Tesi etd-08282018-110208 |
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Tipo di tesi
Tesi di laurea magistrale LM6
Autore
VERGARA, CONSIGLIA
URN
etd-08282018-110208
Titolo
Relazione tra sonno e cefalea in età pediatrica: studio retrospettivo sull'efficacia della melatonina nella prevenzione della cefalea primaria
Dipartimento
RICERCA TRASLAZIONALE E DELLE NUOVE TECNOLOGIE IN MEDICINA E CHIRURGIA
Corso di studi
MEDICINA E CHIRURGIA
Relatori
relatore Prof. Peroni, Diego
correlatore Dott.ssa Bonuccelli, Alice
correlatore Dott.ssa Bonuccelli, Alice
Parole chiave
- cefalea
- cefalea primaria
- dolore pediatrico
- efficacia della melatonina
- età pediatrica
- qualità della vita
- sonno
Data inizio appello
25/09/2018
Consultabilità
Completa
Riassunto
La cefalea rappresenta uno dei più comuni tipi di dolore pediatrico e può provocare un significativo impatto sulla qualità di vita. Nel contesto della patologia cefalalgica possiamo distinguere tra cefalea primaria e forma secondaria. In età pediatrica la cefalea primaria rappresenta la forma preponderante.
I criteri diagnostici per identificare i vari tipi di cefalea sono stati definiti dalla International Classification of Headache Disorders. In seguito alla diagnosi, effettuata sulla scorta di detti parametri, viene impostata la terapia, che si divide in terapia sintomatologica e preventiva. Il paracetamolo rappresenta il farmaco di prima scelta in acuto, la terapia preventiva ha lo scopo di ridurre la frequenza e l’intensità degli episodi cefalalgici. Generalmente il primo trattamento utilizzato è il magnesio; nel caso in cui la terapia con magnesio risulti poco efficace vengono utilizzati farmaci come antiserotoninergici, antidopaminergici, calcio antagonisti, beta bloccanti, antiepilettici ed antidepressivi. Il razionale di impiego del magnesio è legato al ruolo di questo ione nell’eccitabilità cerebrale. Bassi livelli di magnesio sono stati infatti correlati allo sviluppo di emicrania, la quale corrisponde ad uno stato di ipereccitabilità neuronale centrale; inoltre l’ipomagnesemia è stata associata alla generazione della Cortical Spreading Depression, al rilascio di neurotrasmettitori ed alla vasocostrizione: l’integrazione di magnesio potrebbe, pertanto, ridurre l’infiammazione neurogenica alla base dello sviluppo dell’emicrania secondo la teoria trigemino-vascolare. È possibile inoltre, in aggiunta alla terapia farmacologica, associare la terapia comportamentale, ottenendo risultati superiori rispetto al singolo trattamento. La terapia comportamentale consta di tre componenti: aderenza al trattamento, cambiamento dello stile di vita e supporto psicologico (utile soprattutto nei bambini e negli adolescenti affetti da comorbidità psichiatriche). Il cambiamento dello stile di vita include una buona igiene del sonno e una dieta priva di additivi, in quanto sia i disturbi del sonno e del ciclo circadiano sia l’alimentazione sono stati riconosciuti come trigger importanti della cefalea.
Esiste una stretta relazione tra sonno e cefalea: è infatti risaputo da secoli che il sonno può essere utilizzato dai soggetti affetti da cefalea per risolvere l’attacco cefalalgico. Nelle ultime decadi, l’associazione tra cefalea e sonno è stata approfondita: è stato riconosciuto un meccanismo fisiopatologico comune e sono stati individuati diversi tipi di relazione tra i due. Spesso, infatti, cefalea e disturbi del sonno si ritrovano in comorbidità ed esiste una relazione bidirezionale tra di essi, in quanto la cefalea può rappresentare il risultato di un disturbo del sonno (per esempio la cefalea al mattino in paziente con OSAS), oppure i disturbi del sonno sono causati dalla cefalea, come nel caso dell’insonnia determinata dal dolore cefalalgico. Secondo alcuni autori cefalea e disturbi del sonno rappresentano la presentazione clinica età-correlata della medesima condizione patologica, quale l’alterato equilibrio dei neurotrasmettitori. Il sonno può inoltre influire sulla soglia del dolore e sull’efficacia analgesica dei farmaci antidolorifici: la deprivazione di sonno riduce la soglia del dolore interferendo con il meccanismo dell’analgesia mediato dagli oppioidi endogeni. Inoltre è stato proposto un ruolo predisponente dei disturbi del sonno agli attacchi emicranici, in quanto potrebbe provocare un’alterazione del sistema trigemino-vascolare e, di conseguenza, la progressione ad emicrania cronica. La stretta relazione tra disturbi del sonno e cefalea può essere imputata all’interessamento comune di strutture quali ipotalamo, talamo e corteccia. Dati recenti ipotizzano un ruolo preponderante della disfunzione delle proiezioni orexinergiche ai nuclei del rafe mediano, in grado di provocare un’importante interferenza sulla regolazione serotoninergica, determinando disturbi del sonno e cefalea. Ciò è legato all’aumento della serotonina, che provoca vasodilatazione con l’attivazione delle fibre e il rilascio di peptidi proinfiammatori. Il feed-back negativo della serotonina sui neuroni orexinergici determinerebbe a sua volta l’interruzione dei cicli sonno veglia e, quindi, l’insorgenza di disturbi del sonno. I disturbi del sonno riscontrati più frequentemente nei pazienti pediatrici affetti da cefalea sono: difficoltà ad addormentarsi, sonnambulismo, restless sleep, incubi e sonnolenza diurna. Durante l’adolescenza diventa rilevante anche il ritardo di fase, poiché questi soggetti sono sottoposti, prima di andare a letto, ad un’inappropriata esposizione alla luce (per via dell’uso di cellulari, videogiochi, computer) che sopprime la produzione di melatonina, provocando l’alterazione del ciclo circadiano.
