Tesi etd-09012022-110325 |
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Tipo di tesi
Tesi di laurea magistrale
Autore
AL SALEH, AMEDEO
URN
etd-09012022-110325
Titolo
I rapporti euromediterranei dalla fine degli imperi coloniali all'Unione per il Mediterraneo.
Dipartimento
CIVILTA' E FORME DEL SAPERE
Corso di studi
STORIA E CIVILTÀ
Relatori
relatore Prof.ssa Pepicelli, Renata
Parole chiave
- Partenariato Euromediterraneo
Data inizio appello
26/09/2022
Consultabilità
Tesi non consultabile
Riassunto
La visione che i popoli hanno avuto del bacino del Mediterraneo è cambiata più volte nel corso dal tempo. È stato territorio di conquista, di frontiera, ma anche un elemento comunitario, di unione e di coesistenza. Con l’età coloniale e la conquista da parte europea di pressocché tutta la costa meridionale, a eccezione dell’Impero ottomano, il Mediterraneo divenne una sorta di “mare nostrum” delle potenze europee, trasformandosi in una propaggine del vecchio continente e assumendo, almeno dal punto di vista coloniale, una prospettiva unitaria, con la civiltà europea appunto che, dominante, si proponeva come modello per tutte le altre. Dopo la crisi di Suez ed il tramonto degli imperi coloniali invece il mare assunse l’identità di confine con l’altro, di frontiera, da conquistarsi non più militarmente, ma economicamente e politicamente.
L’obiettivo di questa tesi è analizzare i rapporti euromediterranei, più precisamente quelli intercorsi tra la Comunità europea e i paesi del Maghreb arabo e del Mashreq. Prenderò in considerazione le motivazioni che hanno spinto i paesi della sponda Nord, contemporaneamente all’evoluzione verso l’Unione Europea, ad intrecciare nuovi rapporti con i vicini del Sud e a modificare quelli già esistenti, resi obsoleti dalla fine degli imperi coloniali e dagli eventi della Guerra Fredda. Partirò quindi con un breve excursus sulla conquista militare ed economica della sponda Sud da parte delle potenze europee, per arrivare alla decolonizzazione e ai primi trattati tra la CECA (Comunità Europea del Carbone e dell’Acciaio) e i paesi MENA (Middle East North Africa). Prenderò in considerazione la natura di questi primi trattati evidenziando come essi riflettessero la volontà europea di continuazione dei vecchi rapporti coloniali (in special modo per quanto riguarda la Francia). Con l’evolversi della situazione politica internazionale i paesi della Comunità europea svilupparono invece l’idea che se i PTM (Paesi Terzi Mediterranei)avessero seguito la loro medesima evoluzione economica e democratica a beneficiarne sarebbe stato l’intero bacino del Mediterraneo. Avrebbe infatti significato stabilità politica e benessere per le masse dei PTM e di conseguenza benefici economici e commerciali per i paesi europei, preoccupati soprattutto che l’instabilità dell’area non garantisse loro i rifornimenti energetici, come accaduto durante la crisi di Suez e lo shock petrolifero conseguenza della guerra dello Yom Kippur. I PTM, d’altronde, si erano dimostrati insoddisfatti dei trattati fino ad ora sottoscritti, ritenendoli insufficienti. Entrambe le sponde intrapresero quindi una nuova strada che condusse, dopo i tentativi falliti della Politica europea globale e della Politica europea rinnovata, agli accordi di Barcellona e al partenariato euromediterraneo. Quest’ultimo rappresentò una svolta. Infatti, i paesi arabi acquistarono lo status di partners, allo stesso livello di quelli europei. Inoltre, si spinse l’acceleratore anche su riforme sociali e politiche e sulla promozione dei diritti umani. Gli accordi di Barcellona, che sembravano destinati a cambiare i rapporti all’interno del bacino mediterraneo, si arenarono invece già nei primi anni. La questione palestinese rimaneva uno scoglio insormontabile e a causa della dura repressione israeliana Libano e Siria disertarono le prime riunioni. Altra causa del fallimento fu lo scarso protagonismo dei PTM e l’enorme disparità economica che ancora li divideva con i paesi europei. Questi ultimi, intimoriti dalla questione del terrorismo di stampo islamista e dalla migrazione sud-nord, si concentrarono sul rendere il Mediterraneo un luogo stabile per loro stessi e i problemi urgenti dei Paesi Terzi rimasero in secondo piano, con insufficienti finanziamenti e investimenti da parte europea. La parità tra PTM e UE (Unione europea) sponsorizzata negli accordi di Barcellona rimaneva quindi solo sulla carta. La stessa cosa successe con gli accordi successivi. La Politica Europea di Vicinato e l’Unione per il Mediterraneo ripresero parte delle decisioni prese a Barcellona dando però più potere contrattuale ai PTM, ma contemporaneamente allargando l’accordo a tutti i paesi del bacino del Mediterraneo. Inoltre, facendo un passo indietro di parecchi anni, si tornò a dei trattati di tipo bilaterale. L’ennesima crisi arabo-israeliana e problemi di cooperazione e leadership all’interno degli stessi paesi Ue diedero un ulteriore colpo a questi nuovi tipi di accordo
L’obiettivo di questa tesi è analizzare i rapporti euromediterranei, più precisamente quelli intercorsi tra la Comunità europea e i paesi del Maghreb arabo e del Mashreq. Prenderò in considerazione le motivazioni che hanno spinto i paesi della sponda Nord, contemporaneamente all’evoluzione verso l’Unione Europea, ad intrecciare nuovi rapporti con i vicini del Sud e a modificare quelli già esistenti, resi obsoleti dalla fine degli imperi coloniali e dagli eventi della Guerra Fredda. Partirò quindi con un breve excursus sulla conquista militare ed economica della sponda Sud da parte delle potenze europee, per arrivare alla decolonizzazione e ai primi trattati tra la CECA (Comunità Europea del Carbone e dell’Acciaio) e i paesi MENA (Middle East North Africa). Prenderò in considerazione la natura di questi primi trattati evidenziando come essi riflettessero la volontà europea di continuazione dei vecchi rapporti coloniali (in special modo per quanto riguarda la Francia). Con l’evolversi della situazione politica internazionale i paesi della Comunità europea svilupparono invece l’idea che se i PTM (Paesi Terzi Mediterranei)avessero seguito la loro medesima evoluzione economica e democratica a beneficiarne sarebbe stato l’intero bacino del Mediterraneo. Avrebbe infatti significato stabilità politica e benessere per le masse dei PTM e di conseguenza benefici economici e commerciali per i paesi europei, preoccupati soprattutto che l’instabilità dell’area non garantisse loro i rifornimenti energetici, come accaduto durante la crisi di Suez e lo shock petrolifero conseguenza della guerra dello Yom Kippur. I PTM, d’altronde, si erano dimostrati insoddisfatti dei trattati fino ad ora sottoscritti, ritenendoli insufficienti. Entrambe le sponde intrapresero quindi una nuova strada che condusse, dopo i tentativi falliti della Politica europea globale e della Politica europea rinnovata, agli accordi di Barcellona e al partenariato euromediterraneo. Quest’ultimo rappresentò una svolta. Infatti, i paesi arabi acquistarono lo status di partners, allo stesso livello di quelli europei. Inoltre, si spinse l’acceleratore anche su riforme sociali e politiche e sulla promozione dei diritti umani. Gli accordi di Barcellona, che sembravano destinati a cambiare i rapporti all’interno del bacino mediterraneo, si arenarono invece già nei primi anni. La questione palestinese rimaneva uno scoglio insormontabile e a causa della dura repressione israeliana Libano e Siria disertarono le prime riunioni. Altra causa del fallimento fu lo scarso protagonismo dei PTM e l’enorme disparità economica che ancora li divideva con i paesi europei. Questi ultimi, intimoriti dalla questione del terrorismo di stampo islamista e dalla migrazione sud-nord, si concentrarono sul rendere il Mediterraneo un luogo stabile per loro stessi e i problemi urgenti dei Paesi Terzi rimasero in secondo piano, con insufficienti finanziamenti e investimenti da parte europea. La parità tra PTM e UE (Unione europea) sponsorizzata negli accordi di Barcellona rimaneva quindi solo sulla carta. La stessa cosa successe con gli accordi successivi. La Politica Europea di Vicinato e l’Unione per il Mediterraneo ripresero parte delle decisioni prese a Barcellona dando però più potere contrattuale ai PTM, ma contemporaneamente allargando l’accordo a tutti i paesi del bacino del Mediterraneo. Inoltre, facendo un passo indietro di parecchi anni, si tornò a dei trattati di tipo bilaterale. L’ennesima crisi arabo-israeliana e problemi di cooperazione e leadership all’interno degli stessi paesi Ue diedero un ulteriore colpo a questi nuovi tipi di accordo
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