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Archivio digitale delle tesi discusse presso l’Università di Pisa

Tesi etd-08302007-175249


Tipo di tesi
Tesi di laurea specialistica
Autore
Flammini, Sarah
URN
etd-08302007-175249
Titolo
Infezione primaria da HIV: aspetti clinici, virologici, immunologici
Dipartimento
MEDICINA E CHIRURGIA
Corso di studi
MEDICINA E CHIRURGIA
Relatori
Relatore Ceccherini Nelli, Luca
Relatore Menichetti, Francesco
Parole chiave
  • HIV
  • infezione primaria
Data inizio appello
18/09/2007
Consultabilità
Completa
Riassunto
Si parla di infezione primaria da HIV per descrivere quella fase dell’infezione che si sviluppa entro un anno dal contagio, L’infezione primaria viene definita acuta entro sei mesi dal contagio o recente da sei mesi ad un anno dopo il contagio.
Abbiamo studiato 78 pazienti ricoverati o visitati presso gli ambulatori dell’Unità Operativa di Malattie Infettive dell’Ospedale Cisanello di Pisa che sono risultati essere affetti da un’infezione primaria da HIV: 69 tra il 2000 ed il 2007 e 9 tra il 1993 e il 1999.
Di ogni paziente sono stati valutati: età, sesso, nazionalità, fattori di rischio, segni e sintomi clinici, necessità di terapia antiretrovirale, tipo di terapia eseguita e parametri di laboratorio. I parametri di laboratorio analizzati sono stati: la sierologia per HIV, la carica virale basale e la carica virale a 3 e 6 mesi dall’inizio dell’eventuale terapia antiretrovirale, il numero e la percentuale dei linfociti T CD4+ basali e dopo 3 e 6 mesi dall’inizio dell’eventuale terapia, il pattern di reattività anticorpale contro i diversi antigeni HIV, la presenza di polimorfismi e/o di mutazioni nel gene pol correlabili a resistenza a farmaci antiretrovirali, il sottotipo infettante relativamente alla sequenza del gene pol.
I principali fattori di rischio sono risultati essere i rapporti eterosessuali e, meno frequentemente i rapporti omo-bisessuali; per una minoranza di pazienti l’infezione è stata trasmessa per via parenterale.
Nel 67% dei casi l’infezione primaria si è manifestata con la comparsa di segni e sintomi attribuibili ad una sindrome retrovirale acuta ed il ricovero si è reso necessario in circa il 20% dei casi. I sintomi più comunemente riscontrati sono stati: febbre, faringodinia, malessere, astenia. Meno frequentemente i pazienti hanno presentato altri sintomi aspecifici quali cefalea, mialgia, tosse, sudorazione notturna, nausea, diarrea, vomito e dolori addominali. Occorre segnalare due casi di polmonite, un caso di meningite asettica ed un caso di meningomielite. Nella maggior parte dei pazienti l’esame obiettivo ha messo in evidenza linfoadenopatia generalizzata, rash cutaneo morbilliforme ed epatosplenomegalia. Più raramente si sono osservate ulcere genitali, dermatite seborroica, iperemia congiuntivale e candidosi esofagea. Inoltre, al momento della comparsa della sintomatologia la maggior parte dei pazienti presentava una carica virale >105copie/ml. In circa il 30% dei pazienti il decorso dell’infezione primaria è stato del tutto asintomatico.
In un terzo dei casi il Western Blot effettuato al momento della diagnosi di infezione primaria ha messo in evidenza un’incompleta reattività anticorpale contro HIV.
Più della metà dei soggetti coinvolti nello studio è stata sottoposta a trattamento antiretrovirale ed in circa i due terzi dei pazienti trattati è stato possibile ottenere una soppressione della viremia entro sei mesi dall’inizio della terapia. Nella maggior parte dei casi è stato utilizzato uno schema terapeutico basato sulla combinazione di due inibitori nucleosidici della trascrittasi inversa con un inibitore della proteasi associato a basse dosi di ritonavir.
Dall’esame genotipico degli isolati virali, eseguito come le altre analisi virali presso l'Unità Operativa complessa di Virologia dell'Azienda Ospedaliera Universitaria Pisana, è emerso che il sottotipo infettante predominante è il sottotipo B, seguito dai sottotipo F; è stata rilevata anche la presenza di forme ricombinanti CRF e URF e del sottotipo C. Infine, l’analisi del gene pol ha anche messo in evidenza la presenza di un’unica mutazione associata a resistenza, la mutazione 46L a carico della proteasi; tutti gli altri isolati presentavano polimorfismi non associati a farmacoresistenza.
La diffusione dei diversi sottotipi nel campione di popolazione che abbiamo esaminato nello studio rispecchia fedelmente la diffusione dei vari sottotipi in Italia: nonostante il sottotipo B sia ancora il sottotipo prevalente, negli ultimi anni si sta registrando l’introduzione e diffusione di sottotipi non-B, che potrebbero indurre la necessità di adattare le strategie diagnostiche e terapeutiche alla nuova situazione epidemiologica.

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