La melatonina esercita un ruolo regolatorio nel ritmo circadiano in tutte le specie in cui è prodotta, grazie alla sincronizzazione tra eventi biologici interni e l’ambiente. Nell’essere umano è prodotta dall’ipofisi e la sua secrezione è regolata dal nucleo soprachiasmatico ipotalamico, detto anche pacemaker del ciclo circadiano. La melatonina rappresenta una molecola fondamentale per il trattamento dei disturbi del sonno e del ritmo circadiano e, recentemente, ne sono state messe in evidenza anche le proprietà antiossidanti ed anti-infiammatorie. Essa agisce infatti mediante l’inibizione della sintesi di prostaglandine e di ossido nitrico, del rilascio di GCRP e di interleuchine. La melatonina può pertanto sfruttare diversi meccanismi nei confronti della cefalea, tra i quali annoveriamo: l’induzione del sonno, che può portare al miglioramento della sintomatologia cefalalgica, l’inibizione dell’infiammazione neurogenica sterile, la modulazione dei neuromediatori coinvolti nella genesi della cefalea e il potenziamento dell’effetto analgesico dei peptidi oppioidi endogeni. La fiducia riposta nelle proprietà dimostrate dalla melatonina è confermata dalla recente introduzione sul mercato di due farmaci agonisti recettoriali melatonergici (ramelteon e agomelatina).
Poiché molti dati in letteratura supportano l’efficacia della melatonina nella terapia preventiva della cefalea, si è voluto valutare l’eventuale efficacia apportata dall'associazione di detto ormone al magnesio, rispetto alla sola somministrazione di quest’ultimo. Ciò è stato studiato su una popolazione di pazienti affetti da cefalea e disturbi del sonno. Sono state valutate, in ordine a questi ultimi, la prevalenza e la tipologia. Abbiamo quindi determinato, in termini di efficacia clinica (riduzione degli episodi di cefalea di almeno il 50%) in due gruppi omogenei, il risultato tra l’associazione melatonina-magnesio e la terapia singola con magnesio. Le implicazioni cliniche potrebbero essere rilevanti nei soggetti che attualmente devono ricorrere alle terapie farmacologiche, in quanto resistenti al trattamento con solo magnesio. Quest’ultimo, e la melatonina, presentano infatti un profilo di sicurezza maggiore rispetto ai farmaci attualmente a disposizione per il trattamento della cefalea. Il nostro studio è stato il primo ad aver preso in considerazione l’associazione melatonina-magnesio, rilevando una risposta clinica del 78% nel gruppo che ha assunto la combinazione melatonina-magnesio, a fronte di un’efficacia terapeutica del 70,5% nel gruppo di controllo. La somministrazione di melatonina ha quindi comportato una risposta percentuale maggiore, ma non tale da essere ritenuta statisticamente significativa. Questo dato può essere ricondotto all’utilizzo di un dosaggio inferiore rispetto a quello usato nella maggior parte degli studi riportati in letteratura dove si valutata l'efficacia della melatonina sulla prevenzione della cefalea. Il nostro rappresenta uno studio preliminare che ha preso in considerazione la somministrazione per 3 mesi di dosaggi pari a 1mg e 2mg. Essi non hanno mostrato sostanziali differenze dal punto di vista della risposta clinica, mentre alcuni studi riportati in letteratura, che hanno preso in considerazione dosaggi superiori o uguali a 3mg, hanno ottenuto esiti positivi. Le applicazioni della melatonina in ambito medico rappresentano un campo relativamente nuovo e molto vasto: per questo motivo, non esiste un’opinione unanime sui dosaggi, sul tipo di formulazione e sul periodo di trattamento in grado di apportare un beneficio significativo. È auspicabile pertanto lo svolgimento di nuovi studi prospettici in grado di chiarire i dubbi circa l’efficacia e le modalità di utilizzo della melatonina in detto ambito.
