Tesi etd-07302015-123000 |
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Tipo di tesi
Tesi di laurea magistrale
Autore
FRACASSI, LUCA
URN
etd-07302015-123000
Titolo
Il carattere tipografico come oggetto di contemporaneita
Dipartimento
CIVILTA' E FORME DEL SAPERE
Corso di studi
STORIA E FORME DELLE ARTI VISIVE, DELLO SPETTACOLO E DEI NUOVI MEDIA
Relatori
relatore Prof. Tosi, Alessandro
Parole chiave
- Nessuna parola chiave trovata
Data inizio appello
28/09/2015
Consultabilità
Completa
Riassunto
Nell'era digitale si sono moltiplicate le possibilità di comunicare attraverso prodotti multimediali che prevedono la simultaneità di linguaggi con l'integrazione dei rispettivi codici (visuale, linguistico, grafico, audio).
La tecnologia ha accelerato, e nella maggior parte dei casi migliorato sensibilmente, la possibilità di creare, accedere o condividere informazioni e contenuti di ogni disciplina.
L'altro lato della medaglia è il progressivo abbandono di tecniche artigianali o artistiche che per decenni hanno caratterizzato gli strumenti di divulgazione della conoscenza e, fra queste, forse la più importante, la stampa tipografica. Per molti secoli è esistito un luogo simbolo in cui si fondevano saperi e competenze tecniche, generando la materia prima su cui veniva impressa, in senso letterale, qualunque nuova conquista scientifica: la bottega tipografica. Dall’invenzione di Gutenberg fino ai giorni nostri ha rappresentato lo strumento indispensabile per lo sviluppo dell'editoria e quindi per la divulgazione delle conoscenze.
Sotto le mani esperte di artigiani specializzati si sono combinati caratteri mobili e matrici xilografiche, clichés e righe di testo fuse col piombo, in una progressiva evoluzione che ha visto procedere parallelamente, con influenze reciproche, conquiste della tecnica ed esigenze del mercato.
Nell’epoca del web tutto passa dall’elaborazione digitale. L'intuizione di Steve Jobs di trasferire parte di quelle sedimentate competenze in programmazione informatica, condensando stili e font in programmi per grafici del settore, non ci esime tuttavia dal cercare di salvaguardare quel bagaglio di esperienze che hanno caratterizzato per secoli la storia del progresso scientifico.
Il carattere, la parola, il segno sono diventati oggetto di studio e rielaborazione non solo per gli studiosi, ma anche per gli artisti che ne hanno esplorato, dalle avanguardie storiche in poi, le potenzialità e la capacità di affermare una filosofia dell’arte fondata sull’intreccio e sullo sconfinamento, con altre forme, in altri linguaggi.
L'obiettivo del presente lavoro, limitando il campo di ricerca al codice visuale e a quello linguistico, è dunque di tenere insieme tradizione e modernità, partendo dall'analisi del rapporto fra immagine e parola nelle arti figurative, fra segno grafico e carattere tipografico, approfondendo l’aspetto dell’utilizzo di quest’ultimo come oggetto di contemporaneità. Solo nel corso del XX secolo si è però preso piena coscienza del fatto che anche una pagina di un libro con testo e figure o un manifesto affisso in centro città, possono essere studiati con i parametri di valutazione utilizzati per le opere d’arte, da quando il filone di studi sulla cultura visuale ha aperto nuove strade di ricerca grazie ad interventi di autorevoli studiosi.
Nella società dell’immagine, il carattere tipografico ha preso sostanzialmente tre nuove strade, percorse in maniera divergente da interior designers, stampatori, artisti; è diventato oggetto d’interesse per gli artisti nel momento in cui è uscito di scena come oggetto per la produzione industriale di massa; nel presente lavoro sono analizzate alcune esperienze italiane e internazionali: fra le altre Robert Indiana, esponente della Pop Art americana, Giorgio Milani con i suoi “poetari di Gutenberg”, André Beuchat con il suo laboratorio dove produce ancora “quaderni” stampati con i caratteri mobili.
Prendendo spunto da alcuni fra i più celebri laboratori in Europa (Museo Plantin di Anversa, Tipoteca Italiana di Cornuda, Fondazione Il Bisonte di Firenze), si cercherà nella seconda parte di fare sintesi fra le varie esperienze, valorizzando la collezione presente al Museo della Grafica, al fine di ipotizzare nella sede museale pisana un laboratorio di cultura visuale che sia luogo di contaminazione fra strumenti tradizionali per la riproducibilità tecnica e nuove frontiere tecnologiche, che diventi spazio espositivo e laboratorio ricco di materiale e documenti utili a sviluppare percorsi didattici per le scuole; un luogo in grado di raccontare la tradizione artigiana del passato, ma anche di esplorare le più evolute tecnologie, tenendo conto delle nuove teorie del visuale nell’arte che tanto hanno condizionato il nostro modo di comunicare e la società, molto spesso a nostra insaputa.
