Tesi etd-07252014-164431 |
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Tipo di tesi
Tesi di dottorato di ricerca
Autore
MEI, SILVIA
URN
etd-07252014-164431
Titolo
L'attrice internazionale. Eleonora Duse e Yvette Guilbert: storia di un'amicizia
Settore scientifico disciplinare
L-ART/05
Corso di studi
STORIA, ORIENTALISTICA E STORIA ARTI
Relatori
tutor Prof.ssa Barsotti, Anna
tutor Prof.ssa Aliverti, Maria Ines
tutor Prof.ssa Aliverti, Maria Ines
Parole chiave
- Eleonora Duse
- iconografia dell'attore
- pedagogia dell'attore
- Yvette Guilbert
Data inizio appello
29/09/2014
Consultabilità
Completa
Riassunto
La tesi è dedicata alla lunga relazione di amicizia e professionale che dalla fine dell’800 agli anni 1920 ha legato due grandi donne di teatro, Eleonora Duse (1858-1924) e Yvette Guilbert (1865-1944), italiana l’una e francese l’altra, entrambe proiettate in un contesto internazionale non solo europeo, ma che ebbe negli Stati Uniti una significativa estensione.
Il rapporto tra le due artiste era sconosciuto alla imponente storiografia dusiana, che tuttavia lo aveva trattato come un fatto episodico e certo non di tale rilievo da implicare interpretazioni più approfondite. Invece molti erano gli aspetti che legavano Duse e Guilbert, dalla loro dedizione assoluta all’arte, intrisa di un sentimento religioso definibile come mistico, al modo di costruirsi sul piano figurale oltre che morale, alle loro carriere - il successo europeo di entrambe (da collocare ca. nel 1892), e il ritiro dalla scene intorno al cambio di secolo (Guilbert nel 1899, Duse nel 1909) - fino all’esperienza nel mondo emergente del teatro americano che ebbe un ruolo rilevante nel destino di entrambe e nel quale entrambe hanno lasciato una traccia significativa e storicamente apprezzabile. Si è trattato di indagare meglio la relazione Duse - Guilbert cercando di approfondire il contesto transnazionale nel quale intorno al ‘900 andava elaborandosi l’immagine dell’attrice contemporanea, quella che nella consapevolezza di queste due artiste appariva come l’attrice del domani.
Tuttavia, mentre la letteratura scientifica sulla Duse è imponente, con significativi sviluppi specie in questi ultimi anni (gli studi di Bertolone, Biggi, Molinari, Schino, Sica, Simoncini ed altri), quella su Guilbert è ancora agli albori (una monografia del 1964 e una mostra ad Albi e a Parigi nel 1994-1995). Anche negli studi francesi la chanteuse è a tutt’oggi confinata nel registro pittoresco del café-concert, in cui espresse solo dieci anni (1890-199) della sua longeva e molto variegata carriera professionale. Guilbert costruì infatti a partire dal 1901 un profilo di attrice-cantante, etnomusicologa e pedagoga tra i più originali e ancora inediti.
La principale e unica fonte disponibile che documenta il loro rapporto è il carteggio originale, purtroppo mutilo nella documentazione pervenuta, e solo parzialmente integrabile mediante fonti primarie a stampa (si veda l’autobiografia della Guilbert, La Chanson de ma vie, del 1927). I nuclei superstiti della corrispondenza, circoscritti negli anni 1905-6, 1913, 1919-20, illuminano aspetti e momenti importanti del l’amicizia e della relazione professionale tra le due artiste e in questo senso vengono presentati e commentati costruendovi intorno l’evoluzione del rapporto Duse - Guilbert.
Rintracciare le ragioni del loro originario apparentamento e approfondire le differenze a partire dalla loro fortuna americana, ha portato da un lato a far emergere il frastagliato profilo dell’artista francese, dall’altro a restituire nuova consistenza all’effimero scenico di Duse praticando piste e prospettive che solo nel paragone con Guilbert si rendevano evidenti e inderogabili.
Il percorso storico-critico della tesi è articolato in quattro sezioni principali.
La prima sezione indaga gli inizi dell’amicizia, nata a Bruxelles nel 1895 ed è focalizzata sul tema de “L’invenzione di sé”, ovvero sulla costruzione di quello che viene qui definito il “corpo bio-poetico” dell’attrice. Un confronto tra l’iconografia di Guilbert (in particolare il celebre album di Toulouse Lautrec del 1894) e alcune testimonianze iconografiche dusiane (opportunamente selezionate dalla immensa raccolta realizzata nel 2001 dalla Fondazione Giorgio Cini di Venezia) accompagna queste riflessioni, e sottolinea il percorso parallelo delle due artiste nel processo inventivo del proprio significante corporeo. In questa parte si vuole rilevare la svolta moderna nella percezione e rappresentazione del corpo che ha dirette ricadute nella costruzione della propria presenza scenica e nei propri “doppi” iconografici. In questo senso l’iconografia di Guilbert e quella di Duse diventano due momenti di indagine a partire dalla proposta di mise ne silhouette di Georges Vigarello (2013), permettendo di stabilire rimarchevoli apparentamenti tra tecniche pittoriche, messinforma del corpo e arte dell’attore.
