Tesi etd-08252020-095643 |
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Tipo di tesi
Tesi di laurea magistrale LM6
Autore
VERME, ENRICO
URN
etd-08252020-095643
Titolo
Caratterizzazione dell'infiltrato linfocitario nel tumore del pancreas radicalmente operato e valutazione del suo ruolo prognostico
Dipartimento
RICERCA TRASLAZIONALE E DELLE NUOVE TECNOLOGIE IN MEDICINA E CHIRURGIA
Corso di studi
MEDICINA E CHIRURGIA
Relatori
relatore Prof. Falcone, Alfredo
correlatore Dott.ssa Vivaldi, Caterina
correlatore Dott.ssa Vivaldi, Caterina
Parole chiave
- carcinoma pancreatico
- infiltrato stromale
- pancreatic cancer
- PDAC
- stromal TILs
Data inizio appello
14/09/2020
Consultabilità
Non consultabile
Data di rilascio
14/09/2090
Riassunto
L’obiettivo primario del nostro studio è stato la caratterizzazione dell’infiltrato linfocitario tumorale in pazienti con carcinoma del pancreas resecati in prima battuta e dopo trattamento chemioterapico.
Gli obiettivi secondari consistono nella valutazione di un possibile ruolo prognostico dell’infiltrato infiammatorio stesso, nella determinazione della prevalenza di instabilità microsatellitare e la valutazione del suo impatto prognostico e la correlazione del grado di regressione tumorale (TRG) dopo chemioterapia con l’infiltrato linfocitario.
Sono stati arruolati nello studio pazienti con diagnosi di tumore pancreatico in sta-dio I-III sottoposti a chirurgia tra il dicembre del 2010 e giugno 2019 e seguiti presso il Polo Oncologico dell’Azienda Ospedaliero-Universitaria Pisana (AOUP). Le sottopopolazioni linfocitarie sono state identificate tramite test immunoistichimico (IHC) con anticorpi per CD3, CD4, CD8 e CD45RO e sono state valutate in modo semiquantitativo a livello dello stroma tumorale e ghiandolare dividendo l’espressione in 4 classi (0 = TIL ≤ 5%; 1 = 6% ≤ TIL ≤ 25%; 2 = 26% ≤ TIL ≤ 50%; 3 = 51% ≤ TIL ≤ 75%; 4 = TIL ≥ 76%.). La valutazione dell’instabilità microsatellitare è stata condotta tramite analisi IHC delle proteine MLH1, PMS2, MSH2 e MSH6. Le analisi immunoistochimiche sono state condotte presso la UO Anatomia Patologica 3 dell’AOUP.
La nostra casistica comprendeva un totale di 119 pazienti divisi in due gruppi differenti, 82 pazienti con malattia resecabile trattati con chirurgia immediata e 37 pazienti con malattia borderline resectable/localmente avanzata trattati con chemioterapia neoadiuvante secondo schema FOLFIRINOX e successivo intervento chirurgico.
L’infiltrato linfocitario è stato valutato su un totale di 64 pazienti del primo gruppo e 25 del secondo gruppo, a causa del rallentamento dello studio per l’emergenza sanitaria. L’instabilità dei microsatelli è stata valutata su 81 pazienti del primo gruppo dove solo in 4 avevano fenotipo con alta instabilità microsatellitare (MSI-high), e su 36 del secondo gruppo dove tutti hanno mostrato fenotipo con microtaselliti stabili (MSS).
Ad un follow up mediano di 40.8 mesi nei pazienti sottoposti a chirurgia immediata la OS da chirurgia è stata di 36.3 mesi (IC 95% 28.9 – 43.6) e la sopravvivenza libera da malattia (DFS) mediana è stata di 15.9 mesi (IC 95% 8.9 – 22.9).
Ad un follow up mediano di 45.2 mesi, tra i 37 pazienti sottoposti a trattamento neoadiuvante e successivo trattamento chirurgico la OS mediana dall’inizio della chemioterapia primaria è stata di 23.2 mesi (IC 95% 17.3 – 29.1), la sopravvivenza libera da progressione (PFS) mediana di 16 mesi (IC 95% 12.6 – 19.4), la DFS mediana di 9.3 mesi (IC 95% 4.6 – 14) e la OS mediana da chirurgia di 14.5 mesi (IC 95% 9.5 – 19.6).
