenza è in riduzione. Recentemente e’ stata dimostrata una correlazione eziopatogenetica anche con l’infezione da HPV16, associato a prognosi migliore, con incidenza in aumento.
Le strategie terapeutiche per la cura del carcinoma orofaringeo sono rappresentate da chirurgia o radioterapia associata a chemioterapia; la scelta della modalità più appropriata si effettua sulla base di alcuni aspetti fondamentali: stadio e sottosede anatomica della malattia, esperienza dell’istituto, performance status e scelta personale del paziente. Per le lesioni in stadio iniziale sono possibili interventi chirurgici conservativi o la RT esclusiva, con risultati pressoché sovrapponibili; nel caso di neoplasie più estese, ancora operabili, la chirurgia diventa il primo atto terapeutico anche se gli interventi sono demolitivi con conseguenze funzionali più o meno gravi e di tipo diverso a seconda della sede del tumore e della sua estensione. Negli stadi più avanzati non operabili la RT è il trattamento d’elezione: effettuata con tecniche d’irradiazione che comportano un’ottimizzazione nella distribuzione della dose come la radioterapia a intensità modulata (IMRT).
Allo scopo di aumentare l’efficacia della RT in termini di controllo locale e sopravvivenza, sono stati realizzati numerosi studi per verificare l’efficacia della associazione RT+CT. Una CT concomitante con cisplatino settimanale rappresenta il trattamento d’elezione nella cura dei tumori orofaringei localmente avanzati, allo scopo sia di migliorare il controllo locale sia per ridurre l’incidenza di malattia metastatica rispetto alla sola RT. Nei pazienti in cui età avanzata o particolari comorbidità associate con basso performance status controindicano l’uso del Cisplatino, è possibile utlizzare Cetuximab. Una CT neoadiuvante con TPF può essere proposta in presenza di lesioni tumorali molto estese o grossolane adenopatie, con intento di debulking.
Da marzo 2010 ad agosto 2013, 23 pazienti con diagnosi istologica di carcinoma squamoso dell’orofaringe sono stati trattati presso il nostro istituto con Radioterapia ad Intensità Modulata Statica (IMRT) o Dinamica (VMAT) tramite un Acceleratore Lineare (LINAC) munito di collimatore multilamellare dinamico con tecnica di frazionamento SIB, ed eventualmente associata a chemioterapia neoadiuvante con TPF e/o terapia sistemica concomitante con Cisplatino o Cetuximab.
In linea con i dati di letteratura abbiamo riscontrato una percentuale di controllo locale di oltre il 70% anche negli stadi avanzati con RT+CT concomitante.
La CT neoadiuvante è stata ben tollerata mostrando una discreta efficacia nell’ottenere un debulking di lesioni molto estese ma sembra non avere un impatto nel ridurre l’incidenza di malattia metastatica. La RT è stata associata o a Cisplatino settimanale o a Cetuximab, in entrambi i casi con buona tolleranza anche se nei pazienti sottoposti a CT d’induzione l’associazione del Cetuximab nella fase concomitante garantisce una miglior compliance.
Tramite l’utilizzo dell’IMRT o VMAT l’insorgenza di tossicità, sia acuta che tardiva, si è rivelata minima permettendo ai pazienti di completare il programma radioterapico senza evidenziare interruzioni significative; inoltre l’utilizzo del SIB permette di ridurre la durata globale dei trattamenti con un vantaggio radiobiologico.
Per meglio stratificare questi pazienti, e quindi poter ottimizzare le scelte terapeutiche, è necessario implementare la ricerca dell’HPV16+.
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