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Archivio digitale delle tesi discusse presso l'Università di Pisa

Tesi etd-08302011-161805


Tipo di tesi
Tesi di laurea magistrale
Autore
CASINI, ANTONIO
URN
etd-08302011-161805
Titolo
HIV-1 ed il reticolo endoplasmatico: aspetti del ciclo replicativo e riduzione dell'infettivita'
Dipartimento
SCIENZE MATEMATICHE, FISICHE E NATURALI
Corso di studi
BIOLOGIA MOLECOLARE E CELLULARE
Relatori
relatore Prof.ssa Dente, Luciana
relatore Dott.ssa Cereseto, Anna
relatore Prof. Burrone, Oscar
Parole chiave
  • infectivity
  • degradation
  • tetherin
  • CD4
  • birA
  • vpu
  • retrotranslocation
  • HIV-1
  • degradins
  • ER
Data inizio appello
29/09/2011
Consultabilità
Parziale
Data di rilascio
29/09/2051
Riassunto
Durante il suo ciclo replicativo, HIV-1 sfrutta buona parte del macchinario biosintetico cellulare per la produzione di RNA e proteine che verranno poi assemblati a formare la progenie virale. La maggior parte delle proteine codificate nel genoma di HIV-1 vengono sintetizzate dai ribosomi liberi, fatta eccezione per Vpu ed il precursore Env/gp160, dotate di un segnale di secrezione per l’immissione nell’ER (Endoplasmic Reticulum).
La glicoproteina virale gp160, prima di giungere alla membrana plasmatica, transita attraverso l’apparato di secrezione cellulare dove subisce ampie modificazioni post-traduzionali. In aggiunta è sottoposto ad un taglio proteolitico ad opera di furin-proteasi nell’apparato del Golgi, dando origine a due frammenti, gp120 e gp41, che rimanendo uniti non covalentemente costituiscono il contro-recettore virale. Esso viene esposto sull’envelope del virione maturo ed è in grado di legare CD4 e CCR5/CXCR4, rispettivamente recettore e corecettori di HIV-1, permettendo l’ingresso del capside nella cellula e quindi l’infezione.
Impedendo la corretta maturazione del precursore Env, ad esempio promuovendo la sua degradazione durante il transito attraverso il reticolo endoplasmatico, ci si attende di ottenere una progenie virale non infettiva. Tali virus infatti non esporrebbero sul loro envelope i recettori essenziali per il legame e l’ingresso nelle cellule bersaglio.
È stato dunque messo a punto un sistema volto alla degradazione selettiva di proteine in transito nell’ER durante la loro sintesi che si basa sull’utilizzo di proteine chimeriche indicate come “degradine”, caratterizzate da due porzioni funzionali: un dominio di legame al target, che può essere un scFv (single chain variable fragment) derivato da un anticorpo monoclonale diretto contro il target oppure un ligando/recettore in grado di interagire con la proteina di interesse; un dominio in grado di indurre la degradazione della molecola bersaglio, una volta che questa si è legata alla degradina. Quest’ultima porzione è costituita da una forma tronca della proteina cellulare SEL1L, che fisiologicamente svolge un ruolo fondamentale nella promozione dell’ERAD (ER-Associated Degradation) di proteine non correttamente ripiegate transitanti nel reticolo endoplasmatico. In questo studio per ottenere l’effetto desiderato si sono impiegate entrambe le tipologie di domini di riconoscimento del target: scFv diretti contro gp120 e diverse porzioni di CD4, di cui è nota l’interazione con Env a livello dell’ER.
Attraverso esperimenti di trasfezione transiente di colture cellulari si è potuto verificare che le degradine specifiche per gp160 sono in grado di ridurre significativamente i livelli intracellulari di proteina, inducendo specificamente ed efficacemente la sua degradazione.
Si è andata di conseguenza a valutare l’infettività di vettori lentivirali prodotti in linee cellulari di packaging esprimenti le degradine. I saggi condotti hanno dimostrato che la degradazione della proteina virale gp160 in fase di produzione del vettore porta effettivamente alla formazione di virioni non infettivi. Questo fatto è dovuto alla mancata incorporazione di contro-recettori sull’envelope delle particelle virali in formazione.
Nell’ambito dello studio della degradazione di proteine localizzate nel reticolo endoplasmatico, nel corso del progetto è stato inoltre analizzato il comportamento della proteina Vpu di HIV-1. Questa proteina virale è infatti in grado di indurre la degradazione di due proteine cellulari, CD4 e BST-2/Tetherin, sfruttando probabilmente parte del medesimo macchinario cellulare necessario al funzionamento delle degradine. Tale attività è fondamentale per il completamento del ciclo replicativo di HIV-1 e per la produzione di progenie infettiva. In particolare Tetherin è stata recentemente identificata come fattore cellulare ad attività antivirale.
Per poter dunque fornire ulteriori dettagli su questi processi degradativi si è valutata la retrotraslocazione dall’ER al citoplasma delle due proteine in diverse condizioni ed in presenza di Vpu. Tali dati sono stati ottenuti tramite una tecnologia che permette di biotinilare specificamente le molecole che hanno raggiunto il citosol a seguito della dislocazione. È così possibile discriminare con accuratezza la frazione di proteina che ha avuto effettivamente accesso a tale compartimento cellulare. In questo modo si è riusciti ad approfondire questi meccanismi di degradazione, confermando il ruolo fondamentale del proteasoma nell’eliminazione di CD4 ed indicando il suo coinvolgimento nella degradazione di Tetherin, come indicato da lavori presenti in letteratura. Si sono inoltre potute raccogliere interessanti informazioni riguardo allo stato di folding delle due molecole durante il processo di dislocazione. In particolare, lo studio dello stato di ossidazione dei ponti disolfuro in esse contenuti suggerisce che le due proteine siano parzialmente ripiegate durante l’attraversamento della membrana dell’ER
Nel corso di questo studio si sono dunque chiariti alcuni aspetti del ruolo del reticolo endoplasmatico nella replicazione di HIV-1. Si è inoltre proposto come potenziale approccio terapeutico un metodo per ridurre l’infettività virale sfruttando un sistema di degradazione agente in tale compartimento cellulare.
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