In prima battuta abbiamo preso in considerazione la valutazione dell’infiltrato stromale nel gruppo di pazienti che non sono stati sottoposti a trattamento neoadiuvante. In entrambi i gruppi in esame l’infiltrato linfocitario ha mostrato una distribuzione simile con una correlazione positiva tra le varie classi di linfociti nelle due coorti (p < 0.05) con la maggior parte dei pazienti che presentava valori inter-medi e solo in pochi avevano valori alti o molto bassi. Si è osservata una correlazione positiva (p<0.001) tra i valori di CD3 e quelli di CD4, CD8 e CD45R0. L’infiltrato di linfociti CD3+ determina un significativo impatto prognostico in termini di OS (OS mediana da chirurgia 11.7 mesi vs 36.3 vs NA rispettivamente per infiltrato ≤5%, per infiltrato di 6 – 50 % e per i ≥50%, p=0.005), ), di DFS (mediana di 1.9 mesi vs 15.9 vs NA rispettivamente per infiltrato ≤5%, per infiltrato di 6 – 50% e per i ≥ 50% , p = 0.005) e di OS da malattia metastatica (mediana di 9 mesi vs 12 vs NAa rispettivamente per infiltrato ≤5%, per infiltrato di 6 – 50% e ≥50% in cui 3 casi erano ancora vivi a 30 mesi , p = 0.032).
Per quanto riguarda i linfociti T CD45RO è stata osservata una forte correlazione in termini di sopravvivenza sia in termini di OS (mediana di 5.9 mesi vs 33.4 vs NA rispettivamente per infiltrato ≤5%, per infiltrato di 6 – 75% e ≥ 75%, p < 0.001) sia nella DFS (mediana di 1.7 mesi vs 15.9 vs 32.8 rispettivamente per infiltrato ≤5%, per infiltrato di 6 – 75% e ≥ 75%, p<0.001).
Considerando i linfociti T CD4 si è evidenziato un ruolo prognostico per quanto ri-guarda la OS (mediana di 11.7 mesi vs 36.3 vs NA rispettivamente per infiltrato ≤5%, per infiltrato di 6 – 75% e ≥ 75%, p= 0.01). Considerando i linfociti T CD8 è stato osservato un impatto dell’infiltrato in termini di OS (mediana di 15.2 mesi vs 36.3 vs NA rispettivamente per infiltrato ≤5%, per infiltrato di 6 – 50% e ≥ 50%, p=0.017). Nella valutazione delle singole popolazioni linfocitarie dell’infiltrato ghiandolare non è emerso alcun dato statisticamente significativo in termini di sopravvivenza, con valori ben oltre il limite di positività p = 0.05. Dato l’importante ruolo prognostico evidenziato dalla presenza delle singole popolazioni linfocitarie abbiamo costruito un “total score” stromale considerato come somma dei singoli infiltrati, sud-dividendo i pazienti in 3 categorie (5 pazienti con valore =0 quindi con infiltrato ≤5% per tutte le categorie di linfociti esaminate, 53 con valore 1-11 ovvero con infiltrato intermedio e 3 ≥ 12, ovvero i pazienti con infiltrato almeno ≥50% in tutte le categorie linfocitarie). L’analisi univariata ha confermato il valore prognostico dell’infiltrato in termini di OS (5 mesi vs 32.7 mesi vs NA nei pazienti con infiltrato basso, intermedio e alto rispettivamente, p < 0.001) e di DFS (1.7 mesi vs 15.9 mesi vs NA nei pazienti con infiltrato basso, intermedio e alto rispettivamente, p < 0.001). Il valore prognostico dell’infiltrato stromale è stato testato all’analisi multivariata per OS insieme a interessamento linfonodale, grading e radicalità chirurgica (parametri risultati significativi all’analisi univariata) e ha mantenuto il suo valore prognostico indipendente (HR 9.03 IC 95% 2.58 – 31.61, p = 0.001), confermando un ri-schio di morte 9 volte maggiore nei pazienti che hanno un infiltrato linfocitario scarso/assente. Anche per quanto riguarda la DFS all’analisi multivariata considerando anche interessamento linfonodale, istotipo e radicalità chirurgica, l’infiltrato ha mantenuto il suo valore prognostico indipendente (HR 31.3 IC 95% 4.91-109.67, p = 0.0002) con un rischio di recidiva 31 volte maggiore per i pazienti che presentano un infiltrato linfocitario scarso/assente. Nei pazienti sottoposti a chirurgia dopo chemioterapia neoadiuvante né l’infiltrato stromale né quello ghiandolare sono risultati correlati con gli outcome di sopravvivenza (p>0.05) e non sono emerse correlazioni con il numero di cicli di chemioterapia. Non è emerso alcun impatto prognostico significatovo dell’instabilità microsatellitare nella nostra coorte di pazienti.
