Tesi etd-08252023-233105 |
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Tipo di tesi
Tesi di laurea magistrale LM6
Autore
CONGEDO, ALESSANDRO
URN
etd-08252023-233105
Titolo
Fattore tissutale associato a vescicole extracellulari in pazienti con broncopneumopatia cronica ostruttiva in varie fasi di malattia
Dipartimento
RICERCA TRASLAZIONALE E DELLE NUOVE TECNOLOGIE IN MEDICINA E CHIRURGIA
Corso di studi
MEDICINA E CHIRURGIA
Relatori
relatore Prof. Celi, Alessandro
correlatore Dott. Nieri, Dario
correlatore Dott. Neri, Tommaso
correlatore Dott. Nieri, Dario
correlatore Dott. Neri, Tommaso
Parole chiave
- BPCO
- EV
- fattore tissutale
- riacutizzazioni
- rischio cardiovascolare
- trombosi
Data inizio appello
26/09/2023
Consultabilità
Non consultabile
Data di rilascio
26/09/2093
Riassunto
La BPCO è una patologia polmonare eterogenea caratterizzata da sintomi respiratori cronici (dispnea, tosse, produzione di espettorato, riacutizzazioni) dovuti ad anomalie delle vie aeree (bronchite, bronchiolite) e/o degli alveoli (enfisema) che causano un’ostruzione persistente e spesso progressiva del flusso d’aria. Il principale fattore di rischio associato alla patologia è il fumo di tabacco; oltre a questo ci sono altri fattori di rischio ambientali come il fumo passivo, gli inquinanti atmosferici, le infezioni respiratorie e le esposizioni professionali. Inoltre, è dimostrato che anche la predisposizione genetica ha un ruolo importante nella patologia. Questi fattori innescano una risposta infiammatoria a livello delle vie aeree che è alla base delle alterazioni patologiche che caratterizzano la malattia: la malattia delle piccole vie aeree e la distruzione del parenchima polmonare. Infatti, la BPCO è dovuta a una risposta infiammatoria cronica delle vie aeree e/o alveolari frequentemente causata dalla significativa esposizione a particelle nocive o gas. I quadri fisiopatologici caratteristici della BPCO che aiutano anche nella diagnosi sono la bronchite cronica e l’enfisema.
Per quanto riguarda l’epidemiologia nel corso degli anni ci sono stati numerosi studi a riguardo; sappiamo che in passato la BPCO è stata sottostimata ma ancora oggi gli esperti sollevano preoccupazioni sul fatto che è spesso sotto-diagnosticata, anche in contesti ad alto reddito, e che i veri tassi di prevalenza possono essere considerevolmente più alti. Soprattutto nei paesi in via di sviluppo però a causa della mancanza di risorse e/o conoscenze la stima della BPCO non è affidabile; la mancanza di una raccolta dati di routine sulla BPCO e di un efficace sistema di gestione delle informazioni sanitarie in molti paesi a basso reddito, implica anche che queste stime potrebbero essere state grossolanamente sottorappresentate. Esistono infatti disparità geografiche, in parte dovute alla difficoltà di avere stime affidabili in alcuni continenti come l’Africa.
Quello che sappiamo è che ad oggi la BPCO è presente in circa 400 milioni di persone nel mondo, numero molto più alto rispetto a quello presente negli anni 90; questo grazie anche ad una maggiore sensibilità per la ricerca della patologia. La prevalenza aumenta con l'età, con un rischio cinque volte maggiore per quelli di età superiore ai 65 anni rispetto ai pazienti di età inferiore ai 40 anni, mentre la differenza di genere è sempre minore dovuta alla maggiore esposizione ai fattori di rischio nelle donne, come l’aumento delle donne fumatrici. Sebbene la BPCO possa essere sospettata sulla base dei risultati dell'anamnesi e dell'esame fisico, la diagnosi deve comunque essere sempre confermata dalla spirometria per rilevare l'ostruzione del flusso d'aria e la sua gravità.