I criteri diagnostici per identificare i vari tipi di cefalea sono stati definiti dalla International Classification of Headache Disorders. In seguito alla diagnosi, effettuata sulla scorta di detti parametri, viene impostata la terapia, che si divide in terapia sintomatologica e preventiva. Il paracetamolo rappresenta il farmaco di prima scelta in acuto, la terapia preventiva ha lo scopo di ridurre la frequenza e l’intensità degli episodi cefalalgici. Generalmente il primo trattamento utilizzato è il magnesio; nel caso in cui la terapia con magnesio risulti poco efficace vengono utilizzati farmaci come antiserotoninergici, antidopaminergici, calcio antagonisti, beta bloccanti, antiepilettici ed antidepressivi. Il razionale di impiego del magnesio è legato al ruolo di questo ione nell’eccitabilità cerebrale. Bassi livelli di magnesio sono stati infatti correlati allo sviluppo di emicrania, la quale corrisponde ad uno stato di ipereccitabilità neuronale centrale; inoltre l’ipomagnesemia è stata associata alla generazione della Cortical Spreading Depression, al rilascio di neurotrasmettitori ed alla vasocostrizione: l’integrazione di magnesio potrebbe, pertanto, ridurre l’infiammazione neurogenica alla base dello sviluppo dell’emicrania secondo la teoria trigemino-vascolare. È possibile inoltre, in aggiunta alla terapia farmacologica, associare la terapia comportamentale, ottenendo risultati superiori rispetto al singolo trattamento. La terapia comportamentale consta di tre componenti: aderenza al trattamento, cambiamento dello stile di vita e supporto psicologico (utile soprattutto nei bambini e negli adolescenti affetti da comorbidità psichiatriche). Il cambiamento dello stile di vita include una buona igiene del sonno e una dieta priva di additivi, in quanto sia i disturbi del sonno e del ciclo circadiano sia l’alimentazione sono stati riconosciuti come trigger importanti della cefalea.
Esiste una stretta relazione tra sonno e cefalea: è infatti risaputo da secoli che il sonno può essere utilizzato dai soggetti affetti da cefalea per risolvere l’attacco cefalalgico. Nelle ultime decadi, l’associazione tra cefalea e sonno è stata approfondita: è stato riconosciuto un meccanismo fisiopatologico comune e sono stati individuati diversi tipi di relazione tra i due. Spesso, infatti, cefalea e disturbi del sonno si ritrovano in comorbidità ed esiste una relazione bidirezionale tra di essi, in quanto la cefalea può rappresentare il risultato di un disturbo del sonno (per esempio la cefalea al mattino in paziente con OSAS), oppure i disturbi del sonno sono causati dalla cefalea, come nel caso dell’insonnia determinata dal dolore cefalalgico. Secondo alcuni autori cefalea e disturbi del sonno rappresentano la presentazione clinica età-correlata della medesima condizione patologica, quale l’alterato equilibrio dei neurotrasmettitori. Il sonno può inoltre influire sulla soglia del dolore e sull’efficacia analgesica dei farmaci antidolorifici: la deprivazione di sonno riduce la soglia del dolore interferendo con il meccanismo dell’analgesia mediato dagli oppioidi endogeni. Inoltre è stato proposto un ruolo predisponente dei disturbi del sonno agli attacchi emicranici, in quanto potrebbe provocare un’alterazione del sistema trigemino-vascolare e, di conseguenza, la progressione ad emicrania cronica. La stretta relazione tra disturbi del sonno e cefalea può essere imputata all’interessamento comune di strutture quali ipotalamo, talamo e corteccia. Dati recenti ipotizzano un ruolo preponderante della disfunzione delle proiezioni orexinergiche ai nuclei del rafe mediano, in grado di provocare un’importante interferenza sulla regolazione serotoninergica, determinando disturbi del sonno e cefalea. Ciò è legato all’aumento della serotonina, che provoca vasodilatazione con l’attivazione delle fibre e il rilascio di peptidi proinfiammatori. Il feed-back negativo della serotonina sui neuroni orexinergici determinerebbe a sua volta l’interruzione dei cicli sonno veglia e, quindi, l’insorgenza di disturbi del sonno. I disturbi del sonno riscontrati più frequentemente nei pazienti pediatrici affetti da cefalea sono: difficoltà ad addormentarsi, sonnambulismo, restless sleep, incubi e sonnolenza diurna. Durante l’adolescenza diventa rilevante anche il ritardo di fase, poiché questi soggetti sono sottoposti, prima di andare a letto, ad un’inappropriata esposizione alla luce (per via dell’uso di cellulari, videogiochi, computer) che sopprime la produzione di melatonina, provocando l’alterazione del ciclo circadiano.
