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Archivio digitale delle tesi discusse presso l'Università di Pisa

Tesi etd-08062011-131213


Tipo di tesi
Tesi di laurea magistrale
Autore
BALESTRINI, LINDA
URN
etd-08062011-131213
Titolo
Le cellule staminali delle planarie come strumento per valutare in vivo gli effetti di prodotti farmacologicamente attivi di origine naturale: berberina e chelidonina
Dipartimento
SCIENZE MATEMATICHE, FISICHE E NATURALI
Corso di studi
BIOLOGIA MOLECOLARE E CELLULARE
Relatori
correlatore Prof. Deri, Paolo
relatore Prof.ssa Batistoni, Renata
correlatore Dott.ssa Bianucci, Anna Maria
Parole chiave
  • Planaria
  • cellule staminali
  • Berberina
  • Chelidonina
Data inizio appello
29/09/2011
Consultabilità
Non consultabile
Data di rilascio
29/09/2051
Riassunto
Le planarie (Platelminti, Tricladi) vengono ampiamente utilizzate a livello sperimentale a causa della loro plasticità corporea e delle notevoli capacità rigenerative. Queste proprietà sono dovute alla presenza di cellule staminali pluripotenti (neoblasti), che popolano il mesenchima di questi organismi. Recenti studi dimostrano che queste cellule condividono aspetti fondamentali della loro biologia con le cellule staminali dei Mammiferi. L’accessibilità sperimentale dei neoblasti rende questi invertebrati un modello animale unico per valutare in vivo i meccanismi che controllano la rigenerazione e l’omeostasi tissutale, processi entrambi fondamentali per la sopravvivenza della maggior parte degli organismi. Le peculiarità delle planarie permettono di utilizzare questo modello animale per analizzare in vivo come le cellule staminali adulte rispondono a trattamenti farmacologici, sia mediante l’analisi delle variazioni del profilo di espressione genica che l’induzione di eventi apoptotici o differenziativi.
Berberina e chelidonina sono due alcaloidi di origine vegetale dotati di notevoli proprietà farmacologiche. L’azione terapeutica di queste due sostanze è stata descritta per un’ampia varietà di malattie. La berberina è nota per l’attività antimicrobica e immunostimolatoria e gioca un ruolo fondamentale nella regolazione della proliferazione cellulare e dell’apoptosi, interagendo con importanti vie di trasduzione del segnale come, per esempio, il pathway dell’AMPK. La chelidonina è stata ampiamente studiata per le sue proprietà antiproliferative, dovute alla sua capacità di inibire la polimerizzazione della tubulina e per la sua attività proapoptotica. Nonostante gli effetti di tali sostanze siano stati ampiamente studiati in vitro, sono pochi i dati disponibili in vivo sul loro ruolo regolatorio nel controllo dei segnali proliferativi, apoptotici e di differenziamento cellulare.
Durante il mio lavoro di tesi ho messo a punto un protocollo per testare l’azione della chelidonina e berberina in vivo nella planaria Dugesia japonica, un ceppo clonale che mostra un tasso di crescita estremamente elevato e un’ampia risposta ai farmaci. Dall’analisi dei fenotipi morfologici che ho condotto sia su animali intatti che rigeneranti risulta evidente che il trattamento con chelidonina causa anomalie morfologiche e un ritardo del processo rigenerativo. Questi dati suggeriscono un possibile coinvolgimento di questa sostanza nel mantenimento delle cellule staminali di planaria, sia durante l’omeostasi tissutale che durante la rigenerazione. Per influenzare questa ipotesi ho condotto esperimenti di ibridazione in situ e Real-Time RT-PCR, che hanno dimostrato una drastica diminuzione di marcatori molecolari di cellule staminali in proliferazione, confermando che la chelidonina svolge un ruolo anti-proliferativo, dose dipendente, sulle cellule staminali di planaria. Dall’analisi del rapporto tra il numero di metafasi e anafasi/telofasi è emerso che negli animali trattati con chelidonina molte cellule sembrano essere bloccate in metafase, suggerendo che, analogamente a quanto osservato in vitro, questa sostanza agisca sulla polimerizzazione della tubulina. In modo simile a quello utilizzato per la chelidonina ho analizzato l’attività della berberina. Dall’analisi dei fenotipi morfologici ho osservato che gli effetti di questa sostanza sono strettamente correlati alla sua concentrazione; a dosi elevate gli animali mostrano un’evidente riduzione della dimensione del blastema, che suggerisce una diminuzione della proliferazione durante l’evento rigenerativo. A dosi più basse sembra che gli animali non mostrino alterazioni evidenti. Ulteriori esperimenti sono necessari per chiarire l’effetto della berberina e del suo dosaggio sul comportamento delle cellule staminali di planaria. Una volta chiariti i potenziali effetti di questi due alcaloidi, lo studio e l’identificazione dei meccanismi biologici con cui queste sostanze agiscono a livello delle cellule staminali, potrebbe avere importanti risvolti non solo per la loro applicazione nella terapia antitumorale, ma anche per una possibile applicazione nella medicina rigenerativa.
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