Tesi etd-09032012-210002 |
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Tipo di tesi
Tesi di laurea specialistica
Autore
MULANA, FRANCESCA
URN
etd-09032012-210002
Titolo
Fusione di informazioni inerziali e magnetiche per la localizzazione di dispositivi medici endoluminali guidati da campi magnetici
Dipartimento
INGEGNERIA
Corso di studi
INGEGNERIA BIOMEDICA
Relatori
relatore Ing. Salerno, Marco
relatore Prof. Landi, Alberto
relatore Prof.ssa Menciassi, Arianna
relatore Prof. Landi, Alberto
relatore Prof.ssa Menciassi, Arianna
Parole chiave
- capsula endoscopica wireless
- fusione di informazioni magnetiche e inerziali
- gestione forze di interazione magnetica
- localizzazione capsula
- locomozione magnetica
- modelli analitico-numerici di campi magnetici
- ottimizzazione
- tecniche diagnostiche e chirurgiche per patologie
Data inizio appello
25/09/2012
Consultabilità
Non consultabile
Data di rilascio
25/09/2052
Riassunto
Il presente lavoro di tesi si colloca nell’ambito di ricerca riguardante l’ottimizzazione e il potenziamento delle tecniche diagnostiche e chirurgiche che interessano patologie a carico dell'apparato digerente, in particolare della parte principale di esso, ossia l’apparato gastrointestinale (GI).
La tesi, ideata e sviluppata presso i laboratori dell’Istituto di BioRobotica della Scuola Superiore Sant’Anna, si propone di definire e implementare un metodo affidabile di localizzazione per un dispositivo medico endoluminale , quale capsula endoscopica, guidato da campi magnetici applicati esternamente dal dispositivo stesso. Il metodo è basato sulla fusione di informazioni inerziali e magnetiche che consenta di rilevare nel modo più preciso e tempestivo possibile la posizione del dispositivo così da consentire il mantenimento della connessione magnetica e la gestione delle forze di interazione con i tessuti.
L'endoscopia del tratto GI rappresenta una delle principali applicazioni di procedure endoluminali. Tale tecnica può essere utilizzata sia per la diagnostica, sia per l'esecuzione di interventi terapeutici (endoscopia operativa), sia ancora come strumento di supporto durante un intervento chirurgico e il suo impatto sul sistema sanitario è notevole.
Ad oggi l’endoscopia gastrointestinale è la procedura più usata per la diagnosi ed il trattamento delle patologie a carico dell’apparato digerente. Nonostante si serva di orifizi naturali attraverso i quali inserire l’endoscopio flessibile, rappresenta comunque un esame abbastanza invasivo e difficilmente accettato dalla maggior parte dei pazienti a causa del dolore e del disagio associati alla procedura. Inoltre, con l’utilizzo degli endoscopi tradizionali risulta impossibile raggiungere determinate porzioni del tratto GI, come ad esempio l’intestino tenue. Al fine di risolvere tali inconvenienti, negli ultimi quindici anni sono stati compiuti notevoli sforzi per migliorare i dispositivi endoscopici, sia dal punto di vista delle prestazioni che riducendo l’invasività per il paziente.
Tra le varie soluzioni e tra i più recenti sviluppi tecnologi, la capsula endoscopica wireless (WCE) è progressivamente emersa come una valida alternativa alle tradizionali tecniche diagnostiche e come uno strumento non invasivo molto efficace nello screening di patologie del tratto gastrointestinale ed elevata rilevanza diagnostica soprattutto per quanto riguarda le patologie dell'intestino tenue e del colon.
Le capsule endoscopiche sono costituite tipicamente da un sistema di acquisizione di immagini, un sistema di trasmissione dati, un microcontrollore che gestisce le componenti elettroniche ed una batteria per la loro alimentazione.