Ciò che preoccupa, oltre all’aumento della prevalenza, è l’elevata mortalità nei pazienti colpiti. Infatti, dai dati epidemiologici ufficiali risulta che la BPCO è la terza causa di morte nel mondo. Questo perché a differenza del passato in cui si credeva che la patologia desse solo i sintomi tipici di tipo respiratorio (che includono dispnea, a riposo e durante l'esercizio fisico, tosse cronica, produzione di espettorato e altri sintomi diurni non specifici come respiro sibilante e costrizione toracica) oggi è ormai dimostrato che i pazienti con BPCO hanno numerose comorbidità extra polmonari , tra le quali malattie cardiovascolari (CVD), disturbi metabolici, osteoporosi, disfunzione del muscolo scheletrico, ansia/depressione, deterioramento cognitivo, malattie gastrointestinali (GI) e comorbidità respiratorie come asma, bronchiectasie, fibrosi polmonare e cancro ai polmoni. La presenza di comorbidità sistemiche aumenta nettamente il rischio di morte del paziente, in particolare l’interessamento cardiaco come lo scompenso o l’insufficienza cardiaca raddoppiano il rischio di morte del paziente.
Inoltre, la BPCO non è una malattia stabile bensì è caratterizzata da periodi di peggioramento della sintomatologia che vengono definiti riacutizzazioni che molte volte costringono il paziente ad un ricovero ospedaliero. Durante le riacutizzazioni il paziente manifesta un peggioramento della sintomatologia causata da un’amplificazione, in genere temporanea, della risposta infiammatoria presente già in fase di stabilità, per la quale spesso è necessaria una variazione del trattamento farmacologico. Le riacutizzazioni facilitano il declino della funzione polmonare, determinano una compromissione della qualità della vita e un aumento della mortalità. È quindi evidente che il numero di riacutizzazioni presenti nella storia di malattia del paziente influiscono molto sulla sua prognosi; per questo è utile valutare anamnesticamente e laboratoristicamente il rischio di riacutizzazione considerando il numero nell’ultimo anno o il VEMS (Volume Espiratorio Massimo nel primo Secondo) che se < del 50% del teorico si associa a un alto rischio di presentazione del peggioramento della sintomatologia. La causa più frequente di riacutizzazione sono le infezioni respiratorie batteriche e virali. Uno dei motivi per il quale le riacutizzazioni aumentano il rischio di morte del paziente con BPCO è l’aumentato rischio di eventi trombotici, sia di tipo arterioso che venoso, che caratterizza le riacutizzazioni; questo aumentato rischio potrebbe essere dovuto alla iperattivazione della cascata coagulativa secondaria all’esacerbazione del quadro infiammatorio che sembra attivare i principali effettori della formazione del coagulo: piastrine, endotelio e cascata coagulativa. In relazione a ciò si parla di stato trombotico in corso di riacutizzazione di BPCO.
L'eterogeneità della BPCO ha portato a molto interesse nella definizione di diversi fenotipi basati su caratteristiche cliniche e su frequenza e gravità delle riacutizzazioni. In particolare, c’è una nuova classificazione dei pazienti che li divide a seconda del gruppo di rischio a cui appartengono. Questa classificazione divide i pazienti in 3 categorie A, B, E. Questa nuova classificazione sostituisce la precedente che per molti anni è stata presa come riferimento e che era costituita da 4 categorie A, B, C, D. La C e la D sono state quindi inglobate nella E perché seppur differenti nelle caratteristiche cliniche sono state ritenute equivalenti dal punto di vista prognostico e di trattamento.
