Simulazione mediante tecniche agli elementi finiti della fluidodinamica in pazienti sottoposti a circolazione extracorporea
Dipartimento
INGEGNERIA DELL'INFORMAZIONE
Corso di studi
INGEGNERIA BIOMEDICA
Relatori
relatore Prof.ssa Celi, Simona relatore Ing. Vignali, Emanuele relatore Ing. Gasparotti, Emanuele
Parole chiave
CDF
coronarie
mixing zone
V-A ECMO
Data inizio appello
07/10/2022
Consultabilità
Tesi non consultabile
Riassunto
In questo lavoro di tesi è stato simulato il trattamento di pazienti con V-A ECMO con incannulamento periferico nell’iliaca sinistra. Per fare ciò è stato utilizzato un approccio di fluidodinamica computazionale (CFD), il quale ha permesso di ottenere informazioni sul posizionamento della zona di miscelazione tra il flusso nativo e quello retrogrado derivante dl supporto ECMO. Ciò è stato possibile poiché i modelli di flusso possono essere rappresentati in modo esplicito e l’effetto dei cambiamenti nella funzione del ventricolo sinistro, i parametri di perfusione ECMO e l’anatomia vascolare possono essere testati sistematicamente. Nello specifico lo scopo è quello di creare uno strumento diagnostico che aiuti il medico a settare i parametri di flusso ECMO. In particolare è stata messa in in relazione la portata malata misurata dal medico con il caso sano. Identificare questa correlazione permette di capire la gravità del danno del paziente e, di conseguenza, di settare in maniera ottimale il flusso ECMO in ingresso. Per riuscire a realizzare quanto detto sono state condotte 13 simulazioni, utilizzando sempre la medesima geometria di paziente specifico, ottenuta per segmentazione. Le simulazioni sono state svolte per un paziente di 60 kg, con cardiac output di 4.9 l/min; esse sono state così condotte: • una prima simulazione con assenza di shock; • una seconda simulazione con shock ma senza ausilio ECMO; • 5 simulazioni in stato di shock con 5 differenti livelli di ECMO (flusso ECMO costante con 3 livelli equispaziati da 2 l/min a 6 l/min). Lo shock è stato simulato mediante 3 livelli, generati come riduzione della portata sana in ingresso (riduzione del 30%, 50% e 70%). Dai risultati ottenuti mediante le simulazioni fatte sono stati dedotti quelli per pazienti di 80 kg e 100 kg. Sulla base dei i risultati ottenuti in questo studio è possibile identificare il supporto ECMO adatto al paziente specifico, che permette di trovare un compromesso tra il ripristino della circolazione normale, il loading del ventricolo (evitando l’aumento della pressione media) e l’ipossia differenziale. In particolare è stato osservato che, per pazienti di 60 kg, al fine di evitare un eccessivo aumento di pressione, è possibile fornire un valore di ECMO massimo di circa 2 l/min nel caso 30%, circa 3 l/min per shock cardiogeno al 50% e circa 4l/min per una riduzione del 70% del flusso nativo. Questi valori risultano efficaci anche per il ristabilimento del flusso sano (HFRP). Inoltre, il punto di restoring del flusso si ha per valori di flusso ECMO minore in casi con shock più basso. Di conseguenza, minore è la gravità dello shock e minore sarà il flusso ECMO da fornire per avere il ripristino della circolazione normale. Per ottenere risultati utili a prevenire l’ipossia differenziale, in fase di post-processing, sono stati analizzati i volume fraction e le streamlines dei due flussi concorrenti. Nel- lo specifico è stata valutata la posizione della zona di miscelazione, la quale, a parità di shock, risale lungo l’aorta con l’aumentare del supporto ECMO; con l’aumento del grado di shock, invece, a parità di supporto ECMO in l/min, la mixing zone risale più velocemente verso l’arco aortico. In particolare: • nel caso con shock al 30% la zona di miscelazione l’arco aortico solo per flussi ECMO pari a 6 l/min; • nel caso con shock al 50% essa si trova nella zona discendente dell’arco aortico già con ECMO di 4 l/min; • nel caso con shock al 70% i rami sovraortici vengono già pervasi da sangue ECMO già per flussi di 4 l/min. Inoltre, in fase diastolica, possiamo osservare in maniera più marcata, uno spostamento netto della zona di miscelazione dei flussi nell’arco aortico. Rispetto quindi ai risultati ottenuti nel picco sistolico, la diminuzione del flusso nativo in fase di diastole, fa si che il flusso retrogrado derivante dal supporto ECMO riesca a raggiungere anche i vasi sovraortici.