Tuttavia, i dispositivi medici attualmente disponibili sono per lo più passivi ossia dispositivi il cui avanzamento avviene sfruttando la naturale peristalsi intestinale con l’inconveniente, da parte del medico che effettua l’indagine endoscopica, di non riuscire a catturare le immagini di tutto il tratto gastrointestinale o di particolari regioni di interesse non avendo un controllo della capsula sia nel suo movimento che nel suo orientamento. Con lo scopo di superare questi limiti, è divenuto di recente oggetto di ricerca lo sviluppo di dispositivi endoluminali quali capsule endoscopiche con locomozione attiva che consentono dunque di guidare la capsula in maniera controllata. Questo consentirebbe al medico di orientare la capsula verso interessanti aree patologiche e di eseguire indagini più approfondite su quell’area specifica.
Un approccio promettente per la guida e il controllo della capsula endoscopica sfrutta le forze magnetiche generate dall’accoppiamento di magneti permanenti o di bobine incorporate nella capsula e campi magnetici generati esternamente rispetto al corpo del paziente.
Nonostante la loro efficacia, gli accoppiamenti magnetici sfruttati per la locomozione di dispositivi sono difficili da gestire e risultano applicati limitatamente in campo medico.
Il fatto che le forze magnetiche siano intrinsecamente wireless e dunque non abbiano bisogno di elementi di trasmissione, rappresenta un vantaggio perché alcune regioni anatomiche non sono raggiungibili con strumenti tradizionali quali gli endoscopi flessibili ma presentano degli svantaggi in termini di sicurezza di funzionamento. Le forze magnetiche sono caratterizzate da elevati gradienti, dunque piccoli spostamenti delle fonti magnetiche producono grandi variazioni in termini di forza, rendendo così difficoltoso il controllo del dispositivo.
Senza alcun feedback, gli obiettivi principali dell'operatore sono: il mantenimento del link magnetico, che nel caso in cui venisse a mancare comporterebbe la perdita del dispositivo, e l’esecuzione della procedura interpretando e elaborando grossolanamente le scarse informazioni in possesso che si basano solo sulla conoscenza anatomica e su esperienze precedenti.
In letteratura, sono presentate varie strategie di localizzazione. Queste tecniche
operano sfruttando differenti principi di funzionamento e sono caratterizzate da particolari prestazioni e limiti.
Una delle strategie di localizzazione più significative opera attraverso l’emissione da parte della capsula di segnali in radio frequenza i quali vengono misurati da antenne posizionate all’esterno dell’addome del paziente e triangolati. I principali limiti di questa strategia si riscontrano nel fatto che viene eseguita una localizzazione a due soli gradi di libertà e che è necessario prevedere un apparecchiatura addizionale (le antenne esterne) che deve essere correttamente riferita rispetto al resto del sistema. Inoltre, la difficoltà di riferire correttamente le antenne esterne provoca una scarsa accuratezza di localizzazione.
Un’altra strategia si fonda su misure inerziali eseguite da un sensore inerziale incluso nel dispositivo ed ha come presupposto la presenza di un accoppiamento permanente e stabile tra la sorgente di campo magnetico esterno ed il dispositivo guidato magneticamente.
Il sensore inerziale è utilizzato per misurare le inclinazioni assunte dal dispositivo e per modificare conseguentemente la posizione della sorgente magnetica esterna quando vengono rilevate inclinazioni che non consentono più al dispositivo di rispondere correttamente ai comandi di spostamento impartiti da un’interfaccia utente.
Nel settore delle indagini endoscopiche e chirurgiche, in particolare del tratto gastro-intestinale, sono note anche strategie di localizzazione diverse, basate sulla misurazione di campi magnetici, le quali però possono essere utilizzate esclusivamente con dispositivi endoluminali di tipo passivo, ossia dispositivi non guidati magneticamente ma il cui avanzamento avviene per peristalsi.
Una strategia di quest’ultimo tipo prevede la presenza di un sensore magnetico a bordo del dispositivo che misura valori di campo magnetico per determinare la posizione del dispositivo stesso, come ad esempio la presenza di tre bobine accuratamente poste in un lettino diagnostico, attivate in sequenza per produrre campi magnetici di piccola intensità e sincronizzate con il rilevamento eseguito da un sensore magnetico triassiale presente nel dispositivo.
