Tesi etd-07282020-215650 |
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Tipo di tesi
Tesi di laurea specialistica
Autore
GUSSONI, MARIA
URN
etd-07282020-215650
Titolo
LA LEGGE NOBILIARE TOSCANA DEL 1750 E L'ARISTOCRAZIA DI PONTREMOLI
Dipartimento
SCIENZE POLITICHE
Corso di studi
SCIENZE POLITICHE
Relatori
relatore Prof.ssa Aglietti, Marcella
Parole chiave
- aristocrazia
- legge
- nobiliare
- pontremoli
- toscana
Data inizio appello
26/10/2020
Consultabilità
Completa
Riassunto
Approvata da Francesco Stefano di Lorena nel 1750, la “Legge per regolamento della nobiltà e cittadinanza”, recepiva solo in parte istituti e giurisprudenza già vigenti in precedenza nel granducato e identificava nella volontà sovrana l’unica fonte di legittimazione della dignità aristocratica, subordinandone il riconoscimento, sancito dall’iscrizione nei Libri d’Oro delle nobiltà cittadine, ad un iter burocratico centralizzato. Da qui le resistenze delle aristocrazie toscane a rimettere ad un sovrano percepito come “straniero” l’attribuzione di uno status di cui già si ritenevano titolari in ragione di un esercizio, talora secolare, delle più rilevanti magistrature urbane. Tuttavia, in sede di applicazione della legge, la visione gerarchico-feudale della nobiltà dei Lorena si adattò in parte al contesto politico toscano e alla fisionomia dei relativi ceti aristocratici, come testimoniano le procedure per l’ammissione dei fivizzanesi al registro nobiliare di Pontremoli e il dibattito in merito all’incompatibilità fra notariato e nobiltà.
L’aristocrazia di Pontremoli, pur marginale rispetto alle altre aristocrazie toscane stante una diversa identità storico-culturale ed una (tendenziale) minore opulenza, annoverava comunque casate di considerevole antichità e prestigio, di frequente ascritte alle classi nobiliari di altre città. Elemento ritenuto identificativo in loco dello status aristocratico era l’appartenenza al Consiglio generale cittadino, riservata a una ristretta oligarchia, dai tratti marcatamente endogamici, in cui ai più risalenti nuclei aristocratici si erano affiancate nel corso dei secoli famiglie e possidenti di diversa estrazione. In tale classe dirigente spiccava, in una posizione quasi monopolistica nella conduzione delle cariche pubbliche, il ruolo dei notai, a riprova dell’acclarata autorevolezza della tradizione giuridica pontremolese. Il 1 agosto 1778, questa élite fu protagonista della più significativa reazione di dissenso all’applicazione della legge e, soddisfacendo un’aspettativa secolare riconducibile ad antiche prerogative amministrative e al prestigio storico-culturale di questa enclave, riuscì ad ottenere l’elevazione di Pontremoli a città nobile e il riconoscimento formale di una nobiltà d’origine prevalentemente “civica”.
L’aristocrazia di Pontremoli, pur marginale rispetto alle altre aristocrazie toscane stante una diversa identità storico-culturale ed una (tendenziale) minore opulenza, annoverava comunque casate di considerevole antichità e prestigio, di frequente ascritte alle classi nobiliari di altre città. Elemento ritenuto identificativo in loco dello status aristocratico era l’appartenenza al Consiglio generale cittadino, riservata a una ristretta oligarchia, dai tratti marcatamente endogamici, in cui ai più risalenti nuclei aristocratici si erano affiancate nel corso dei secoli famiglie e possidenti di diversa estrazione. In tale classe dirigente spiccava, in una posizione quasi monopolistica nella conduzione delle cariche pubbliche, il ruolo dei notai, a riprova dell’acclarata autorevolezza della tradizione giuridica pontremolese. Il 1 agosto 1778, questa élite fu protagonista della più significativa reazione di dissenso all’applicazione della legge e, soddisfacendo un’aspettativa secolare riconducibile ad antiche prerogative amministrative e al prestigio storico-culturale di questa enclave, riuscì ad ottenere l’elevazione di Pontremoli a città nobile e il riconoscimento formale di una nobiltà d’origine prevalentemente “civica”.
File
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02_INTRODUZIONE.pdf | 74.06 Kb |
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