Per quanto riguarda il trattamento, come da definizione la BPCO è si una patologia cronica però è una malattia prevenibile e trattabile perché attraverso la terapia diminuisce la frequenza di riacutizzazioni e migliorano i sintomi e la qualità di vita del paziente. Il trattamento si divide in farmacologico e non farmacologico; quest’ultimo si basa essenzialmente sull’astensione al fumo, sull’attività fisica (è dimostrato che diminuisce il numero e la gravità delle riacutizzazioni) e sulle vaccinazioni antinfluenzali e pneumococciche (PCV13 e PPSV23) che sono raccomandate per i pazienti con BPCO, in particolare i pazienti più anziani. Il trattamento farmacologico per la BPCO è costituito da farmaci inalatori ed includono β 2-agonisti a lunga durata di azione (LABA), antagonisti muscarinici a lunga durata d'azione (LAMA) e corticosteroidi inalatori (ICS). Seguendo le direttive GOLD I farmaci di salvataggio con broncodilatatori a breve durata d'azione devono essere prescritti per alleviare immediatamente i sintomi, ma l'uso di questi non è generalmente raccomandato su base regolare. In alcuni pazienti, un trattamento combinato come LAMA/LABA (ad esempio per pazienti con grave affanno) o LABA/ICS (per pazienti ad alto rischio di esacerbazioni e conta più elevata degli eosinofili nel sangue) può essere offerto come trattamento iniziale. Dopo l'inizio della terapia, i pazienti devono essere seguiti per il raggiungimento degli obiettivi del trattamento e, ove necessario, devono essere apportati aggiustamenti
Le vescicole extracellulari sono oggetto di numerosi studi; è stato scoperto che sono rilasciate da quasi tutti i tipi di cellule e possono essere trovate in una varietà di fluidi corporei tra cui sangue, espettorato e urina. La maggior parte delle EV però derivano da piastrine e megacariociti. Queste EV sono un gruppo eterogeneo di vescicole limitate alla membrana caricate con varie proteine, lipidi e acidi nucleici. Si dividono in base alle dimensioni in esosomi, microvescicole, e vescicole apoptotiche. È stato dimostrato nel corso degli anni che queste vescicole sono importanti mediatori della comunicazione intercellulare, sia nei processi fisiologici che patologici. Infatti, livelli elevati di EV derivate dalle piastrine sono stati descritti in patologie associate ad un aumentato rischio di eventi tromboembolici, inclusi cancro, aterosclerosi, sepsi e pre-eclampsia.
Negli ultimi anni sono stati fatti diversi studi sulla probabile associazione tra EV e BPCO. È ormai dimostrato che le EV siano un marcatore di BPCO in particolare di riacutizzazione di BPCO. Infatti, il loro numero cresce a dismisura in seguito ad un episodio di riacutizzazione, mentre rimane più basso in caso di BPCO stabile, ma comunque maggiore rispetto ad un controllo sano. Oltre però al ruolo di bio marcatore studi recenti ipotizzano un ruolo fisiopatologico nella BPCO viste le numerose evidenze che hanno dimostrato un’azione importante nell’infiammazione e nella coagulazione. In particolare, sembra avere un ruolo primario l’endotelio, capace di rilasciare particolari tipi di EV in risposta alle diverse situazioni fisiologiche o patologiche dell’organismo. L’importanza delle EV nel processo patologico della BPCO dipende dal loro contenuto, infatti, le microvescicole contengono diversi componenti tra i quali fosfolipidi caricati negativamente (fosfatidilserina PS) e fattore tissutale (TF) che rendono queste microparticelle (MP) capaci di azione procoagulante. I livelli plasmatici normali di MP intravascolare esposte al TF (TFMP) sono bassi, ma il loro numero può aumentare in condizioni patologiche, tra cui il cancro e le malattie infettive. Evidenze emergenti indicano un ruolo importante di questi TFMP circolanti nella patogenesi delle complicanze trombotiche come il tromboembolismo venoso e la coagulazione intravascolare disseminata.
Il fattore tissutale è una proteina trans membrana che funziona come recettore ad alta affinità e cofattore per il fattore (F)VII/VIIa. Il complesso TF-FVIIa è l'iniziatore primario della coagulazione del sangue e svolge un ruolo essenziale nell'emostasi. In condizioni patologiche però, il TF può innescare sia trombosi arteriosa che venosa.
Le EV TF-positive, quindi, sembrano essere capaci di innescare l'attivazione della coagulazione; infatti, i livelli di attività circolante di EV-TF sono aumentati nei pazienti con cancro, infezioni batteriche e virali e sepsi
Con questo studio osservazionale costituito da una componente prospettica ed una trasversale l’obiettivo è stato quello di misurare il fattore tissutale associato a EV nelle varie fasi di malattia dei pazienti con BPCO. Questo per valutare la potenziale influenza del TF associato a EV sul rischio di trombosi nei pazienti BPCO in particolare durante la fase di riacutizzazione.
Per fare ciò sono stati arruolati pazienti con BPCO stabile e controlli sani valutati in un solo momento V1(componente traversale). Sono entrati poi nello studio i pazienti con BPCO riacutizzata valutati in due tempi diversi: entro 48 ore dal loro ingresso in pronto soccorso(V0) e dopo circa 8 settimane dall’accesso(V1) (componente prospettica). Inoltre, un sottogruppo di pazienti riacutizzati e un sottogruppo tra i pazienti stabili sono stati rivalutati a 6 mesi di distanza dall’ultima visita V1.