Questa strategia consente una localizzazione molto accurata della capsula ma il suo utilizzo è limitato a dispositivi non guidati magneticamente in quanto la presenza di campi magnetici di elevata intensità, necessari per la guida del dispositivo, impedirebbe il corretto funzionamento del sistema di misura causa della saturazione dei sensori geo-magnetici utilizzati.
La maggior parte delle tecniche non risulta dunque compatibile con la presenza del campo magnetico che consente la locomozione attiva, altre tecniche invece non forniscono una frequenza e risoluzione di localizzazione necessaria per gestire le interazioni con l'ambiente.
Il metodo di localizzazione sviluppato in questo lavoro di tesi si propone come una valida alternativa alle procedure attualmente presenti in letteratura.
L’obiettivo di questo lavoro di tesi è stato dunque la definizione e l’implementazione di un metodo di localizzazione affidabile per un dispositivo magnetico endoluminale guidato magneticamente dotato di un sistema di locomozione attivo e controllabile dall’esterno. Il metodo di localizzazione deve essere in grado di rilevare la posizione del dispositivo stesso durante l’indagine endoscopica o chirurgica e consentire di mantenere una forte connessione magnetica necessaria per il trascinamento e l’orientamento del dispositivo in modo da non perdere la capsula e generare il movimento di quest’ultima senza danneggiare i tessuti circostanti.
Quando si parla di localizzazione magnetica di dispositivi medici endoluminali guidati da campi magnetici, la piattaforma diagnostica è tipicamente composta da un braccio robotico che sorregge una sorgente di campo magnetico posizionata all’esterno del corpo del paziente, e da un dispositivo endoluminale, nel caso in esame una capsula, il quale, inghiottito dal paziente, si accoppia con il campo magnetico esterno che ne controlla l’avanzamento.
In queste piattaforme, risulta di fondamentale importanza conoscere, nel modo più accurato e tempestivo possibile, la localizzazione del dispositivo guidato magneticamente rispetto alla sorgente di campo magnetico, in modo da poter modificare il campo magnetico esterno in base alle esigenze di locomozione. I due obiettivi principali da raggiungere nello sviluppo di questa strategia di localizzazione sono stati dunque mantenere il legame magnetico di modo da non perdere il dispositivo durante l’indagine e gestire le forze di interazione con i tessuti rispettando dunque i requisiti di sicurezza.
Dopo un’analisi approfondita delle principali strategie di locomozione e localizzazione e dopo aver dunque identificato le principali sfide riguardanti la locomozione magnetica di dispositivi medici endoluminali, lo scopo di questo lavoro di ricerca è stato quello di proporre un metodo per la localizzazione di tali dispositivi che consenta la guida del dispositivo stesso tramite campi magnetici applicati esternamente e che sia attuabile senza la necessità di prevedere hardware aggiuntivo nella sorgente di generazione dei campi magnetici utilizzati per la guida. Dunque i principali obiettivi raggiunti dal metodo di localizzazione proposto sono stati: riuscire a stabilire e mantenere una forte connessione magnetica tale da non perdere la capsula durante l’indagine; gestire le interazioni con l'ambiente al fine di evitare danni al tessuto in un contesto dove le forze magnetiche in gioco sono forti e variabili.
La caratteristica fondamentale dell'approccio proposto è una fusione di informazioni inerziali e magnetiche data dalla presenza a bordo del dispositivo di un sensore magnetico e di un sensore inerziale che consentono, con un'unica acquisizione sincrona dei sensori incorporati, di aumentare le informazioni da utilizzare per la localizzazione.
