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Archivio digitale delle tesi discusse presso l’Università di Pisa

Tesi etd-08122014-171603


Tipo di tesi
Tesi di laurea magistrale
Autore
D'EUGENIO, CAMILLA
URN
etd-08122014-171603
Titolo
Studi preliminari sulla qualita' delle acque superficiali in aree di drenaggi minerari: il caso del bacino idrografico del Torrente Baccatoio (Versilia, Toscana)
Dipartimento
SCIENZE DELLA TERRA
Corso di studi
SCIENZE E TECNOLOGIE GEOLOGICHE
Relatori
relatore Petrini, Riccardo
correlatore Giannecchini, Roberto
Parole chiave
  • analisi chimiche di acque
  • drenaggi acidi
Data inizio appello
26/09/2014
Consultabilità
Completa
Riassunto
Argomento di questo lavoro di Tesi è la caratterizzazione della contaminazione delle acque del Torrente Baccatoio – Fosso Motrone nell’area Versilia nel contesto delle dinamiche attive nell’ecosistema e delle influenze sul destino di una serie di contaminanti, in particolare il tallio. La parte collinare-montana del bacino del Torrente Baccatoio, tra gli abitati di Valdicastello Carducci e S. Anna di Stazzema, è infatti interessata da un articolato sistema di miniere ormai abbandonate (Monte Arsiccio, Pollone), che danno luogo a significativi quantitativi di drenaggi acidi che si immettono nella rete idrica naturale. Lo studio ha messo in evidenza che la sorgente della contaminazione è da individuarsi nel rilascio di elementi tossici e potenzialmente tossici associati ai fenomeni di ossidazione della mineralizzazione a solfuri che caratterizza tali aree minerarie.
L’attività mineraria è una tra le attività industriali che maggiormente possono danneggiare, inquinare e modificare il territorio, in quanto comporta la modificazione del paesaggio naturale, con creazione di morfologie instabili soggette a crolli, ma soprattutto l’esposizione all’ambiente esogeno di vaste aree di rocce mineralizzate e di sottoprodotti di trattamento, che producono importanti impatti sull’ecosistema. L’impatto più rilevante, insieme all’acidità delle acque, è la dispersione nell’ambiente di elementi tossici, principalmente “metalli pesanti”, intendendo con questo termine descrittivo elementi come Fe, Cu, Pb, Zn, Tl, Cd, As, Cr e Ni, quindi sia metalli che metalloidi. La dispersione di questi elementi può essere veicolata, per via meccanica o per via chimica, attraverso la fase acquosa; il secondo caso riveste particolare importanza nei processi di alterazione dei minerali presenti nelle aree sorgenti della contaminazione. Il fattore di rischio ambientale dipende in maniera determinante non solo dalla concentrazione assoluta degli elementi tossici presenti nella sorgente, ma anche dalle proprietà chimiche e fisiche delle fasi in cui i metalli si trovano. Elementi concentrati ma scarsamente mobili vengono dispersi una volta che la roccia che li contiene viene frantumata, polverizzata ed esposta agli agenti atmosferici; nel caso dei solfuri questo processo di alterazione implica reazioni di ossidazione e di acidificazione (neutralizzate efficacemente solo in ambiente carbonatico) che portano in soluzione i metalli pesanti.
Nella maggior parte dei giacimenti, gli elementi potenzialmente tossici si trovano principalmente nei solfuri come galena, sfalerite, calcopirite e arsenopirite, che spesso sono accompagnati da solfuri di ferro come pirite, marcasite o pirrotina. Tali solfuri si sono formati in ambienti riducenti e a temperature e pressioni più alte rispetto a quelle dell’ambiente supergenico. Quando questi minerali si vengono a trovare a contatto con l’atmosfera, diventano termodinamicamente instabili e dunque tendono ad un riequilibrio con le nuove condizioni ambientali. Le reazioni che portano a condizioni termodinamiche più stabili sono funzione di vari fattori chimici, fisici e mediati da processi biologici, con cinetiche anche molto variabili. Il principale processo geochimico responsabile della dispersione dei metalli pesanti è l’ossidazione (e idrolisi) dei solfuri, che porta alla solubilizzazione degli elementi tossici e potenzialmente tossici. I solfuri di Fe giocano un ruolo importante nelle solubilizzazioni; infatti, la loro alterazione produce un ambiente tipicamente acido, con formazione, a seconda delle condizioni di pH e la misura di ossido-riduzione (Eh), di una vasta gamma di ossi-idrossidi e/o solfati di Fe.
Il meccanismo di ossidazione della pirite è stato ampiamente studiato e, tuttavia, rimane ancora non del tutto chiarito. Secondo uno schema comunemente accettato, il processo i ossidazione da parte dell’ossigeno può essere rappresentato da una reazione del tipo:

FeS2(S) + 7/2 O2(aq) + H2O(l) → Fe2+ (aq) + 2SO4 2- (aq) + 2 H + (aq)

La reazione è esotermica (1409 KJ/mole). Il Fe2+(aq) rilasciato dall’ossidazione del solfuro può essere ulteriormente ossidato sia per reazioni abiotiche (pH > 4) che biotiche (pH < 4), rispettivamente:
Fe2+ +0.25O2 +H2O - Fe3+ +0.5H2O
Fe2+batteri-Fe3+ + e-

I microrganismi che possono catalizzare la reazione appartengono generalmente al genere Acidithiobacillus; questi ricavano C da CO2 ed ossidano il ferro ferroso che rappresenta quindi il donatore di elettroni, riducendo l’ossigeno che ha il ruolo di accettore
Il ferro ferrico prodotto può a sua volta accelerare l’ossidazione del solfuro generando ulteriore acidità:
FeS2(S) + 8H2O(l)+ 14Fe3+(aq) → 15Fe 2+(aq) + 2SO42- (aq) + 16 H+(aq)

ed il processo viene reiterato. In un ampio intervallo di pH, ma comunque tendente verso condizioni di neutralità, il ferro ferrico può precipitare come idrossido, generando a sua volta acidità, con una reazione del tipo:
Fe3+ + 2H2O- FeOOH+3H+
oppure, in funzione del pH e del contenuto in ione solfato, possono precipitare jarosite e schwertmannite. La prima può ulteriormente convertirsi in goethite FeOOH, con ulteriore produzione di acidità.
E’ da notare che la cinetica di ossidazione della pirite da parte del ferro ferrico è leggermente inferiore rispetto alla ossidazione del ferro ferroso da parte dei batteri; dunque, l’ossidazione della pirite avviene con una cinetica determinata dall’accrescimento delle popolazioni batteriche stesse.
Ad un valore di pH minore circa di 2 ed alle opportune condizioni di potenziale di ossido-riduzione il Fe3+ può rimanere in soluzione.
L’ossidazione della pirite e dei solfuri in generale, ed i processi connessi, producono quindi drenaggi di acque acide (acid mine drainage); le condizioni di basso pH favoriscono le elevate concentrazioni di metalli e metalloidi in soluzione.
La parte alta del bacino del Torrente Baccatoio è principalmente caratterizzata da rocce filladiche del basamento Paleozoico dell’Unità di Massa (sottobacino del Canale dei Molini) e da rocce calcareo-dolomitiche; localmente sono presenti depositi alluvionali grossolani cementati. Nel tratto vallivo il fiume incide le proprie alluvioni costituite in prevalenza da ghiaie e sabbie.
I due rami principali che alimentano il Baccatoio sono il Canale di Fondo, alimentato da alcune sorgenti sia stagionali che perenni, ma con modesta portata nei periodi di scarse precipitazioni meteoriche, ed il Canale dei Molini, detto anche Canale Sant’Anna, che scende dalle Miniere del Monte Arsiccio. I due canali si uniscono nel paese di Valdicastello, dando origine al Torrente Baccatoio.
Nel corso del lavoro di Tesi, in ciascuna stazione di campionamento, nelle aree dei drenaggi e lungo il percorso del torrente, è stata misurata la temperatura dell’acqua, eventualmente riferita anche alla temperatura dell’aria, Il pH, il potenziale di ossido-riduzione (Eh) e la conducibilità elettrica (riportata a 20 °C). Al momento dei campionamenti è stata inoltre misurata la quantità di ossigeno disciolto (mg/L), dopo opportuna correzione per la salinità quando necessario, e la saturazione in ossigeno. In laboratorio è stata Immediatamente misurata l’alcalinità, quando le condizioni di pH delle acque lo richiedevano. Le analisi degli ioni maggiori e tracce sono state ottenute tramite cromatografia ionica e spettroscopia con plasma ad accoppiamento induttivo-spettrometria di massa. Le analisi isotopiche di O-H sulle acque e precipitazioni meteoriche e i dati isotopici dello Sr su campioni selezionati sono state determinate tramite spettrometria di massa.
