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Archivio digitale delle tesi discusse presso l'Università di Pisa

Tesi etd-07312012-172507


Tipo di tesi
Tesi di laurea magistrale
Autore
GUZZETTI, FRANCESCO
URN
etd-07312012-172507
Titolo
Ennio Morlotti e l'arte a Milano 1937-1954
Dipartimento
CIVILTA' E FORME DEL SAPERE
Corso di studi
STORIA E FORME DELLE ARTI VISIVE, DELLO SPETTACOLO E DEI NUOVI MEDIA
Relatori
relatore Dott. Patti, Mattia
Parole chiave
  • Morlotti arte Milano 1937 1954
Data inizio appello
17/09/2012
Consultabilità
Non consultabile
Data di rilascio
17/09/2052
Riassunto
“Di lui è stato scritto, ampiamente e con profonda passione, sulle pagine di questa rivista, da
Giovanni Testori; né molto gioverebbe ripetere, o variare. C'è da dir subito, soltanto, che negli anni dal 1938 al 1947 e ora (dopo la relativamente sfortunata parentesi picassiana), per potente e
rinnovata ripresa di vecchi temi, dal 1952 a oggi, egli si configura come il capostipite, l'interprete della radice più appoggiata, terrestre, basale, in quella nuova tendenza o rapporto di natura di cui
qui si son tentate, forse, non più che affannate registrazioni; o quasi, presentimenti. Lombardo, egli dice Foppa, Moretto, Caravaggio, Ceruti, con la convinzione più fonda...”1: con queste parole, nel 1954, Francesco Arcangeli pone Ennio Morlotti come primo termine della compagine de Gli ultimi
naturalisti.
Il rapporto con il critico bolognese segna un punto di svolta nella carriera di Morlotti, che da
quel fatidico articolo in poi progressivamente si struttura secondo un percorso coerente di
naturalismo di matrice lombarda.
La lontananza di Arcangeli dalle vicende artistiche milanesi degli anni Quaranta, per motivi innanzitutto geografici, ma anche per la naturale diffidenza nei confronti di certe dinamiche del contemporaneo da parte di uno studioso di formazione longhiana, costituisce negli anni l'asse su cui il pittore stesso ha cercato di ricostruire una propria biografia artistica cercando di rimuovere, al di là della produzione paesistica, le proprie opere degli esordi.
Si tratta tuttavia di un periodo cruciale, esteso dalla fine degli anni Trenta fino al 1953-54, che
incrocia e attraversa alcuni snodi fondamentali del dibattito artistico italiano (milanese in primis) del periodo, tra esigenze di un'arte impegnata e recupero di nuove e più internazionali fonti visive: influenzando il proprio ambiente nella stessa misura in cui ne viene influenzato, Morlotti è una figura che consente una ricostruzione precisa di alcuni momenti di passaggio dell'arte italiana a ridosso della Seconda Guerra Mondiale, attraverso un paziente lavoro di seriazione delle opere e di
ricerche bibliografiche e d'archivio che non è mai stato sistematicamente condotto.
Lo scopo di questo lavoro è di tentare una ricognizione su tutta la prima fase della carriera di Morlotti, un pittore tardivo, nato nel 1910 ma che lascia le sue prime prove nel 1937, anno anche
della sua prima partecipazione a una mostra, nella nativa Lecco, dedicata al paesaggio, e del suo
primo soggiorno a Parigi: un mese e mezzo circa, che gli consente però di vedere Guernica e
soprattutto, nelle mostre collaterali all'Esposizione Universale e nelle gallerie private, Cézanne.
La prima parte del lavoro è dedicata appunto al periodo 1937-1943, quando l'artista, al rientro
da Parigi, vincitore di una borsa di studio all'Accademia di Brera, si trasferisce a Milano: i primi anni sono segnati dal profondo e intenso dialogo soprattutto con i modelli di Cézanne e di Morandi.
Morlotti partecipa ad un contesto che a grandi linee si può ricondurre al gruppo di Corrente: è
un approccio graduale, che da una parte comporta l'assenza del nome del pittore sulla rivista del
movimento “Corrente di Vita Giovanile” (chiusa del resto nel 1940, troppo presto perché potesse
già essere noto in quell'ambiente), mentre dall'altra implica la sua partecipazione alla III e alla IV edizione del Premio Bergamo e poi, all'inizio del 1943, a una mostra alla Galleria della Spiga e Corrente, assieme a Cassinari e Treccani.
È importante di questa fase ricostruire il contesto: le forme del rapporto con Morandi (mediato dal collezionismo privato, in quegli anni molto valorizzato in Italia, dalla Galleria del Milione, vero fulcro di formazione per gli artisti di Brera, e dalle prime pubblicazioni), la distribuzione cronologica delle opere, a cominciare anche dalle prime due importanti serie di paesaggi (1939 e 1942) e dalla ciclo di Statue, le prime esposizioni e pubblicazioni in cui compare l'artista, il dialogo con gli artisti (Birolli, Cassinari, Guttuso e Treccani) e i critici (De Micheli e Testori).
Il secondo nucleo tocca il periodo 1943-46, a cavallo della fine della guerra: l'artista è sempre a Milano, ma a questo punto comincia a diventare una figura di riferimento sia per i propri compagni
di strada sia per una generazione più giovane che guarda anche a lui per avviare il dibattito sull'arte impegnata.
Alcune pubblicazioni determinano in Italia l'affermazione di Guernica come modello di arte
moderna e moralmente e socialmente implicata nel proprio tempo: in anni di Resistenza il nome di
Picasso diventa sinonimo di maestro da seguire e di cui rinnovare lo stile perché gli artisti possano essere di nuovo interpreti di istanze politiche precise.