Il metodo di localizzazione è basato dunque sulla rilevazione simultanea di valori da parte del sensore magnetico e sensore inerziale a bordo del dispositivo e l’utilizzo di tali letture per calcolare i valori del vettore di campo magnetico applicato al dispositivo e modulo e verso del vettore di campo magnetico applicato al dispositivo nella direzione definita dall’accelerazione di gravità. Successivamente viene eseguito un confronto di quest’ultimi con modelli analitici-numerici noti del campo magnetico (mappe precalcolate di campo magnetico) generato dalla sorgente esterna e conseguente rilevazione della posizione del dispositivo rispetto alla sorgente.
Al fine di implementare la procedura proposta, a bordo della capsula magnetica è stato integrato un sensore inerziale a Effetto Hall, utilizzato come inclinometro per misurare l’orientamento del dispositivo rispetto alla direzione dell’accelerazione di gravità, e un sensore di campo magnetico, sensore a Effetto Hall triassiale , con campo di misura da 0.1 mT a 2 T (Fig 2). Accelerometro e magnetometro sono stati assemblati in una posizione e un orientamento noti rispetto alla capsula. La fusione delle informazioni, inerziale e magnetica permette di ottenere la localizzazione del dispositivo rispetto alla sorgente di campo magnetico e dunque una gestione delle forze applicate mantenendo stabile la connessione magnetica.
La procedura proposta è stata applicata ad un caso specifico per validare la metodologia, sono state dunque valutate le prestazioni ed è stato implementato un controllo automatico. Sono state condotte poi delle prove sperimentali per verificare l’efficacia della tecnica proposta nella gestione delle interazioni con l'ambiente.
L’accuratezza del metodo sviluppato è funzione della distanza del dispositivo dalla sorgente di campo magnetico. Essa è caratterizzata da errori inferiori a 2 mm ad una distanza da 80 mm, 5 mm ad una distanza di 100 mm e 10 ad una distanza di 120 mm, mentre è stata ottenuta una frequenza di localizzazione di 20 Hz. Le prove sperimentali hanno consentito di verificare come il metodo, con tali prestazioni, consenta il mantenimento della connessione magnetica e la gestione delle forze di interazione.
I pricipali obbiettivi riguardanti la localizzazione magnetica sono stati dunque raggiunti. Con il metodo sviluppato in questo lavoro sarà possibile ricavare informazioni in tempo reale sulla posizione del dispositivo magnetico capsulare consentendo dunque una modulazione del campo magnetico esterno in modo da ottenere una connessione magnetica stabile tale da sostenere il dispositivo e generare il movimento.
Allo stesso tempo, potranno essere agevolmente soddisfatti i requisiti di sicurezza per evitare danni ai tessuti che potrebbero essere causati nel caso di forze magnetiche troppo elevate e inoltre il dispositivo magnetico potrà essere accoppiato a qualsiasi tipo di sorgente magnetica esterna senza dover aggiungere un hardware destinato alla localizzazione.
La tesi, ideata e sviluppata presso i laboratori dell’Istituto di BioRobotica della Scuola Superiore Sant’Anna, si propone di definire e implementare un metodo affidabile di localizzazione per un dispositivo medico endoluminale , quale capsula endoscopica, guidato da campi magnetici applicati esternamente dal dispositivo stesso. Il metodo è basato sulla fusione di informazioni inerziali e magnetiche che consenta di rilevare nel modo più preciso e tempestivo possibile la posizione del dispositivo così da consentire il mantenimento della connessione magnetica e la gestione delle forze di interazione con i tessuti.
L'endoscopia del tratto GI rappresenta una delle principali applicazioni di procedure endoluminali. Tale tecnica può essere utilizzata sia per la diagnostica, sia per l'esecuzione di interventi terapeutici (endoscopia operativa), sia ancora come strumento di supporto durante un intervento chirurgico e il suo impatto sul sistema sanitario è notevole.