Possiamo pertanto concludere che nei pazienti con tumore del pancreas resecabile l’infiltrato linfocitario rappresentano un fattore prognostico indipendente in termini di sopravvivenza globale (OS) e sopravvivenza libera da malattia (DFS). Dal nostro studio, infatti, emerge che i valori bassi di infiltrato linfocitario influenzano negativamente la sopravvivenza, associandosi ad un maggiore rischio di recidiva dopo resezione chirurgica e mortalità precoce. Al contrario, alti livelli di infiltrato linfocitario sono associati ad outcome favorevole, pertanto la caratterizzazione dell’infiltrato linfocitario potrebbe essere presa in considerazione durante l’esame istologico della neoplasia per attribuire un più preciso indice prognostico e per impostare strategie terapeutiche personalizzate. Lo status dei microsatelliti non ha portato a risultati soddisfacenti, ma un eventuale aumento della casistica potrebbe portare a risultati più veritieri. Gli stessi risultati purtroppo non si sono avuti nei pazienti con neoplasia localmente avanzata che si sono dovuti sottoporre a trattamento neoadiuvante con FOLFIRINOX, ma i risultati potrebbero dipendere dalla casistica limitata analizzata, che a causa dell’emergenza nazionale ha subito una ulteriore scrematura. Trattandosi di dati preliminari, un ulteriore studio magari ampliando la casistica ed andare a caratterizzare ulteriormente l’immunofenotipo tumorale analizzando anche altre cellule coinvolte nell’immunità come i macrofagi M2, il cui ruolo è immunosoppressivo, potrebbe portare a risultati ancora più attendibili.
Gli obiettivi secondari consistono nella valutazione di un possibile ruolo prognostico dell’infiltrato infiammatorio stesso, nella determinazione della prevalenza di instabilità microsatellitare e la valutazione del suo impatto prognostico e la correlazione del grado di regressione tumorale (TRG) dopo chemioterapia con l’infiltrato linfocitario.
Sono stati arruolati nello studio pazienti con diagnosi di tumore pancreatico in sta-dio I-III sottoposti a chirurgia tra il dicembre del 2010 e giugno 2019 e seguiti presso il Polo Oncologico dell’Azienda Ospedaliero-Universitaria Pisana (AOUP). Le sottopopolazioni linfocitarie sono state identificate tramite test immunoistichimico (IHC) con anticorpi per CD3, CD4, CD8 e CD45RO e sono state valutate in modo semiquantitativo a livello dello stroma tumorale e ghiandolare dividendo l’espressione in 4 classi (0 = TIL ≤ 5%; 1 = 6% ≤ TIL ≤ 25%; 2 = 26% ≤ TIL ≤ 50%; 3 = 51% ≤ TIL ≤ 75%; 4 = TIL ≥ 76%.). La valutazione dell’instabilità microsatellitare è stata condotta tramite analisi IHC delle proteine MLH1, PMS2, MSH2 e MSH6. Le analisi immunoistochimiche sono state condotte presso la UO Anatomia Patologica 3 dell’AOUP.
