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Archivio digitale delle tesi discusse presso l'Università di Pisa

Tesi etd-09032010-175412


Tipo di tesi
Tesi di laurea specialistica
Autore
GASPARI, ILARIA
URN
etd-09032010-175412
Titolo
Imaginandi potentia. Mente e corpo nella gnoseologia di Spinoza
Dipartimento
LETTERE E FILOSOFIA
Corso di studi
FILOSOFIA E FORME DEL SAPERE
Relatori
correlatore Prof. Cristofolini, Paolo
relatore Prof. Ferrarin, Alfredo
Parole chiave
  • Spinoza
  • immaginazione
  • mente
  • corpo
Data inizio appello
20/09/2010
Consultabilità
Completa
Riassunto
Ho scelto di indagare il ruolo dell’immaginazione nell’opera di Spinoza. A differenza degli studi monografici finora dedicati specificamente al tema dell’imaginatio – di volta in volta attenti, in particolare, alle sue implicazioni estetiche , etico-antropologiche, oppure politiche mi sono proposta di dare a questa mia ricerca un taglio prettamente teoretico, interessandomi in particolare alla teoria della conoscenza elaborata da Spinoza, ed inquadrando sviluppi e aporie del suo concetto di immaginazione proprio in tale prospettiva. Questo approccio mi ha permesso di applicare allo studio del ruolo dell’immaginazione spinoziana quella che può essere considerata una vera e propria innovazione metodologica: l’abolizione dell’illegittima denominazione di “parallelismo” (di matrice leibniziana) a definire il rapporto fra corpo e mente, fondamento imprescindibile dell’epistemologia spinoziana – denominazione che, tanto spesso criticata nel dibattito critico su Spinoza, non è ancora del tutto scomparsa dal lessico degli studi spinoziani. Sulla scorta dell’energica esortazione di C. Jaquet (2009) a sostituire una volta per tutte tale nozione con quella, ben più forte ed efficace, di identità , ho indagato la gnoseologia di Spinoza intendendola come il dispiegarsi di un’effettiva relazione identitaria fra mente e corpo – relazione che, sola, riesce a mio parere a rendere conto appieno della portata del ruolo dell’immaginazione come virtus ambivalente, dotata sia di una modalità passiva, che di una attiva. Perno della mia analisi è la teoria della mente, enunciata in particolare nella seconda parte dell’Etica, che la salda da un lato all’infinito intelletto divino, e dall’altro al corpo di cui è idea. È infatti in questa prospettiva che, grazie all’originale elaborazione spinoziana delle nozioni di idea e verità (elaborazione di cui ho messo in luce i punti di contatto e, soprattutto, di contrasto con Descartes), si sviluppa appieno la natura polisemica dell’imaginatio.
Ho condotto il mio studio in una prospettiva genetica, attenta alle varie fasi dello sviluppo del concetto a partire dalle opere giovanili del filosofo (Tractatus de Intellectus Emendatione, Korte Verhandeling ), che, pur in assenza di una concezione organica della sostanza come causa sui, indagano le modalità della conoscenza umana. In particolare, ho messo in luce l’emergere, già nella teoria della conoscenza – solo apparentemente contraddittoria – del Tractatus, di alcuni elementi di originalità nella concezione dell’imaginatio. Con la mia analisi ho poi attraversato il confronto – talvolta conflittuale – con Descartes nei Principia Philosophiae Cartesianae e nei Cogitata Metaphysica, senza dimenticare l’analisi dell’immaginazione profetica nel Tractatus Theologico-Politicus (da cui emerge l’aggettivo imaginarius, rarissimo negli altri testi spinoziani, che, contrapposto a verus, indica una privazione di realtà che non pregiudica la funzione costruttiva e strutturante svolta dalla stessa imaginatio prophetica). Ho tenuto costantemente presente, come strumento prezioso di lettura e comprensione dell’intera opera spinoziana, l’autointerpretazione offerta dalla viva voce del filosofo nel suo Epistolario, straordinaria testimonianza della biografia intellettuale di Spinoza nel quadro, variegato e fitto di scambi reciproci, del suo circolo di amici, corrispondenti, ammiratori. L’epistolario registra infatti le critiche, le obiezioni, le domande rivolte dai corrispondenti di Spinoza ai contenuti più complessi e più innovativi di un sistema filosofico commentato proprio nel corso della sua elaborazione; e non meno interessanti sono le risposte, in cui il filosofo si sforza di escogitare spiegazioni e chiarificazioni, e dimostra talvolta, con il proprio stesso imbarazzo, il carattere ancora poco maturo di alcuni concetti di più difficile definizione - quale, ad esempio, quello di immaginazione . Più ancora che il carteggio con Hugo Boxel (in particolare, le Epp. LII e LIV), che esplora il lato onirico e potenzialmente patologico della tradizionale concezione “superstiziosa” dell’immaginazione, ho trovato estremamente stimolante il materiale proveniente dagli scambi epistolari fra Spinoza ed alcuni esponenti della scienza del suo tempo (H. Oldenburg, L. Meyer, W. Tschirnaus), da cui traspare l’intrecciarsi, ora implicito, ora esplicito, della riflessione sull’immaginazione con quelle sui temi dell’infinito (cfr. l’ep. XII a Meyer), del tempo, della verità . Anche grazie a questi dati, è possibile ricostruire un quadro completo del ruolo dell’immaginazione, senza incorrere in fuorvianti semplificazioni che portino a considerare, nell’economia dell’opera di Spinoza, o l’apparenza come assoluta, falsa e inutile alla conoscenza, oppure, all’opposto, la verità dell’in sé come anch’essa assoluta, cioè irrelata alle condizioni soggettive e limitative sia dell’immaginazione, sia delle facoltà pure della conoscenza - laddove appare evidente dalle prove documentali che l’immaginazione, con la sua doppia modalità attiva e passiva, si inserisce organicamente in una teoria della conoscenza intesa come attiva e piena dotazione di senso di immagini che non sono né apparenze illusorie, né parvenze soggettive, in quanto ogni idea ha per Spinoza un fondamento reale.
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