Ad oggi l’endoscopia gastrointestinale è la procedura più usata per la diagnosi ed il trattamento delle patologie a carico dell’apparato digerente. Nonostante si serva di orifizi naturali attraverso i quali inserire l’endoscopio flessibile, rappresenta comunque un esame abbastanza invasivo e difficilmente accettato dalla maggior parte dei pazienti a causa del dolore e del disagio associati alla procedura. Inoltre, con l’utilizzo degli endoscopi tradizionali risulta impossibile raggiungere determinate porzioni del tratto GI, come ad esempio l’intestino tenue. Al fine di risolvere tali inconvenienti, negli ultimi quindici anni sono stati compiuti notevoli sforzi per migliorare i dispositivi endoscopici, sia dal punto di vista delle prestazioni che riducendo l’invasività per il paziente.
Tra le varie soluzioni e tra i più recenti sviluppi tecnologi, la capsula endoscopica wireless (WCE) è progressivamente emersa come una valida alternativa alle tradizionali tecniche diagnostiche e come uno strumento non invasivo molto efficace nello screening di patologie del tratto gastrointestinale ed elevata rilevanza diagnostica soprattutto per quanto riguarda le patologie dell'intestino tenue e del colon.
Le capsule endoscopiche sono costituite tipicamente da un sistema di acquisizione di immagini, un sistema di trasmissione dati, un microcontrollore che gestisce le componenti elettroniche ed una batteria per la loro alimentazione.
Tuttavia, i dispositivi medici attualmente disponibili sono per lo più passivi ossia dispositivi il cui avanzamento avviene sfruttando la naturale peristalsi intestinale con l’inconveniente, da parte del medico che effettua l’indagine endoscopica, di non riuscire a catturare le immagini di tutto il tratto gastrointestinale o di particolari regioni di interesse non avendo un controllo della capsula sia nel suo movimento che nel suo orientamento. Con lo scopo di superare questi limiti, è divenuto di recente oggetto di ricerca lo sviluppo di dispositivi endoluminali quali capsule endoscopiche con locomozione attiva che consentono dunque di guidare la capsula in maniera controllata. Questo consentirebbe al medico di orientare la capsula verso interessanti aree patologiche e di eseguire indagini più approfondite su quell’area specifica.
Un approccio promettente per la guida e il controllo della capsula endoscopica sfrutta le forze magnetiche generate dall’accoppiamento di magneti permanenti o di bobine incorporate nella capsula e campi magnetici generati esternamente rispetto al corpo del paziente.
Nonostante la loro efficacia, gli accoppiamenti magnetici sfruttati per la locomozione di dispositivi sono difficili da gestire e risultano applicati limitatamente in campo medico.
Il fatto che le forze magnetiche siano intrinsecamente wireless e dunque non abbiano bisogno di elementi di trasmissione, rappresenta un vantaggio perché alcune regioni anatomiche non sono raggiungibili con strumenti tradizionali quali gli endoscopi flessibili ma presentano degli svantaggi in termini di sicurezza di funzionamento. Le forze magnetiche sono caratterizzate da elevati gradienti, dunque piccoli spostamenti delle fonti magnetiche producono grandi variazioni in termini di forza, rendendo così difficoltoso il controllo del dispositivo.
Senza alcun feedback, gli obiettivi principali dell'operatore sono: il mantenimento del link magnetico, che nel caso in cui venisse a mancare comporterebbe la perdita del dispositivo, e l’esecuzione della procedura interpretando e elaborando grossolanamente le scarse informazioni in possesso che si basano solo sulla conoscenza anatomica e su esperienze precedenti.
In letteratura, sono presentate varie strategie di localizzazione. Queste tecniche
operano sfruttando differenti principi di funzionamento e sono caratterizzate da particolari prestazioni e limiti.
Una delle strategie di localizzazione più significative opera attraverso l’emissione da parte della capsula di segnali in radio frequenza i quali vengono misurati da antenne posizionate all’esterno dell’addome del paziente e triangolati. I principali limiti di questa strategia si riscontrano nel fatto che viene eseguita una localizzazione a due soli gradi di libertà e che è necessario prevedere un apparecchiatura addizionale (le antenne esterne) che deve essere correttamente riferita rispetto al resto del sistema. Inoltre, la difficoltà di riferire correttamente le antenne esterne provoca una scarsa accuratezza di localizzazione.
