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Archivio digitale delle tesi discusse presso l’Università di Pisa

Tesi etd-09012023-121719


Tipo di tesi
Tesi di dottorato di ricerca
Autore
PALMIERI, VIOLA
URN
etd-09012023-121719
Titolo
Between epic and bucolic: [Theocritus'] Idyll 25 and the construction of an authorship across two genres
Settore scientifico disciplinare
L-FIL-LET/02
Corso di studi
SCIENZE DELL'ANTICHITA' E ARCHEOLOGIA
Relatori
tutor Prof.ssa Männlein Robert, Irmgard
relatore Prof. Magnelli, Enrico
Parole chiave
  • bucolic
  • bucolica
  • epic
  • epica
  • Epillio
  • Epyllion
  • genere letterario
  • Hellenistic poetry
  • literary genre
  • narrative technique
  • Poesia ellenistica
  • tecnica narrativa
  • Teocrito
  • Theocritus
Data inizio appello
06/10/2023
Consultabilità
Non consultabile
Data di rilascio
06/10/2063
Riassunto
Between epic and bucolic:
[Theocritus'] Id. 25 and the construction of an authorship across two genres.

Questo lavoro propone un'analisi dettagliata dell'Id. 25 del Corpus Theocriteum, comunemente conosciuto con il titolo di Herakles leontophonos, sia dal punto di vista delle sue caratteristiche interne, sia all'interno del contesto culturale che ne ha originato la sua fenomenologia. Pur nella sua peculiarità, il carme si presta infatti come case study per osservare gli sviluppi che hanno interessato forme letterarie di tipo esametrico nel periodo ellenistico, in particolare per quanto riguarda l'elaborazione di tecniche narrative nuove per l'epos e la mescolanza di diversi generi letterari (in questo caso, principalmente, ma non esclusivamente, quello epico e bucolico). A questi aspetti bisogna aggiungere che, dal momento che la paternità teocritea dell'Id. 25 è risultata sospetta già almeno a partire dal diciannovesimo secolo (ma in realtà abbiamo ragione di credere che i dubbi sull'autore risalgano almeno al '500), la sua presenza nel Corpus pone anche inevitabilmente il problema della sua attribuzione a Teocrito. Il presente lavoro si articola dunque in tre parti, ognuna delle quali discute e interpreta una delle questioni sopra menzionate, cioè la struttura e la tecnica narrativa, il genere letterario e l'autore. Esse sono precedute da un'introduzione sulla tradizione manoscritta e lo stato dell'arte e seguite da un'appendice che contiene testo critico e traduzione. Nella mia analisi ho trovato utile e proficuo avvalermi di diversi tipi di approccio, che vanno da close readings e critica filologico-testuale all'analisi narratologica, tenendo in considerazione la pragmatica del testo all'interno del suo contesto culturale e il suo posizionamento storico letterario. Questa molteplicità di approcci ha permesso di mettere in evidenza da un lato, i rapporti di questo carme con la produzione letteraria del passato e quella ad esso coeva–rapporti che sono di dipendenza, ma anche di ricodificazione e ricettività a istanze tipiche del periodo; dall'altra valorizzare il suo contributo innovativo proprio in quanto prodotto ellenistico.
Nella prima sezione del lavoro, l'analisi narratologica del carme ha permesso infatti di evidenziare come l'autore giochi con detto e non detto per coinvolgere attivamente il lettore, disseminando la narrazione di indizi che lo aiutino ad orientarsi e allo stesso tempo costantemente disattendendo le sue aspettative. Ho anche mostrato che la differenza fra conoscenze del lettore e dei personaggi diverge intorno al tema centrale del carme, cioè l'identità di Eracle. La combinazione fra l'approccio narratologico e il close reading ha mostrato come l'autore costruisca la narrazione sovrapponendo l'Odissea (in particolare la sequenza Od. 6-9) e l'Inno omerico a Hermes: l'allusione a questi due testi è manifestata dal fatto che l'autore segue lo stesso pattern narrativo e confermata dall'intreccio di richiami lessicali. Da Omero questo autore non deriva dunque soltanto il linguaggio, come è stato più volte suggerito dagli studiosi, ma intere scene sono modellate sull'allusione a luoghi omerici: l' 'antropomorfizzazione' del bestiame, che, come ho argomentato, gioca un ruolo essenziale nella creazione di questo 'nuovo epos' agreste, passa soprattutto attraverso la loro caratterizzazione come