In tutti i pazienti è stata fatta un’anamnesi approfondita comprendente la storia di fumo, i farmaci assunti, le patologie concomitanti e il rischio cardiovascolare. Sono stati fatti poi dei questionari ai pazienti come il CAT e l’mMRC che ci hanno dato informazioni importanti È stato poi prelevato ad ogni paziente del sangue venoso periferico ad ogni visita. Questo sangue è servito per il dosaggio delle EV e del fattore tissutale associato ad esse. Infine, nelle visite ambulatoriali sono state prove di funzionalità respiratoria attraverso la spirometria che ci ha permesso di confrontare i parametri respiratori nei diversi pazienti.
I metodi utilizzati hanno previsto l’isolamento delle EV dal sangue periferico da cui poi è stata valutata la concentrazione delle EV totali e dell’attività del fattore tissutale legato alle stesse (EV – TF). Dal nostro campione in studio composto da 56 pazienti di cui 24 pazienti in fase stabile di malattia( che non hanno avuto episodi di riacutizzazione negli ultimi 12 mesi), 20 pazienti con riacutizzazione presuntiva di BPCO, e 12 pazienti senza BPCO valutati come controlli, sono emersi i seguenti risultati: i livelli di EV e di TF legato alle stesse sono significativamente aumentati nei pazienti BPCO in fase di riacutizzazione valutati al tempo V0 in pronto soccorso fase di riacutizzazione per poi abbassarsi notevolmente dopo 8 settimane al tempo V1, e diminuire ma in misura nettamente inferiore al tempo V2 dopo 6 mesi. Questi valori però rimangono più elevati se confrontati con i pazienti in fase di stabilità di malattia al tempo V1 e con i controlli con assenza di BPCO
Rispetto ad altri studi già presenti che hanno dimostrato come il fattore tissutale cresca in corso di riacutizzazione con il nostro studio noi abbiamo analizzato il TF legato alle EV e inoltre abbiamo valutato gli stessi pazienti in tempi differenti per analizzare le eventuali modifiche nella concentrazione che si hanno nel tempo. La presenza di elevati livelli di EV e di TF – EV soprattutto in fase di riacutizzazione ci porta a dedurre che, essendo il TF fondamentale per l’innesco della cascata estrinseca della coagulazione e un cofattore determinante per l’assemblaggio di proteasi nella cascata coagulativa, ci sia una spinta in senso pro-coagulante durante le riacutizzazioni di malattia in questi pazienti, portando a un maggior rischio trombotico arterioso e venoso.
Quindi il ruolo di biomarcatore delle EV è stato già affrontato in altri studi e da noi confermato, ma oltre a questo con il nostro studio noi abbiamo ipotizzato il possibile ruolo da effettori di malattia delle EV.
Se questo venisse dimostrato con grandi numeri e si chiarissero altri dubbi presenti sull’aspetto patogenetico, potrebbe essere una svolta per la malattia soprattutto dal punto di vista terapeutico: si potrebbe infatti iniziare a pensare ad una terapia che abbia come target specifico le EV e in questo modo ridurre la frequenza e la gravità delle riacutizzazioni, riducendo probabilmente anche la morte dei pazienti e migliorando quindi notevolmente la qualità di vita e la prognosi.
Per quanto riguarda l’epidemiologia nel corso degli anni ci sono stati numerosi studi a riguardo; sappiamo che in passato la BPCO è stata sottostimata ma ancora oggi gli esperti sollevano preoccupazioni sul fatto che è spesso sotto-diagnosticata, anche in contesti ad alto reddito, e che i veri tassi di prevalenza possono essere considerevolmente più alti. Soprattutto nei paesi in via di sviluppo però a causa della mancanza di risorse e/o conoscenze la stima della BPCO non è affidabile; la mancanza di una raccolta dati di routine sulla BPCO e di un efficace sistema di gestione delle informazioni sanitarie in molti paesi a basso reddito, implica anche che queste stime potrebbero essere state grossolanamente sottorappresentate. Esistono infatti disparità geografiche, in parte dovute alla difficoltà di avere stime affidabili in alcuni continenti come l’Africa.