La tecnologia ha accelerato, e nella maggior parte dei casi migliorato sensibilmente, la possibilità di creare, accedere o condividere informazioni e contenuti di ogni disciplina.
L'altro lato della medaglia è il progressivo abbandono di tecniche artigianali o artistiche che per decenni hanno caratterizzato gli strumenti di divulgazione della conoscenza e, fra queste, forse la più importante, la stampa tipografica. Per molti secoli è esistito un luogo simbolo in cui si fondevano saperi e competenze tecniche, generando la materia prima su cui veniva impressa, in senso letterale, qualunque nuova conquista scientifica: la bottega tipografica. Dall’invenzione di Gutenberg fino ai giorni nostri ha rappresentato lo strumento indispensabile per lo sviluppo dell'editoria e quindi per la divulgazione delle conoscenze.
Sotto le mani esperte di artigiani specializzati si sono combinati caratteri mobili e matrici xilografiche, clichés e righe di testo fuse col piombo, in una progressiva evoluzione che ha visto procedere parallelamente, con influenze reciproche, conquiste della tecnica ed esigenze del mercato.
Nell’epoca del web tutto passa dall’elaborazione digitale. L'intuizione di Steve Jobs di trasferire parte di quelle sedimentate competenze in programmazione informatica, condensando stili e font in programmi per grafici del settore, non ci esime tuttavia dal cercare di salvaguardare quel bagaglio di esperienze che hanno caratterizzato per secoli la storia del progresso scientifico.
Il carattere, la parola, il segno sono diventati oggetto di studio e rielaborazione non solo per gli studiosi, ma anche per gli artisti che ne hanno esplorato, dalle avanguardie storiche in poi, le potenzialità e la capacità di affermare una filosofia dell’arte fondata sull’intreccio e sullo sconfinamento, con altre forme, in altri linguaggi.
L'obiettivo del presente lavoro, limitando il campo di ricerca al codice visuale e a quello linguistico, è dunque di tenere insieme tradizione e modernità, partendo dall'analisi del rapporto fra immagine e parola nelle arti figurative, fra segno grafico e carattere tipografico, approfondendo l’aspetto dell’utilizzo di quest’ultimo come oggetto di contemporaneità. Solo nel corso del XX secolo si è però preso piena coscienza del fatto che anche una pagina di un libro con testo e figure o un manifesto affisso in centro città, possono essere studiati con i parametri di valutazione utilizzati per le opere d’arte, da quando il filone di studi sulla cultura visuale ha aperto nuove strade di ricerca grazie ad interventi di autorevoli studiosi.
Nella società dell’immagine, il carattere tipografico ha preso sostanzialmente tre nuove strade, percorse in maniera divergente da interior designers, stampatori, artisti; è diventato oggetto d’interesse per gli artisti nel momento in cui è uscito di scena come oggetto per la produzione industriale di massa; nel presente lavoro sono analizzate alcune esperienze italiane e internazionali: fra le altre Robert Indiana, esponente della Pop Art americana, Giorgio Milani con i suoi “poetari di Gutenberg”, André Beuchat con il suo laboratorio dove produce ancora “quaderni” stampati con i caratteri mobili.
Prendendo spunto da alcuni fra i più celebri laboratori in Europa (Museo Plantin di Anversa, Tipoteca Italiana di Cornuda, Fondazione Il Bisonte di Firenze), si cercherà nella seconda parte di fare sintesi fra le varie esperienze, valorizzando la collezione presente al Museo della Grafica, al fine di ipotizzare nella sede museale pisana un laboratorio di cultura visuale che sia luogo di contaminazione fra strumenti tradizionali per la riproducibilità tecnica e nuove frontiere tecnologiche, che diventi spazio espositivo e laboratorio ricco di materiale e documenti utili a sviluppare percorsi didattici per le scuole; un luogo in grado di raccontare la tradizione artigiana del passato, ma anche di esplorare le più evolute tecnologie, tenendo conto delle nuove teorie del visuale nell’arte che tanto hanno condizionato il nostro modo di comunicare e la società, molto spesso a nostra insaputa.
File
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