eroi omerici (si veda in particolare il caso delle similitudini omeriche). Allo stesso tempo, recuperando il suggerimento di Wilamowitz secondo cui l'origine della concezione tripartita del carme sarebbe da rintracciare nella fruizione dell'epos in forma episodica caratteristica della pratica rapsodica, ho cercato di evidenziare come in realtà l'autore alluda sì a una forma di presentazione caratteristica di una fase originariamente orale, ma che in realtà tenga ben presente Omero nella sua forma libraria. Inoltre, ho mostrato come pratiche narrative tipiche della lirica corale abbiano molto influenzato le scelte operate da questo autore, in particolare per quanto riguarda la dilatazione di alcuni passi 'secondari' e la sintetizzazione dell'azione principale; anche se a mio avviso la sua formulazione tripartita, e in particolare della scelta di glissare sull'azione principale, è decisamente da ricondurre alla pratica callimachea di tagliare la narrazione dell'azione eroica principale, lasciando spazio a elementi che nell'epos sono normalmente secondari (si pensi all'Hecale e all'episodio di Eracle e Molorco in Aet. 3). Studi precedenti avevano suggerito che la componente descrittiva nello Herakles leontophonos prevalga su quella narrativa, e spiegato che questa attenzione alla pictorial vividness funzioni in un modo simile a quanto accade nelle arti figurative, per cui il momento pregnante selezionato per la rappresentazione suggerisce allo spettatore il resto della narrazione. Partendo da questo punto, ho mostrato che questo testo, fa appello alla φαντασία del lettore, cioè alla sua capacità di produrre immagini mentali (e in questo caso perfino una narrazione) a partire da elementi testuali. In questo si avvicina molto ai testi ecfrastici più estesi (soprattutto all'Id. 1 di Teocrito e alla descrizione del cesto di Europa nell'omonimo carme di Mosco), per cui, pur non essendo la descrizione di un'opera d'arte, di fatto si comporta quasi come se lo fosse, mostrando la che il confine fra descrizione e narrazione in questo carme, come specialmente nelle ekphraseis ellenistiche, è in realtà sfumato.
La seconda sezione, dedicata al genere letterario, è una delle parti più innovative di questo lavoro. Dopo un breve capitolo introduttivo sulla mescolanza dei generi e sull'epillio, ho analizzato le diverse forme letterarie che hanno ispirato questo carme. Da un lato, la predominante presenza di dialoghi, e in particolare l'inizio nel mezzo di una conversazione, suggerisce l'influsso di forme 'mimetiche', come in particolare il teatro (anche alcune tracce si hanno in realtà, come ho suggerito nel secondo capitolo della prima sezione, nei ditirambi di Bacchilide), anche se probabilmente nella sua forma trasposta in, e dunque veicolata da, componimenti di varia natura come la megara di [Mosco] e l'Alessandra di Licofrone; ma soprattutto, visto la presenza dell'aratore, quella bucolica (si veda in particolare l'Id. 27 pseudo-teocriteo). E ancora una volta, l'analisi narratologica ha permesso di mettere in luce la simile tecnica narrativa adottata da questi autori. Inoltre, ho tentativamente suggerito che la terza sezione, con Eracle e Fileo che si allontanano dalla tenuta di Augia per dirigersi in città intrattenendosi in conversazione, si ispiri ad alcuni dialoghi platonici, e in particolare al Fedro. Il terzo capitolo prende in esame un aspetto centrale del carme, cioè la presenza di elementi di ispirazione bucolico-pastorale nel reame dell'epica, non inedita di per sé in Teocrito (si vedano infatti gli Idd. 13 e 22, la cui ambientazione ha molti elementi in comune con la descrizione dell'aratore), ma sicuramente insolita in questa estensione. L'idillio 25 è infatti un carme in cui l'epica è riconfigurata in chiave bucolica, e che ruota attorno al contrasto fra l'atmosfera pastorale della tenuta di Augia, dipinta con i tratti del locus amoenus e in cui l'uomo vive in armonia con una natura prospera grazie all'amministrazione del suo 'buon re', e Eracle, eroe arcaico modellato su quello di Apollonio (come i collegamenti intertestuali con vari passi del primo libro delle argonautiche confermano), un outsider in questo contesto e simbolo di un tipo di epos arcaico ormai superato.