I dati isotopici di O-H ottenuti con campionamenti mensili sulle precipitazioni meteoriche attraverso un pluviometro specifico posto in località Sant’Anna di Stazzema (a quota 660 m s.l.m), e sulle acque del Torrente Baccatoio e dei drenaggi, hanno messo in evidenza come gli apporti principali di contaminanti siano attribuibili ai drenaggi stessi piuttosto che agli effetti di rilascio dagli accumuli di sterili nelle discariche dell’Arsiccio e Pollone; questo è particolarmente rilevante nei periodi di intense precipitazioni meteoriche, quando, per probabili effetti pistone, si attiva una intensa circolazione sotterranea che interessa le aree minerarie dismesse.
Una volta immessi nell’ecosistema superficiale del Torrente Baccatoio, una serie di processi connessi principalmente con le variazioni di pH ad opera della componente carbonatica che costituisce l’alveo attivo o di affluenti di acque calcio-bicarbonatiche comporta l’innesco di fenomeni di precipitazione di ossidi e idrossidi di ferro, anche con componenti a solfato, che determinano il destino e l’abbattimento di una serie di contaminanti, in particolare arsenico, per processi di adsorbimento. Questi fenomeni fanno sì che la qualità delle acque del torrente in corrispondenza dell’abitato di Valdicastello Carducci sia mediamente buona nel corso dell’anno idrologico, pur con frequenti caratteristiche di elevata torbidità. Tuttavia, le marcate variazioni di portata che caratterizzano il corso d’acqua in funzione della stagionalità e che comportano flusso in subalveo nei periodi di magra e trasporto di particellato fino alla zona di foce nei periodi di piena, determinano una ridistribuzione sull’alveo dello stesso Fosso Motrone, prosecuzione del Torrente Baccatoio nella parte terminale verso la foce, del carico sospeso di ossidi e idrossidi di ferro: le variazioni delle caratteristiche chimico-fisiche dell’ecosistema acquatico nella piana possono portare alla dissoluzione di questi precipitati ed a fenomeni di desorbimento, con rilascio dei contaminanti. In questo contesto, in aggiunta alle zone sorgenti della contaminazione, lo stesso alveo del Torrente Baccatoio – Fosso Motrone può divenire una ampia area di rilascio di specie tossiche e potenzialmente tossiche alla fase acquosa. I fenomeni di precipitazione si complicano nella zona di foce, dove il il Fosso Motrone riceve contributi di locali canali di bonifica e verosimilmente anche a causa degli effetti osservati di intrusione salina che condizionano la formazione e stabilità dei precipitati.
In questo contesto, è stato osservato come il tallio abbia un comportamento caratteristico rispetto ad altri contaminanti ed una natura quasi-conservativa in fase acquosa; infatti, la sua distribuzione è condizionata solo in parte dai cicli di precipitazione di ossidi e idrossidi di ferro, e permane quindi nella fase acquosa prevalentemente nella forma Tl(I). Queste specie possono disperdersi e partizionarsi nella specie vegetali e dunque arrivare al biota attraverso il rilascio dal suolo. I dati preliminari raccolti in alcuni pozzi presenti sul conoide del Baccatorio non mostrano attualmente concentrazioni di allarme di tallio nelle falde acquifere in probabile collegamento con il sistema idrico del Baccatoio; tuttavia, il problema della contaminazione dal tallio è rilevante nell’alto corso del torrente e richiede opportune indagini per quanto riguarda le captazioni di risorse idropotabili nella zona.
Gli interessanti risultati emersi da questo studio preliminare ne richiedono pertanto un adeguato approfondimento, sia per caratterizzare meglio le acque dei drenaggi e le acque superficiali del sistema del Baccatoio, in diverse condizioni idrodinamiche, sia per capirne gli eventuali rapporti con le falde acquifere della piana, anche in considerazione del fatto che nella zona, sia a monte che a valle, sono presenti diverse captazioni di acqua per uso idropotabile.