Tesi etd-08292020-120846 |
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Tipo di tesi
Tesi di laurea magistrale
Autore
FANCIULLI, ELENA SOFIA
URN
etd-08292020-120846
Titolo
L’inclusione degli alunni siriani nelle scuole in Grecia, Italia e Germania.
Prospettive antropologiche sull’educazione
Dipartimento
CIVILTA' E FORME DEL SAPERE
Corso di studi
SCIENZE PER LA PACE: TRASFORMAZIONE DEI CONFLITTI E COOPERAZIONE ALLO SVILUPPO
Relatori
relatore Dott. Marzano, Arturo
correlatore Dott. D'Orsi, Lorenzo
correlatore Dott. D'Orsi, Lorenzo
Parole chiave
- antropologia
- educazione
- immigrazione
- inclusione
- Siria
Data inizio appello
28/09/2020
Consultabilità
Non consultabile
Data di rilascio
28/09/2090
Riassunto
Gli ostacoli all'integrazione delle bambine e dei bambini siriani nelle scuole elementari greche, tedesche e italiane non sono il solo frutto di cause strutturali (genitori senza lavoro, barriere linguistiche, alloggi inadeguati, mancato supporto economico e sociale da parte dello Stato di accoglienza…) ma il risultato, anche, del sistema scolastico che giudica quei bambini come un problema, come dislessici, disgrafici, iperattivi, senza cercare di comprendere il mondo delle bambine e dei bambini stessi (non c’è spazio per studenti indisciplinati che non sanno stare al loro posto).
La tesi, allontanandosi dal punto di vista socio-pedagogico dal quale era partita, vuole prendere in considerazione le microdinamiche dei contesti di scuola, soprattutto quei comportamenti che i bambini riproducono e che apprendono a casa dai loro genitori. Durante le mie ricerche sul campo ho infatti potuto osservare i tipi di giochi ai quali i bambini e le bambine siriani giocavano nelle ore ricreative, tra i quali fingere di essere trafficanti o lanciare pietre e improvvisare una rivolta per liberare la Siria/Palestina (con tanto di M16 come giocattolo e Kefiah al collo). Quel lancio di pietre si porta dietro il martirio a cui da troppi anni è sottoposta la Siria, quel giocare a trafficanti riproduce i mezzi con i quali famiglie intere hanno dovuto appigliarsi per fuggire da guerra e terrore, e il non voler studiare di molti piccoli siriani ‘’perché papà mi ha detto che andremo in Belgio’’ nasconde le preoccupazioni di madri e padri che non se la sentono di terminare il loro viaggio in Grecia o in Italia, la quale per svariati motivi sono ancora oggi incapaci di mettere in piedi un sistema di integrazione sostenibile e inclusivo. C’è un mondo oltre lo strato superficiale dei gesti violenti di ciascuno studente siriano che tanto dovrà lottare per togliersi di dosso la pesante etichetta di profugo.
La mia tesi, sulla scia della teoria portata avanti da F. Dei e C. Di Pasquale in Grammatiche della violenza. Esplorazioni etnografiche tra guerra e pace (pp. 7-38), vuole inoltre seguire un punto di vista antropologico del concetto di violenza, la quale non viene dunque considerata un prodotto culturale quanto piuttosto il risultato di un posizionamento relazionale e contestuale. Pertanto, vuole comprendere i motivi che hanno portato la totalità del campione di insegnanti intervistato in Grecia ad affermare che avere in classe bambini rifugiati sia un problema poiché, secondo la loro opinione, questo tipo di studenti è violento per cultura.
La tesi, allontanandosi dal punto di vista socio-pedagogico dal quale era partita, vuole prendere in considerazione le microdinamiche dei contesti di scuola, soprattutto quei comportamenti che i bambini riproducono e che apprendono a casa dai loro genitori. Durante le mie ricerche sul campo ho infatti potuto osservare i tipi di giochi ai quali i bambini e le bambine siriani giocavano nelle ore ricreative, tra i quali fingere di essere trafficanti o lanciare pietre e improvvisare una rivolta per liberare la Siria/Palestina (con tanto di M16 come giocattolo e Kefiah al collo). Quel lancio di pietre si porta dietro il martirio a cui da troppi anni è sottoposta la Siria, quel giocare a trafficanti riproduce i mezzi con i quali famiglie intere hanno dovuto appigliarsi per fuggire da guerra e terrore, e il non voler studiare di molti piccoli siriani ‘’perché papà mi ha detto che andremo in Belgio’’ nasconde le preoccupazioni di madri e padri che non se la sentono di terminare il loro viaggio in Grecia o in Italia, la quale per svariati motivi sono ancora oggi incapaci di mettere in piedi un sistema di integrazione sostenibile e inclusivo. C’è un mondo oltre lo strato superficiale dei gesti violenti di ciascuno studente siriano che tanto dovrà lottare per togliersi di dosso la pesante etichetta di profugo.
La mia tesi, sulla scia della teoria portata avanti da F. Dei e C. Di Pasquale in Grammatiche della violenza. Esplorazioni etnografiche tra guerra e pace (pp. 7-38), vuole inoltre seguire un punto di vista antropologico del concetto di violenza, la quale non viene dunque considerata un prodotto culturale quanto piuttosto il risultato di un posizionamento relazionale e contestuale. Pertanto, vuole comprendere i motivi che hanno portato la totalità del campione di insegnanti intervistato in Grecia ad affermare che avere in classe bambini rifugiati sia un problema poiché, secondo la loro opinione, questo tipo di studenti è violento per cultura.
File
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