Anche la pittura di Morlotti comincia a virare sensibilmente verso un nuovo picassismo, spesso
ispirato a motivi iconografici propri dello Spagnolo (il cranio di toro, la donna piangente), o riformulato in stretto contatto con la natura (le tre serie di paesaggi 1944, 1945 e soprattutto i Dossi del 1946).
L'artista insomma mantiene saldi i propri riferimenti visivi, ma li traduce in forme nuove e
inedite, laddove ad esempio la serie di nudi realizzati tra il 1945 e il 1946, tra cui spicca la Donna che si lava, si può leggere come riformulazione in chiave picassiana di un motivo caro alla pittura di Novecento italiano, in particolare a Sironi.
In questo periodo l'artista approfondisce i legami con Cassinari e Treccani, ma anche con
Birolli e Guttuso, partecipa alle fasi preparatorie del Fronte Nuovo delle Arti (anche se poi ne resta sostanzialmente autonomo), dialoga con gli artisti emergenti, come Ajmone, Bergolli, Peverelli, Testori, nella forma del Manifesto del Realismo e dell'impegno attivo in due riviste di grande importanza per ricostruire l'officina creativa e intellettuali di quegli anni: “Numero” (iniziato come “Argine Numero” nel 1945 e terminato come “Numero Pittura” nel 1947) e “Il '45” (tre numeri nel 1946), senza dimenticare ovviamente, quale orizzonte sullo sfondo di queste iniziative, il nuovo “Politecnico” di Vittorini.
La terza fase di cui si occupa questo lavoro è quella inaugurata nel 1947 dal viaggio a Parigi
compiuto con Birolli, grazie a una borsa di studio assegnata da Lionello Venturi: per quanto
Morlotti abbia sempre riferito una sostanziale (e sicuramente sincera) delusione verso la realtà
parigina del tempo, i circa sette mesi passati nella capitale segnano uno scarto nella sua pittura, ancora di impronta picassiana ma costruita con una tavolozza completamente diversa (inediti certi colori che non si spiegano senza il confronto con i Jeunes Peintres de Tradition Française) e con una maggiore attenzione ai valori lineari.
La Francia quindi diventa un termine di dialogo da cui non si può prescindere (Morlotti conosce già in Italia alcuni momenti della nuova pittura di Parigi), al punto che l'artista dal 1951 partecipa alle rassegne torinesi “Pittori d'oggi. Francia–Italia”: negli anni fino al 1952 si concentra essenzialmente sulla figura, mantenendosi in stretto dialogo con Birolli o Cassinari.
Il contesto intanto muta: il pittore non presenzia alla mostra del Fronte Nuovo delle Arti del
1947, e sostanzialmente non vive attivamente la breve parabola del gruppo, già evidentemente
smembrato in indirizzi autonomi alla sua partecipazione alle Biennali del 1948 e del 1950, e bollato anche dalla “scomunica” di Togliatti nel 1948.
Frattanto, l'interessamento per la pittura di Morlotti e di altri artisti da parte della gallerista americana Catherine Viviano, oltre ad aprire un fronte espositivo oltreoceano, rinsalda i suoi rapporti con Birolli e Vedova, e lo fa incontrare con Afro: da questi rapporti, documentati da una serie di lettere, nasce poi il Gruppo degli Otto Pittori Italiani, presentato da Lionello Venturi alla Biennale del 1952.
Ormai però l'artista è assestato su posizioni autonome, e del resto tutti gli Otto Pittori
perseguono indirizzi di ricerca personali, come documentano anche le loro opere comprate in quegli
anni da un'altra figura cruciale, il collezionista bresciano Guglielmo Achille Cavellini.
Quando, nel 1952, Testori firma su “Paragone” l'articolo Appunti su Ennio Morlotti, la
situazione del pittore è in fase di radicale cambiamento: apparentemente coinvolto sul fronte della modernità in senso venturiano, è al contempo avveduto dei nuovi indirizzi che l'altro troncone di artisti e critici usciti da Corrente sta prendendo, coagulato attorno alla neonata rivista “Realismo”.
Intanto l'artista partecipa a diverse mostre (si pensi al Premio Arti Visive Città di Torino del
1953) e alle Biennali con opere fortemente significative, tra le quali quella fondamentale è
sicuramente La Siesta: i totem picassiani perdono ormai quel senso iconico e fortemente astrattivo
per ricollocarsi in uno sfondo che, con inedite stesure larghe e fluide, recupera i colori della natura e della terra.
È la premessa immediata alla fase successiva, il cui accenno conclude la tesi: due nuove serie
realizzate tra 1952 e 1953, una di paesaggi, l'altra dedicata alle Lavandaie, riporta il pittore a confrontarsi con i problemi dell'impaginazione nel quadro della vitalità della natura.
A questo punto il tema naturale ritorna prepotente, e almeno per ora sembra soppiantare la figura umana (la sorte dei Nudi esposti alla Biennale del 1954 è sintomatica); la mostra di paesaggi in tre tappe che chiude il 1953 e apre il 1954, da un lato prosegue un dialogo mai veramente
interrotto tra l'artista e la natura, dall'altro saluta le ricerche degli anni precedenti e apre alla nuova fase del pittore, quella di cui si è accennato all'inizio: se infatti la prima tappa, a Milano, è presentata da Testori, le altre due, Firenze e Bologna, hanno in catalogo le firme di Carlo Volpe e soprattutto di Francesco Arcangeli.
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