La terza e ultima sezione riprende la questione dell'attribuzione del carme a Teocrito. Per prima cosa, l'analisi della lingua e dello stile hanno confermato le osservazioni degli studiosi riguardo alla sua estrema omericità, ma ha dato a questo fenomeno un significato diverso: secondo me infatti non è da attribuire a sciatteria e mancanza di originalità dell'autore, ma piuttosto al suo intento di richiamare Omero proprio in funzione della rifunzionalizzazione dell'epos arcaico: il lessico utilizzato per parlare degli eroi del mito adesso è impiegato per la vita agreste. Così si spiegherebbe anche il fatto che l'autore, piuttosto che attingere a Teocrito, riprende principalmente da Omero anche i termini afferenti alla sfera pastorale. In questo senso dunque la lingua diventa specchio di quella ricerca di un compromesso fra poesia epica e bucolica, come confermato dalla minuziosa analisi metrica del carme da me condotta. Se l'analisi dello stile tende a indirizzare verso l'idea che il carme non sia autentico, è soprattutto il suo debito nei confronti della Victoria Berenices di Callimaco a confermarlo, in quanto la sua composizione è posteriore alla morte di Teocrito. In ogni caso, il fatto di essere incentrato su Eracle, la tecnica narrativa 'callimachea' e i rapporti intertestuali evidenziati nel corso del lavoro suggeriscono una datazione di poco successiva a Teocrito: questo carme sembra infatti nascere in seno all'ambiente culturale immediatamente successivo al primo ellenismo, in cui gli autori riprendono temi e soggetti diventati grazie a autori come Callimaco, Teocrito e Apollonio e sperimentano con le innovazioni da essi apportate. La conferma deriva dai rapporti che si possono stabilire con carmi come la Megara o l'Epillium Diomedis, ma soprattutto con i richiami lessicali a componimenti bucolici post teocritei come l'Id. 27 ma soprattutto l'id. 8; e tali richiami testimoniano a mio avviso la presenza di Teocrito (epico come anche bucolico) come modello forte ma anche il desiderio di 'emancipazione' e di ricerca di un'identità letteraria.
In conclusione, questo lavoro offre, grazie ai diversi approcci adottati, una panoramica dettagliata e completa su un prodotto poetico assolutamente figlio del suo tempo; e offre la preziosa occasione di esplorare gli sviluppi della poesia ellenistica in una fase di cui abbiamo purtroppo scarse testimonianze.

ENG

This work proposes a detailed analysis of Id. 25 of the Corpus Theocriteum, commonly known as Herakles leontophonos, both from the point of view of its internal characteristics and within the cultural context that produced its phenomenology. In spite of its peculiarity, the poem can be treated as a case study for the developments that affected literary forms in hexameter in the Hellenistic period, particularly with regard to the elaboration of new narrative techniques for the epic and the mixing of different literary genres (in this case, mainly, but not exclusively, the epic and bucolic). To these aspects, it must be added that, since the Theocritan authorship of Id. 25 has been suspect since at least the 19th century (but in fact we have reason to believe that doubts about the author date back at least to the 1500s), its presence in the Corpus also inevitably poses the problem of its attribution to Theocritus.
This work is therefore divided into three parts, each of which discusses and interprets one of the aforementioned issues, namely narrative structure and technique, the literary genre and the author. They are preceded by an introduction which presents the manuscript tradition and the state of the art and followed by an appendix containing critical text and translation. In my analysis, I found it useful and fruitful to make use of different types of approaches, ranging from close readings and philological-textual criticism to narratological analysis, taking into account the pragmatics of the text within its cultural context and its positioning in literary history. The combination of different approaches has made it possible to highlight, on the one hand, the relations of this poem with the literary production of the past and that of its coeval period - relations that are of dependence, but also of recodification and receptivity to instances typical of the period - and, on the other, to appreciate its innovative contribution precisely because it is a Hellenistic product.
In the first section of the work, the narratological analysis of the poem in fact made it possible to highlight how the author plays with told and untold in order to actively involve the reader, scattering the narrative with clues to help him orient himself while at the same time constantly disregarding his expectations. I also showed that the difference between the reader's and the characters' knowledge diverges around the central theme of the poem, namely Heracles' identity. The combination of the narratological approach and close reading has shown how the author constructs the narrative by layering the Odyssey (in particular the sequence Od. 6-9) and the Homeric Hymn to Hermes: the allusion to these two texts is manifested by the fact that the author follows the same narrative pattern and confirmed by the interweaving of lexical references. From Homer, this author does not only derive language, as has been repeatedly suggested by scholars, but entire scenes are modelled on the allusion to Homeric episodes, passages and themes: the 'anthropomorphisation' of the cattle, which, as I have argued, plays an essential role in the creation of this rural 'new epos', is achieved above all through their characterisation as Homeric heroes (see in particular the case of the Homeric similes). At the same time, starting from Wilamowitz's suggestion that the origin of the tripartite structure of the poem can be traced back to the fruition of epic in episodic form characteristic of rhapsodic practice, I have tried to highlight that the author, on the one hand, alludes to a form of presentation characteristic of an originally oral phase; on the other, he actually keeps Homer in his book form in mind. Furthermore, I have shown how narrative practices typical of choral lyric have greatly influenced the choices made by this author, particularly with regard to the extension of certain 'secondary' passages and the contraction of the main action. However, in my opinion, the poem's tripartite structure, and in particular the choice of glossing over the main action, is definitely to be traced back to the Callimachean practice of cutting the narration of the main heroic action, leaving space for elements that in the epos are normally secondary (think of the Hecale and the episode of Heracles and Molarchus in Aet. 3). Previous studies had suggested that the descriptive component in the Herakles leontophonos prevails over the narrative one, and explained that this focus on pictorial vividness functions in a similar way to what happens in the figurative arts, whereby the pregnant moment selected for representation suggests the rest of the narrative to the viewer. Starting from this point, I have shown that this text appeals to the φαντασία of the reader, that is, to his capacity to produce mental images (and in this case even a narrative) from textual elements. In this it comes very close to the more extended ecphrastic texts (especially Id. 1 by Theocritus and the description of Europa's basket in Moschus' poem of the same name), so that, although the poem is not a description of a work of art, it in fact behaves almost as if it were, showing that the boundary between description and narration here, as especially in the Hellenistic ekphraseis, is in fact blurred.