La nostra casistica comprendeva un totale di 119 pazienti divisi in due gruppi differenti, 82 pazienti con malattia resecabile trattati con chirurgia immediata e 37 pazienti con malattia borderline resectable/localmente avanzata trattati con chemioterapia neoadiuvante secondo schema FOLFIRINOX e successivo intervento chirurgico.
L’infiltrato linfocitario è stato valutato su un totale di 64 pazienti del primo gruppo e 25 del secondo gruppo, a causa del rallentamento dello studio per l’emergenza sanitaria. L’instabilità dei microsatelli è stata valutata su 81 pazienti del primo gruppo dove solo in 4 avevano fenotipo con alta instabilità microsatellitare (MSI-high), e su 36 del secondo gruppo dove tutti hanno mostrato fenotipo con microtaselliti stabili (MSS).
Ad un follow up mediano di 40.8 mesi nei pazienti sottoposti a chirurgia immediata la OS da chirurgia è stata di 36.3 mesi (IC 95% 28.9 – 43.6) e la sopravvivenza libera da malattia (DFS) mediana è stata di 15.9 mesi (IC 95% 8.9 – 22.9).
Ad un follow up mediano di 45.2 mesi, tra i 37 pazienti sottoposti a trattamento neoadiuvante e successivo trattamento chirurgico la OS mediana dall’inizio della chemioterapia primaria è stata di 23.2 mesi (IC 95% 17.3 – 29.1), la sopravvivenza libera da progressione (PFS) mediana di 16 mesi (IC 95% 12.6 – 19.4), la DFS mediana di 9.3 mesi (IC 95% 4.6 – 14) e la OS mediana da chirurgia di 14.5 mesi (IC 95% 9.5 – 19.6).
In prima battuta abbiamo preso in considerazione la valutazione dell’infiltrato stromale nel gruppo di pazienti che non sono stati sottoposti a trattamento neoadiuvante. In entrambi i gruppi in esame l’infiltrato linfocitario ha mostrato una distribuzione simile con una correlazione positiva tra le varie classi di linfociti nelle due coorti (p < 0.05) con la maggior parte dei pazienti che presentava valori inter-medi e solo in pochi avevano valori alti o molto bassi. Si è osservata una correlazione positiva (p<0.001) tra i valori di CD3 e quelli di CD4, CD8 e CD45R0. L’infiltrato di linfociti CD3+ determina un significativo impatto prognostico in termini di OS (OS mediana da chirurgia 11.7 mesi vs 36.3 vs NA rispettivamente per infiltrato ≤5%, per infiltrato di 6 – 50 % e per i ≥50%, p=0.005), ), di DFS (mediana di 1.9 mesi vs 15.9 vs NA rispettivamente per infiltrato ≤5%, per infiltrato di 6 – 50% e per i ≥ 50% , p = 0.005) e di OS da malattia metastatica (mediana di 9 mesi vs 12 vs NAa rispettivamente per infiltrato ≤5%, per infiltrato di 6 – 50% e ≥50% in cui 3 casi erano ancora vivi a 30 mesi , p = 0.032).
Per quanto riguarda i linfociti T CD45RO è stata osservata una forte correlazione in termini di sopravvivenza sia in termini di OS (mediana di 5.9 mesi vs 33.4 vs NA rispettivamente per infiltrato ≤5%, per infiltrato di 6 – 75% e ≥ 75%, p < 0.001) sia nella DFS (mediana di 1.7 mesi vs 15.9 vs 32.8 rispettivamente per infiltrato ≤5%, per infiltrato di 6 – 75% e ≥ 75%, p<0.001).