Quello che sappiamo è che ad oggi la BPCO è presente in circa 400 milioni di persone nel mondo, numero molto più alto rispetto a quello presente negli anni 90; questo grazie anche ad una maggiore sensibilità per la ricerca della patologia. La prevalenza aumenta con l'età, con un rischio cinque volte maggiore per quelli di età superiore ai 65 anni rispetto ai pazienti di età inferiore ai 40 anni, mentre la differenza di genere è sempre minore dovuta alla maggiore esposizione ai fattori di rischio nelle donne, come l’aumento delle donne fumatrici. Sebbene la BPCO possa essere sospettata sulla base dei risultati dell'anamnesi e dell'esame fisico, la diagnosi deve comunque essere sempre confermata dalla spirometria per rilevare l'ostruzione del flusso d'aria e la sua gravità.
Ciò che preoccupa, oltre all’aumento della prevalenza, è l’elevata mortalità nei pazienti colpiti. Infatti, dai dati epidemiologici ufficiali risulta che la BPCO è la terza causa di morte nel mondo. Questo perché a differenza del passato in cui si credeva che la patologia desse solo i sintomi tipici di tipo respiratorio (che includono dispnea, a riposo e durante l'esercizio fisico, tosse cronica, produzione di espettorato e altri sintomi diurni non specifici come respiro sibilante e costrizione toracica) oggi è ormai dimostrato che i pazienti con BPCO hanno numerose comorbidità extra polmonari , tra le quali malattie cardiovascolari (CVD), disturbi metabolici, osteoporosi, disfunzione del muscolo scheletrico, ansia/depressione, deterioramento cognitivo, malattie gastrointestinali (GI) e comorbidità respiratorie come asma, bronchiectasie, fibrosi polmonare e cancro ai polmoni. La presenza di comorbidità sistemiche aumenta nettamente il rischio di morte del paziente, in particolare l’interessamento cardiaco come lo scompenso o l’insufficienza cardiaca raddoppiano il rischio di morte del paziente.
Inoltre, la BPCO non è una malattia stabile bensì è caratterizzata da periodi di peggioramento della sintomatologia che vengono definiti riacutizzazioni che molte volte costringono il paziente ad un ricovero ospedaliero. Durante le riacutizzazioni il paziente manifesta un peggioramento della sintomatologia causata da un’amplificazione, in genere temporanea, della risposta infiammatoria presente già in fase di stabilità, per la quale spesso è necessaria una variazione del trattamento farmacologico. Le riacutizzazioni facilitano il declino della funzione polmonare, determinano una compromissione della qualità della vita e un aumento della mortalità. È quindi evidente che il numero di riacutizzazioni presenti nella storia di malattia del paziente influiscono molto sulla sua prognosi; per questo è utile valutare anamnesticamente e laboratoristicamente il rischio di riacutizzazione considerando il numero nell’ultimo anno o il VEMS (Volume Espiratorio Massimo nel primo Secondo) che se < del 50% del teorico si associa a un alto rischio di presentazione del peggioramento della sintomatologia. La causa più frequente di riacutizzazione sono le infezioni respiratorie batteriche e virali. Uno dei motivi per il quale le riacutizzazioni aumentano il rischio di morte del paziente con BPCO è l’aumentato rischio di eventi trombotici, sia di tipo arterioso che venoso, che caratterizza le riacutizzazioni; questo aumentato rischio potrebbe essere dovuto alla iperattivazione della cascata coagulativa secondaria all’esacerbazione del quadro infiammatorio che sembra attivare i principali effettori della formazione del coagulo: piastrine, endotelio e cascata coagulativa. In relazione a ciò si parla di stato trombotico in corso di riacutizzazione di BPCO.
L'eterogeneità della BPCO ha portato a molto interesse nella definizione di diversi fenotipi basati su caratteristiche cliniche e su frequenza e gravità delle riacutizzazioni. In particolare, c’è una nuova classificazione dei pazienti che li divide a seconda del gruppo di rischio a cui appartengono. Questa classificazione divide i pazienti in 3 categorie A, B, E. Questa nuova classificazione sostituisce la precedente che per molti anni è stata presa come riferimento e che era costituita da 4 categorie A, B, C, D. La C e la D sono state quindi inglobate nella E perché seppur differenti nelle caratteristiche cliniche sono state ritenute equivalenti dal punto di vista prognostico e di trattamento.
