Tesi etd-08042008-154842 |
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Tipo di tesi
Tesi di laurea specialistica
Autore
LAI, CLAUDIA
URN
etd-08042008-154842
Titolo
Lo spazio assoluto e gli opposti incongruenti: sul saggio kantiano del 1768
Dipartimento
LETTERE E FILOSOFIA
Corso di studi
FILOSOFIA E FORME DEL SAPERE
Relatori
Relatore Prof. Barale, Giuliano Massimo
Relatore Prof. Ferrarin, Alfredo
Relatore Prof. Ferrarin, Alfredo
Parole chiave
- concetto
- corrispondenza
- intuizione
- Leibniz
- Newton
- opposti inconguenti
- spazio assoluto
- tempo
Data inizio appello
22/09/2008
Consultabilità
Non consultabile
Data di rilascio
22/09/2048
Riassunto
Il lavoro che presentiamo si concentra su uno scritto kantiano "minore": Del primo fondamento della distinzione delle regioni nello spazio, uno scritto appartenente a quella che tradizionalmente viene riconosciuta come la fase precritica della riflessione di Kant e, forse proprio per questo, oggetto di una letteratura secondaria molto limitata, sia dal punto di vista dell’area geografica alla quale deve essere ascritta – ossia a quella statunitense, soprattutto in tempi recenti – sia dal punto di vista dell’attenzione rivolta alle tematiche presenti nel saggio, che spesso e volentieri, o per disinteresse o per difetto di analisi, vengono trascurate a tutto vantaggio dell’argomento dell’incongruenza, assunto, peraltro, da una prospettiva strettamente epistemologica. Nonostante l’appartenenza al periodo precritico e la ridotta estensione che, nell’edizione cui facciamo riferimento in questa indagine, non supera lo spazio di sette pagine, il saggio del ’68 deve, anzi, essere considerato di importanza capitale nel pensiero kantiano e nel suo sviluppo evolutivo, soprattutto per l’interesse che Kant rivolse già dagli anni sessanta al rapporto tra pensiero e realtà, tra concetti ed esperienza. Nel 1768, la realtà, di contro al pensiero, è lo spazio assoluto oggettivo, fondamento dell’oggettività dei nostri concetti, primo fra tutti del concetto che costituisce la materia specifica della scienza geometrica, e che, per lo stesso Kant, rappresenta il principio primo di tutte le percezioni esterne con cui conosciamo la molteplicità del reale. Lo spazio è, dunque, anche concetto fondamentale, cioè, appunto, oggettivo, con il quale soltanto possiamo concepire il mondo esterno a noi.
Attraverso i quattro capitoli che compongono la presente dissertazione affioreranno le tematiche implicite in questo breve saggio kantiano, a cominciare dal problema dell’evidenza del divenire e del molteplice sensibile, per toccare, poi, il rapporto di fondazione che il filosofo istituisce tra lo spazio e gli enti che in esso trovano la loro determinazione, concludendo, infine, con lo spinoso problema di una concezione di verità come corrispondenza tra quelle due realtà che Kant, sulla spinta di Crusius, si era preoccupato di mantenere ben distinte e separate: il pensiero e l’esistenza.
I primi due capitoli del nostro lavoro avranno il compito di riportare alla luce le fondamenta del discorso kantiano che, sulla base del dibattito tra Newton e Leibniz, si è innalzato come tentativo di confutare la tesi dell’idealità dello spazio, ascrivibile al secondo dei due pensatori. Non si tratta tanto di capitoli introduttivi, quanto piuttosto di sezioni volte a rinvenire dal sottosuolo del pensiero kantiano i resti di una antica città sepolta, eppure ben presente e atta a orientare ognora l’itinerario precritico verso la formulazione di un concetto di spazio che, per certi versi, ricorda quella raggiunta nella Dissertatio del 1770, o quantomeno mette in luce le ragioni che hanno portato al criticismo ivi contenuto. Si prenderanno in esame la teoria sostanzialista newtoniana e la teoria relazionale leibniziana al fine di mostrare le difficoltà interne all’una e all’altra, non solo dal punto di vista del pensiero generale e personale di ciascun pensatore, ma anche dal punto di vista teologico. Si useranno, dunque, le teorie dello spazio e del tempo come occasione per analizzare le questioni che rappresentano la cosa stessa della filosofia, tra le quali il problema della contingenza degli enti, quello della irrefutabilità del divenire, le antinomie del continuo, l’aporia dell’uno e dei molti, il rapporto tra il concetto di Ente supremo e quello di Essere, e le conseguenze distruttive di queste dottrine per la teologia tradizionale con la quale sono in uno stretto legame di giustificazione razionale. Tutte queste tematiche (ad eccezione, forse, del problema strettamente teologico) formano l’ossatura dello scritto kantiano del ’68, e al momento opportuno verranno riportate alla nostra attenzione, per esser messe in rapporto con lo specifico punto di vista precritico esposto nel saggio.