La melatonina esercita un ruolo regolatorio nel ritmo circadiano in tutte le specie in cui è prodotta, grazie alla sincronizzazione tra eventi biologici interni e l’ambiente. Nell’essere umano è prodotta dall’ipofisi e la sua secrezione è regolata dal nucleo soprachiasmatico ipotalamico, detto anche pacemaker del ciclo circadiano. La melatonina rappresenta una molecola fondamentale per il trattamento dei disturbi del sonno e del ritmo circadiano e, recentemente, ne sono state messe in evidenza anche le proprietà antiossidanti ed anti-infiammatorie. Essa agisce infatti mediante l’inibizione della sintesi di prostaglandine e di ossido nitrico, del rilascio di GCRP e di interleuchine. La melatonina può pertanto sfruttare diversi meccanismi nei confronti della cefalea, tra i quali annoveriamo: l’induzione del sonno, che può portare al miglioramento della sintomatologia cefalalgica, l’inibizione dell’infiammazione neurogenica sterile, la modulazione dei neuromediatori coinvolti nella genesi della cefalea e il potenziamento dell’effetto analgesico dei peptidi oppioidi endogeni. La fiducia riposta nelle proprietà dimostrate dalla melatonina è confermata dalla recente introduzione sul mercato di due farmaci agonisti recettoriali melatonergici (ramelteon e agomelatina).
Poiché molti dati in letteratura supportano l’efficacia della melatonina nella terapia preventiva della cefalea, si è voluto valutare l’eventuale efficacia apportata dall'associazione di detto ormone al magnesio, rispetto alla sola somministrazione di quest’ultimo. Ciò è stato studiato su una popolazione di pazienti affetti da cefalea e disturbi del sonno. Sono state valutate, in ordine a questi ultimi, la prevalenza e la tipologia. Abbiamo quindi determinato, in termini di efficacia clinica (riduzione degli episodi di cefalea di almeno il 50%) in due gruppi omogenei, il risultato tra l’associazione melatonina-magnesio e la terapia singola con magnesio. Le implicazioni cliniche potrebbero essere rilevanti nei soggetti che attualmente devono ricorrere alle terapie farmacologiche, in quanto resistenti al trattamento con solo magnesio. Quest’ultimo, e la melatonina, presentano infatti un profilo di sicurezza maggiore rispetto ai farmaci attualmente a disposizione per il trattamento della cefalea. Il nostro studio è stato il primo ad aver preso in considerazione l’associazione melatonina-magnesio, rilevando una risposta clinica del 78% nel gruppo che ha assunto la combinazione melatonina-magnesio, a fronte di un’efficacia terapeutica del 70,5% nel gruppo di controllo. La somministrazione di melatonina ha quindi comportato una risposta percentuale maggiore, ma non tale da essere ritenuta statisticamente significativa. Questo dato può essere ricondotto all’utilizzo di un dosaggio inferiore rispetto a quello usato nella maggior parte degli studi riportati in letteratura dove si valutata l'efficacia della melatonina sulla prevenzione della cefalea. Il nostro rappresenta uno studio preliminare che ha preso in considerazione la somministrazione per 3 mesi di dosaggi pari a 1mg e 2mg. Essi non hanno mostrato sostanziali differenze dal punto di vista della risposta clinica, mentre alcuni studi riportati in letteratura, che hanno preso in considerazione dosaggi superiori o uguali a 3mg, hanno ottenuto esiti positivi. Le applicazioni della melatonina in ambito medico rappresentano un campo relativamente nuovo e molto vasto: per questo motivo, non esiste un’opinione unanime sui dosaggi, sul tipo di formulazione e sul periodo di trattamento in grado di apportare un beneficio significativo. È auspicabile pertanto lo svolgimento di nuovi studi prospettici in grado di chiarire i dubbi circa l’efficacia e le modalità di utilizzo della melatonina in detto ambito.
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