The second section, devoted to literary genre, is one of the most innovative parts of this work. After a short introductory chapter on the epyllion as a literary (sub)genre, I analysed the different literary forms that inspired this poem. On the one hand, the predominant presence of dialogues, and in particular the beginning in the middle of a conversation, suggests the influence of dialogic and mimetic literary forms, such as theatre in particular (some traces are in fact found, as I suggested in the second chapter of the first section, in Bacchilides' dithyrambs), although probably in its form transposed into, and thus conveyed by, poems of various kinds such as [Moschus]'s Megara and Lycophron's Alexandria; but above all, given the presence of the ploughman, the bucolic (see in particular Id. 27 pseudo-Theocritean). And once again, the narratological analysis has shed light on the similar narrative technique adopted by these authors. Furthermore, I have tentatively suggested that the third section, with Heracles and Phyleus leaving Augeas' estate and heading to the city while engaging in conversation, is inspired by some of the Platonic dialogues, particularly the Phaedrus. The third chapter examines a central aspect of the poem, namely the presence of elements of bucolic-pastoral inspiration in the realm of the epic, not in itself unprecedented in Theocritus (cf. in fact Idd. 13 and 22, whose setting has many elements in common with the ploughman's description), but certainly unusual in this extension. Idyll 25 is in fact a poem in which the epic is reconfigured in a 'bucolic' key, and which revolves around the contrast between the pastoral atmosphere of the estate of Augeas, depicted with the traits of the locus amoenus and in which man lives in harmony with a prosperous nature thanks to the administration of his 'good king'; and Heracles, an archaic hero modelled on that of Apollonius (as intertextual links with various passages in the first book of the Argonautica confirm), an outsider in this context and a symbol of an outmoded type of archaic epic.
The third and final section addresses the question of the poem's attribution to Theocritus. First, the analysis of the language and style confirmed the scholars' observations regarding its extreme Homericism, but gave it a different meaning: in my opinion, it is not to be attributed to sloppiness and lack of originality on the part of the author, but rather to his intention to recall Homer precisely with the purpose of the re-functionalisation of the archaic epos: the vocabulary used to speak of the heroes of the myth is now used for rural life. This would also explain the fact that the author, rather than drawing on Theocritus, also mainly takes terms pertaining to the pastoral sphere from Homer. In this sense, then, the language becomes a mirror of the search for a compromise between epic and bucolic poetry, as confirmed by the meticulous metrical analysis of the poem that I conducted. If the analysis of the style tends to point towards the idea that the poem is not authentic, it is above all its debt to Callimachus' Victoria Berenices that confirms this, since it was composed after Theocritus' death. In any case, the fact that it is centred on Heracles, the 'Callimachean' narrative technique and the intertextual relationships highlighted throughout the work suggest that the poem may be dated just after Theocritus: this poem seems to be born within the cultural environment immediately following early Hellenism, in which the authors took up themes and subjects that had become popular with authors such as Callimachus, Theocritus and Apollonius and experimented with the innovations they had brought. This can be confirmed by the relationships with poems such as the Megara or the Epillium Diomedis, but especially by lexical references to post-Theocritean bucolic poems such as Id. 27 but especially Id. 8. Such references, in my opinion, testify to the strong presence of Theocritus (epic as well as bucolic) as a model but also to the desire for 'emancipation' and the search for a literary identity.
In conclusion, this work offers, thanks to the different approaches employed, a detailed and comprehensive overview of a poetic product that was absolutely a product of its time, and provides a valuable opportunity to explore the development of Hellenistic poetry in a phase of which we unfortunately have little evidence.
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