Per quanto riguarda il trattamento, come da definizione la BPCO è si una patologia cronica però è una malattia prevenibile e trattabile perché attraverso la terapia diminuisce la frequenza di riacutizzazioni e migliorano i sintomi e la qualità di vita del paziente. Il trattamento si divide in farmacologico e non farmacologico; quest’ultimo si basa essenzialmente sull’astensione al fumo, sull’attività fisica (è dimostrato che diminuisce il numero e la gravità delle riacutizzazioni) e sulle vaccinazioni antinfluenzali e pneumococciche (PCV13 e PPSV23) che sono raccomandate per i pazienti con BPCO, in particolare i pazienti più anziani. Il trattamento farmacologico per la BPCO è costituito da farmaci inalatori ed includono β 2-agonisti a lunga durata di azione (LABA), antagonisti muscarinici a lunga durata d'azione (LAMA) e corticosteroidi inalatori (ICS). Seguendo le direttive GOLD I farmaci di salvataggio con broncodilatatori a breve durata d'azione devono essere prescritti per alleviare immediatamente i sintomi, ma l'uso di questi non è generalmente raccomandato su base regolare. In alcuni pazienti, un trattamento combinato come LAMA/LABA (ad esempio per pazienti con grave affanno) o LABA/ICS (per pazienti ad alto rischio di esacerbazioni e conta più elevata degli eosinofili nel sangue) può essere offerto come trattamento iniziale. Dopo l'inizio della terapia, i pazienti devono essere seguiti per il raggiungimento degli obiettivi del trattamento e, ove necessario, devono essere apportati aggiustamenti
Le vescicole extracellulari sono oggetto di numerosi studi; è stato scoperto che sono rilasciate da quasi tutti i tipi di cellule e possono essere trovate in una varietà di fluidi corporei tra cui sangue, espettorato e urina. La maggior parte delle EV però derivano da piastrine e megacariociti. Queste EV sono un gruppo eterogeneo di vescicole limitate alla membrana caricate con varie proteine, lipidi e acidi nucleici. Si dividono in base alle dimensioni in esosomi, microvescicole, e vescicole apoptotiche. È stato dimostrato nel corso degli anni che queste vescicole sono importanti mediatori della comunicazione intercellulare, sia nei processi fisiologici che patologici. Infatti, livelli elevati di EV derivate dalle piastrine sono stati descritti in patologie associate ad un aumentato rischio di eventi tromboembolici, inclusi cancro, aterosclerosi, sepsi e pre-eclampsia.
Negli ultimi anni sono stati fatti diversi studi sulla probabile associazione tra EV e BPCO. È ormai dimostrato che le EV siano un marcatore di BPCO in particolare di riacutizzazione di BPCO. Infatti, il loro numero cresce a dismisura in seguito ad un episodio di riacutizzazione, mentre rimane più basso in caso di BPCO stabile, ma comunque maggiore rispetto ad un controllo sano. Oltre però al ruolo di bio marcatore studi recenti ipotizzano un ruolo fisiopatologico nella BPCO viste le numerose evidenze che hanno dimostrato un’azione importante nell’infiammazione e nella coagulazione. In particolare, sembra avere un ruolo primario l’endotelio, capace di rilasciare particolari tipi di EV in risposta alle diverse situazioni fisiologiche o patologiche dell’organismo. L’importanza delle EV nel processo patologico della BPCO dipende dal loro contenuto, infatti, le microvescicole contengono diversi componenti tra i quali fosfolipidi caricati negativamente (fosfatidilserina PS) e fattore tissutale (TF) che rendono queste microparticelle (MP) capaci di azione procoagulante. I livelli plasmatici normali di MP intravascolare esposte al TF (TFMP) sono bassi, ma il loro numero può aumentare in condizioni patologiche, tra cui il cancro e le malattie infettive. Evidenze emergenti indicano un ruolo importante di questi TFMP circolanti nella patogenesi delle complicanze trombotiche come il tromboembolismo venoso e la coagulazione intravascolare disseminata.
Il fattore tissutale è una proteina trans membrana che funziona come recettore ad alta affinità e cofattore per il fattore (F)VII/VIIa. Il complesso TF-FVIIa è l'iniziatore primario della coagulazione del sangue e svolge un ruolo essenziale nell'emostasi. In condizioni patologiche però, il TF può innescare sia trombosi arteriosa che venosa.