Gli ultimi due capitoli avranno per oggetto il breve scritto kantiano, del quale verrà proposta un’analisi, per certi versi, inusuale, in quanto incentrata su temi che nelle recenti indagini, soprattutto anglosassoni, non vengono menzionati, ma che tuttavia rendono questo scritto meritevole di un’attenzione e di un impegno analitico particolare. In primo luogo, si metterà in evidenza il rapporto ambivalente – analitico e sintetico – che Kant istituisce tra spazio assoluto ed estensione, e si mostreranno le ragioni che, a nostro avviso, hanno determinato tale ambivalenza: esse verranno riconosciute nel dualismo di concetto e oggetto, pensiero ed esistenza – connesso, in una certa misura, col problema della contingenza degli enti – e nell’esigenza di ricomporre e ricondurre il dualismo suddetto alla verità della corrispondenza. Delle ragioni che, secondo la nostra interpretazione, hanno guidato il discorso kantiano espresso nel breve scritto, verranno, infine, svolte le conseguenze estreme, e la nostra attenzione si sposterà sulla natura problematica di una teoria della verità che, partendo da un’originaria e netta distinzione tra pensiero ed esistenza, ha bisogno, per potersi realizzare, proprio dell’annullamento di quella distinzione, ha bisogno cioè di negare il presupposto su cui si fonda.
Verrà poi studiato l’argomento kantiano vero e proprio a favore della realtà oggettiva dello spazio assoluto: il nostro interesse verrà rivolto al concetto di regione, agli opposti incongruenti e alla confutazione che, per loro tramite, Kant oppone alla teoria relazionale. In quell’occasione verrà confrontato il problema della duplicità del rapporto tra spazio e posizione con il dualismo di concetto e oggetto, sì da far emergere da esso la natura altrettanto duplice o ambivalente della dimostrazione kantiana, determinata da due esigenze ugualmente forti ma speculari: ossia l’esigenza di tener ferma la distinzione di pensiero e realtà (e di spazio ed estensione o posizione), pur accogliendo un principio di verità che aborre ogni distinzione, quello di verità come corrispondenza dei nostri concetti con il dettato dei sensi.
Il nostro lavoro si chiuderà con l’analisi finale del significato profondo racchiuso nella conclusione della prova confutativa kantiana.
La nostra tesi rivolge un’attenzione circoscritta al saggio precritico, senza prendere in esame le critiche con le quali Kant inficerà la concezione di uno spazio assoluto e reale. La lettura può, ora, avere inizio.
Attraverso i quattro capitoli che compongono la presente dissertazione affioreranno le tematiche implicite in questo breve saggio kantiano, a cominciare dal problema dell’evidenza del divenire e del molteplice sensibile, per toccare, poi, il rapporto di fondazione che il filosofo istituisce tra lo spazio e gli enti che in esso trovano la loro determinazione, concludendo, infine, con lo spinoso problema di una concezione di verità come corrispondenza tra quelle due realtà che Kant, sulla spinta di Crusius, si era preoccupato di mantenere ben distinte e separate: il pensiero e l’esistenza.