Un’altra strategia si fonda su misure inerziali eseguite da un sensore inerziale incluso nel dispositivo ed ha come presupposto la presenza di un accoppiamento permanente e stabile tra la sorgente di campo magnetico esterno ed il dispositivo guidato magneticamente.
Il sensore inerziale è utilizzato per misurare le inclinazioni assunte dal dispositivo e per modificare conseguentemente la posizione della sorgente magnetica esterna quando vengono rilevate inclinazioni che non consentono più al dispositivo di rispondere correttamente ai comandi di spostamento impartiti da un’interfaccia utente.
Nel settore delle indagini endoscopiche e chirurgiche, in particolare del tratto gastro-intestinale, sono note anche strategie di localizzazione diverse, basate sulla misurazione di campi magnetici, le quali però possono essere utilizzate esclusivamente con dispositivi endoluminali di tipo passivo, ossia dispositivi non guidati magneticamente ma il cui avanzamento avviene per peristalsi.
Una strategia di quest’ultimo tipo prevede la presenza di un sensore magnetico a bordo del dispositivo che misura valori di campo magnetico per determinare la posizione del dispositivo stesso, come ad esempio la presenza di tre bobine accuratamente poste in un lettino diagnostico, attivate in sequenza per produrre campi magnetici di piccola intensità e sincronizzate con il rilevamento eseguito da un sensore magnetico triassiale presente nel dispositivo.
Questa strategia consente una localizzazione molto accurata della capsula ma il suo utilizzo è limitato a dispositivi non guidati magneticamente in quanto la presenza di campi magnetici di elevata intensità, necessari per la guida del dispositivo, impedirebbe il corretto funzionamento del sistema di misura causa della saturazione dei sensori geo-magnetici utilizzati.
La maggior parte delle tecniche non risulta dunque compatibile con la presenza del campo magnetico che consente la locomozione attiva, altre tecniche invece non forniscono una frequenza e risoluzione di localizzazione necessaria per gestire le interazioni con l'ambiente.
Il metodo di localizzazione sviluppato in questo lavoro di tesi si propone come una valida alternativa alle procedure attualmente presenti in letteratura.
L’obiettivo di questo lavoro di tesi è stato dunque la definizione e l’implementazione di un metodo di localizzazione affidabile per un dispositivo magnetico endoluminale guidato magneticamente dotato di un sistema di locomozione attivo e controllabile dall’esterno. Il metodo di localizzazione deve essere in grado di rilevare la posizione del dispositivo stesso durante l’indagine endoscopica o chirurgica e consentire di mantenere una forte connessione magnetica necessaria per il trascinamento e l’orientamento del dispositivo in modo da non perdere la capsula e generare il movimento di quest’ultima senza danneggiare i tessuti circostanti.
Quando si parla di localizzazione magnetica di dispositivi medici endoluminali guidati da campi magnetici, la piattaforma diagnostica è tipicamente composta da un braccio robotico che sorregge una sorgente di campo magnetico posizionata all’esterno del corpo del paziente, e da un dispositivo endoluminale, nel caso in esame una capsula, il quale, inghiottito dal paziente, si accoppia con il campo magnetico esterno che ne controlla l’avanzamento.
In queste piattaforme, risulta di fondamentale importanza conoscere, nel modo più accurato e tempestivo possibile, la localizzazione del dispositivo guidato magneticamente rispetto alla sorgente di campo magnetico, in modo da poter modificare il campo magnetico esterno in base alle esigenze di locomozione. I due obiettivi principali da raggiungere nello sviluppo di questa strategia di localizzazione sono stati dunque mantenere il legame magnetico di modo da non perdere il dispositivo durante l’indagine e gestire le forze di interazione con i tessuti rispettando dunque i requisiti di sicurezza.