Le EV TF-positive, quindi, sembrano essere capaci di innescare l'attivazione della coagulazione; infatti, i livelli di attività circolante di EV-TF sono aumentati nei pazienti con cancro, infezioni batteriche e virali e sepsi
Con questo studio osservazionale costituito da una componente prospettica ed una trasversale l’obiettivo è stato quello di misurare il fattore tissutale associato a EV nelle varie fasi di malattia dei pazienti con BPCO. Questo per valutare la potenziale influenza del TF associato a EV sul rischio di trombosi nei pazienti BPCO in particolare durante la fase di riacutizzazione.
Per fare ciò sono stati arruolati pazienti con BPCO stabile e controlli sani valutati in un solo momento V1(componente traversale). Sono entrati poi nello studio i pazienti con BPCO riacutizzata valutati in due tempi diversi: entro 48 ore dal loro ingresso in pronto soccorso(V0) e dopo circa 8 settimane dall’accesso(V1) (componente prospettica). Inoltre, un sottogruppo di pazienti riacutizzati e un sottogruppo tra i pazienti stabili sono stati rivalutati a 6 mesi di distanza dall’ultima visita V1.
In tutti i pazienti è stata fatta un’anamnesi approfondita comprendente la storia di fumo, i farmaci assunti, le patologie concomitanti e il rischio cardiovascolare. Sono stati fatti poi dei questionari ai pazienti come il CAT e l’mMRC che ci hanno dato informazioni importanti È stato poi prelevato ad ogni paziente del sangue venoso periferico ad ogni visita. Questo sangue è servito per il dosaggio delle EV e del fattore tissutale associato ad esse. Infine, nelle visite ambulatoriali sono state prove di funzionalità respiratoria attraverso la spirometria che ci ha permesso di confrontare i parametri respiratori nei diversi pazienti.
I metodi utilizzati hanno previsto l’isolamento delle EV dal sangue periferico da cui poi è stata valutata la concentrazione delle EV totali e dell’attività del fattore tissutale legato alle stesse (EV – TF). Dal nostro campione in studio composto da 56 pazienti di cui 24 pazienti in fase stabile di malattia( che non hanno avuto episodi di riacutizzazione negli ultimi 12 mesi), 20 pazienti con riacutizzazione presuntiva di BPCO, e 12 pazienti senza BPCO valutati come controlli, sono emersi i seguenti risultati: i livelli di EV e di TF legato alle stesse sono significativamente aumentati nei pazienti BPCO in fase di riacutizzazione valutati al tempo V0 in pronto soccorso fase di riacutizzazione per poi abbassarsi notevolmente dopo 8 settimane al tempo V1, e diminuire ma in misura nettamente inferiore al tempo V2 dopo 6 mesi. Questi valori però rimangono più elevati se confrontati con i pazienti in fase di stabilità di malattia al tempo V1 e con i controlli con assenza di BPCO
Rispetto ad altri studi già presenti che hanno dimostrato come il fattore tissutale cresca in corso di riacutizzazione con il nostro studio noi abbiamo analizzato il TF legato alle EV e inoltre abbiamo valutato gli stessi pazienti in tempi differenti per analizzare le eventuali modifiche nella concentrazione che si hanno nel tempo. La presenza di elevati livelli di EV e di TF – EV soprattutto in fase di riacutizzazione ci porta a dedurre che, essendo il TF fondamentale per l’innesco della cascata estrinseca della coagulazione e un cofattore determinante per l’assemblaggio di proteasi nella cascata coagulativa, ci sia una spinta in senso pro-coagulante durante le riacutizzazioni di malattia in questi pazienti, portando a un maggior rischio trombotico arterioso e venoso.
Quindi il ruolo di biomarcatore delle EV è stato già affrontato in altri studi e da noi confermato, ma oltre a questo con il nostro studio noi abbiamo ipotizzato il possibile ruolo da effettori di malattia delle EV.
Se questo venisse dimostrato con grandi numeri e si chiarissero altri dubbi presenti sull’aspetto patogenetico, potrebbe essere una svolta per la malattia soprattutto dal punto di vista terapeutico: si potrebbe infatti iniziare a pensare ad una terapia che abbia come target specifico le EV e in questo modo ridurre la frequenza e la gravità delle riacutizzazioni, riducendo probabilmente anche la morte dei pazienti e migliorando quindi notevolmente la qualità di vita e la prognosi.
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