I primi due capitoli del nostro lavoro avranno il compito di riportare alla luce le fondamenta del discorso kantiano che, sulla base del dibattito tra Newton e Leibniz, si è innalzato come tentativo di confutare la tesi dell’idealità dello spazio, ascrivibile al secondo dei due pensatori. Non si tratta tanto di capitoli introduttivi, quanto piuttosto di sezioni volte a rinvenire dal sottosuolo del pensiero kantiano i resti di una antica città sepolta, eppure ben presente e atta a orientare ognora l’itinerario precritico verso la formulazione di un concetto di spazio che, per certi versi, ricorda quella raggiunta nella Dissertatio del 1770, o quantomeno mette in luce le ragioni che hanno portato al criticismo ivi contenuto. Si prenderanno in esame la teoria sostanzialista newtoniana e la teoria relazionale leibniziana al fine di mostrare le difficoltà interne all’una e all’altra, non solo dal punto di vista del pensiero generale e personale di ciascun pensatore, ma anche dal punto di vista teologico. Si useranno, dunque, le teorie dello spazio e del tempo come occasione per analizzare le questioni che rappresentano la cosa stessa della filosofia, tra le quali il problema della contingenza degli enti, quello della irrefutabilità del divenire, le antinomie del continuo, l’aporia dell’uno e dei molti, il rapporto tra il concetto di Ente supremo e quello di Essere, e le conseguenze distruttive di queste dottrine per la teologia tradizionale con la quale sono in uno stretto legame di giustificazione razionale. Tutte queste tematiche (ad eccezione, forse, del problema strettamente teologico) formano l’ossatura dello scritto kantiano del ’68, e al momento opportuno verranno riportate alla nostra attenzione, per esser messe in rapporto con lo specifico punto di vista precritico esposto nel saggio.
Gli ultimi due capitoli avranno per oggetto il breve scritto kantiano, del quale verrà proposta un’analisi, per certi versi, inusuale, in quanto incentrata su temi che nelle recenti indagini, soprattutto anglosassoni, non vengono menzionati, ma che tuttavia rendono questo scritto meritevole di un’attenzione e di un impegno analitico particolare. In primo luogo, si metterà in evidenza il rapporto ambivalente – analitico e sintetico – che Kant istituisce tra spazio assoluto ed estensione, e si mostreranno le ragioni che, a nostro avviso, hanno determinato tale ambivalenza: esse verranno riconosciute nel dualismo di concetto e oggetto, pensiero ed esistenza – connesso, in una certa misura, col problema della contingenza degli enti – e nell’esigenza di ricomporre e ricondurre il dualismo suddetto alla verità della corrispondenza. Delle ragioni che, secondo la nostra interpretazione, hanno guidato il discorso kantiano espresso nel breve scritto, verranno, infine, svolte le conseguenze estreme, e la nostra attenzione si sposterà sulla natura problematica di una teoria della verità che, partendo da un’originaria e netta distinzione tra pensiero ed esistenza, ha bisogno, per potersi realizzare, proprio dell’annullamento di quella distinzione, ha bisogno cioè di negare il presupposto su cui si fonda.
Verrà poi studiato l’argomento kantiano vero e proprio a favore della realtà oggettiva dello spazio assoluto: il nostro interesse verrà rivolto al concetto di regione, agli opposti incongruenti e alla confutazione che, per loro tramite, Kant oppone alla teoria relazionale. In quell’occasione verrà confrontato il problema della duplicità del rapporto tra spazio e posizione con il dualismo di concetto e oggetto, sì da far emergere da esso la natura altrettanto duplice o ambivalente della dimostrazione kantiana, determinata da due esigenze ugualmente forti ma speculari: ossia l’esigenza di tener ferma la distinzione di pensiero e realtà (e di spazio ed estensione o posizione), pur accogliendo un principio di verità che aborre ogni distinzione, quello di verità come corrispondenza dei nostri concetti con il dettato dei sensi.
Il nostro lavoro si chiuderà con l’analisi finale del significato profondo racchiuso nella conclusione della prova confutativa kantiana.
La nostra tesi rivolge un’attenzione circoscritta al saggio precritico, senza prendere in esame le critiche con le quali Kant inficerà la concezione di uno spazio assoluto e reale. La lettura può, ora, avere inizio.
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