Dopo un’analisi approfondita delle principali strategie di locomozione e localizzazione e dopo aver dunque identificato le principali sfide riguardanti la locomozione magnetica di dispositivi medici endoluminali, lo scopo di questo lavoro di ricerca è stato quello di proporre un metodo per la localizzazione di tali dispositivi che consenta la guida del dispositivo stesso tramite campi magnetici applicati esternamente e che sia attuabile senza la necessità di prevedere hardware aggiuntivo nella sorgente di generazione dei campi magnetici utilizzati per la guida. Dunque i principali obiettivi raggiunti dal metodo di localizzazione proposto sono stati: riuscire a stabilire e mantenere una forte connessione magnetica tale da non perdere la capsula durante l’indagine; gestire le interazioni con l'ambiente al fine di evitare danni al tessuto in un contesto dove le forze magnetiche in gioco sono forti e variabili.
La caratteristica fondamentale dell'approccio proposto è una fusione di informazioni inerziali e magnetiche data dalla presenza a bordo del dispositivo di un sensore magnetico e di un sensore inerziale che consentono, con un'unica acquisizione sincrona dei sensori incorporati, di aumentare le informazioni da utilizzare per la localizzazione.
Il metodo di localizzazione è basato dunque sulla rilevazione simultanea di valori da parte del sensore magnetico e sensore inerziale a bordo del dispositivo e l’utilizzo di tali letture per calcolare i valori del vettore di campo magnetico applicato al dispositivo e modulo e verso del vettore di campo magnetico applicato al dispositivo nella direzione definita dall’accelerazione di gravità. Successivamente viene eseguito un confronto di quest’ultimi con modelli analitici-numerici noti del campo magnetico (mappe precalcolate di campo magnetico) generato dalla sorgente esterna e conseguente rilevazione della posizione del dispositivo rispetto alla sorgente.
Al fine di implementare la procedura proposta, a bordo della capsula magnetica è stato integrato un sensore inerziale a Effetto Hall, utilizzato come inclinometro per misurare l’orientamento del dispositivo rispetto alla direzione dell’accelerazione di gravità, e un sensore di campo magnetico, sensore a Effetto Hall triassiale , con campo di misura da 0.1 mT a 2 T (Fig 2). Accelerometro e magnetometro sono stati assemblati in una posizione e un orientamento noti rispetto alla capsula. La fusione delle informazioni, inerziale e magnetica permette di ottenere la localizzazione del dispositivo rispetto alla sorgente di campo magnetico e dunque una gestione delle forze applicate mantenendo stabile la connessione magnetica.
La procedura proposta è stata applicata ad un caso specifico per validare la metodologia, sono state dunque valutate le prestazioni ed è stato implementato un controllo automatico. Sono state condotte poi delle prove sperimentali per verificare l’efficacia della tecnica proposta nella gestione delle interazioni con l'ambiente.
L’accuratezza del metodo sviluppato è funzione della distanza del dispositivo dalla sorgente di campo magnetico. Essa è caratterizzata da errori inferiori a 2 mm ad una distanza da 80 mm, 5 mm ad una distanza di 100 mm e 10 ad una distanza di 120 mm, mentre è stata ottenuta una frequenza di localizzazione di 20 Hz. Le prove sperimentali hanno consentito di verificare come il metodo, con tali prestazioni, consenta il mantenimento della connessione magnetica e la gestione delle forze di interazione.
I pricipali obbiettivi riguardanti la localizzazione magnetica sono stati dunque raggiunti. Con il metodo sviluppato in questo lavoro sarà possibile ricavare informazioni in tempo reale sulla posizione del dispositivo magnetico capsulare consentendo dunque una modulazione del campo magnetico esterno in modo da ottenere una connessione magnetica stabile tale da sostenere il dispositivo e generare il movimento.
Allo stesso tempo, potranno essere agevolmente soddisfatti i requisiti di sicurezza per evitare danni ai tessuti che potrebbero essere causati nel caso di forze magnetiche troppo elevate e inoltre il dispositivo magnetico potrà essere accoppiato a qualsiasi tipo di sorgente magnetica esterna senza dover aggiungere un hardware destinato alla localizzazione.
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