Considerando i linfociti T CD4 si è evidenziato un ruolo prognostico per quanto ri-guarda la OS (mediana di 11.7 mesi vs 36.3 vs NA rispettivamente per infiltrato ≤5%, per infiltrato di 6 – 75% e ≥ 75%, p= 0.01). Considerando i linfociti T CD8 è stato osservato un impatto dell’infiltrato in termini di OS (mediana di 15.2 mesi vs 36.3 vs NA rispettivamente per infiltrato ≤5%, per infiltrato di 6 – 50% e ≥ 50%, p=0.017). Nella valutazione delle singole popolazioni linfocitarie dell’infiltrato ghiandolare non è emerso alcun dato statisticamente significativo in termini di sopravvivenza, con valori ben oltre il limite di positività p = 0.05. Dato l’importante ruolo prognostico evidenziato dalla presenza delle singole popolazioni linfocitarie abbiamo costruito un “total score” stromale considerato come somma dei singoli infiltrati, sud-dividendo i pazienti in 3 categorie (5 pazienti con valore =0 quindi con infiltrato ≤5% per tutte le categorie di linfociti esaminate, 53 con valore 1-11 ovvero con infiltrato intermedio e 3 ≥ 12, ovvero i pazienti con infiltrato almeno ≥50% in tutte le categorie linfocitarie). L’analisi univariata ha confermato il valore prognostico dell’infiltrato in termini di OS (5 mesi vs 32.7 mesi vs NA nei pazienti con infiltrato basso, intermedio e alto rispettivamente, p < 0.001) e di DFS (1.7 mesi vs 15.9 mesi vs NA nei pazienti con infiltrato basso, intermedio e alto rispettivamente, p < 0.001). Il valore prognostico dell’infiltrato stromale è stato testato all’analisi multivariata per OS insieme a interessamento linfonodale, grading e radicalità chirurgica (parametri risultati significativi all’analisi univariata) e ha mantenuto il suo valore prognostico indipendente (HR 9.03 IC 95% 2.58 – 31.61, p = 0.001), confermando un ri-schio di morte 9 volte maggiore nei pazienti che hanno un infiltrato linfocitario scarso/assente. Anche per quanto riguarda la DFS all’analisi multivariata considerando anche interessamento linfonodale, istotipo e radicalità chirurgica, l’infiltrato ha mantenuto il suo valore prognostico indipendente (HR 31.3 IC 95% 4.91-109.67, p = 0.0002) con un rischio di recidiva 31 volte maggiore per i pazienti che presentano un infiltrato linfocitario scarso/assente. Nei pazienti sottoposti a chirurgia dopo chemioterapia neoadiuvante né l’infiltrato stromale né quello ghiandolare sono risultati correlati con gli outcome di sopravvivenza (p>0.05) e non sono emerse correlazioni con il numero di cicli di chemioterapia. Non è emerso alcun impatto prognostico significatovo dell’instabilità microsatellitare nella nostra coorte di pazienti.
Possiamo pertanto concludere che nei pazienti con tumore del pancreas resecabile l’infiltrato linfocitario rappresentano un fattore prognostico indipendente in termini di sopravvivenza globale (OS) e sopravvivenza libera da malattia (DFS). Dal nostro studio, infatti, emerge che i valori bassi di infiltrato linfocitario influenzano negativamente la sopravvivenza, associandosi ad un maggiore rischio di recidiva dopo resezione chirurgica e mortalità precoce. Al contrario, alti livelli di infiltrato linfocitario sono associati ad outcome favorevole, pertanto la caratterizzazione dell’infiltrato linfocitario potrebbe essere presa in considerazione durante l’esame istologico della neoplasia per attribuire un più preciso indice prognostico e per impostare strategie terapeutiche personalizzate. Lo status dei microsatelliti non ha portato a risultati soddisfacenti, ma un eventuale aumento della casistica potrebbe portare a risultati più veritieri. Gli stessi risultati purtroppo non si sono avuti nei pazienti con neoplasia localmente avanzata che si sono dovuti sottoporre a trattamento neoadiuvante con FOLFIRINOX, ma i risultati potrebbero dipendere dalla casistica limitata analizzata, che a causa dell’emergenza nazionale ha subito una ulteriore scrematura. Trattandosi di dati preliminari, un ulteriore studio magari ampliando la casistica ed andare a caratterizzare ulteriormente l’immunofenotipo tumorale analizzando anche altre cellule coinvolte nell’immunità come i macrofagi M2, il cui ruolo è immunosoppressivo, potrebbe portare a risultati ancora più attendibili.
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