La seconda sezione della tesi (“Un carteggio lungo un quarto di secolo”) esplora nematicamente e non solo cronologicamente lo scambio epistolare, soprattutto per gli anni 1905-6 e 1913-14, delle due personalità in un confronto intimo e serrato, visto dalla parte dell’una e dell’altra ma mettendo in evidenza più le frizioni che le intese. La prima corrispondenza (1905-6) in particolare è qui smembrata e non riprodotta nella sua interezza. La necessità di tessere un discorso unitario e continuo in una porzione di carteggio senza apparente oggetto, se non l’urgenza di esprimere e di confermare una vicinanza reciproca, ha portato a valorizzare brevi stralci, a rilevare singoli espressioni e a documentare la ricorrenza di parole per aree sentimentali.
La terza sezione (“Una grande illusione: L’America”) è incentrata sul carteggio negli anni 1919-1920. Guilbert si era trasferita nel frattempo negli Usa (1915) e intendeva fondare a New York una sua scuola con l’aiuto delle facoltose sorelle Lewisohn, sia in continuità con un suo precedente tentativo parigino, sia tenendo presente le attività promosse presso l’Henry Street Settlement nel Lower East Side di New York, dove le Lewisohn avevano aperto il loro teatro (The Neighborhood Playhouse). Duse invece meditava il ritorno alle scene quando Guilbert tentava di coinvolgerla nella sua avventura americana, in parte per offrirle con affetto sincero nuove motivazioni, in parte per condividere con lei un comune sentire riguardo alle necessità di un’ampia istruzione per le giovani attrici (Guilbert “promuoveva un’artista poliglotta, cosmopolita, globale per la trasversalità delle sue competenze e versatilità, all’insegna del motto tutte le arti in un’arte”). La scuola di Guilbert viene per la prima volta posta all’attenzione storiografica ed è ricostruita nelle sue filiere continentali e atlantiche e negli apporti pratico-teorici del movimento dei teatri d’arte, cercando di restituire il contesto socio-politico e culturale in cui opera Guilbert e che determina in parte il fallimento dei suoi ambizioni progetti.
La quarta sezione (“L’attrice di domani”) guarda al rapporto Duse - Guilbert, dopo il fallimento del progetto di Guilbert a New York. Questa sezione chiude il confronto Duse - Guilbert sulla fedeltà all’arte come religione, e più in generale sulla religiosità delle due artiste. Significativo - come viene originalmente sottolineato - è il fatto che Duse, appena dopo aver declinato l’invito di partecipare alla scuola dell’amica, mediti il suo ritorno alle scene (1921-1924) e, guardando anche alle attività promosse da Copeau con la Scuola del Vieux-Colombier, progetti di fondare, con la collaborazione di Silvio D’Amico «un teatro stabile con intenti “d’arte”, un teatro-scuola, per giovani attori, aperto ai tentativi dei giovani autori italiani». Tale teatro scuola rimase allo stadio progettuale così come restò progetto l’École des Arts du Théâtre che Guilbert intendeva fondare a Bruxelles nel 1923, dopo il rientro dagli States, sotto il patronato del cardinal Mercier.
Questa sezione chiude il confronto Duse-Guilbert sulla fedeltà all’arte come religione, e più in generale sulla religiosità delle due artiste. Sia Guilbert che Duse condividono una matrice mistica, che appare il fondo comune a molti rifondatori teatrali novecenteschi, ma che assume in loro caratteristiche diverse in relazione alle due diverse personalità: estroflessa, vitalistica e aperta a una sorta di apostolato dell’arte quella di Guilbert, introflessa in una solitudine creatrice e intimamente ribelle quella di Duse. L’esplorazione degli aspetti estetici ne rivela con sfumature diverse la valenza anti-modernista: la diffusione del pensiero di Ruskin e dei principi del movimento “Arts and Crafts”, il gothic revival e il gusto per il medioevo cristiano dei misteri e per l’arte dei primitivi, la sensibile aderenza alla mistica francescana.
La tesi dunque affronta - nell’ambito di questo confronto tra due grandi artiste, mai prima ben esplorato - questioni centrali della cultura teatrale novecentesca, in relazione all’apporto di genere, alla nuova configurazione del corpo femminile nelle pratiche performative, alla pedagogia teatrale, al ruolo determinante di New York come crogiolo di trasformazione di processi creativi nati in Europa. Viene opportunamente definita la valenza del contesto Americano come mediatore per eccellenza nel processo di internazionalizzazione della riforma teatrale del novecento e considerata per converso anche l’influenza “non dichiarata” delle due artiste sullo sviluppo della cultura teatrale e spettacolare americana a partire dal 1920, in anni che coincidono con un grande movimento di fondazione di un teatro nazionale, originale sul piano organizzativo, drammaturgico, della regia e della formazione dell’attore, rispetto alla stretta imitazione dei modelli europei.
Il rapporto tra le due artiste era sconosciuto alla imponente storiografia dusiana, che tuttavia lo aveva trattato come un fatto episodico e certo non di tale rilievo da implicare interpretazioni più approfondite. Invece molti erano gli aspetti che legavano Duse e Guilbert, dalla loro dedizione assoluta all’arte, intrisa di un sentimento religioso definibile come mistico, al modo di costruirsi sul piano figurale oltre che morale, alle loro carriere - il successo europeo di entrambe (da collocare ca. nel 1892), e il ritiro dalla scene intorno al cambio di secolo (Guilbert nel 1899, Duse nel 1909) - fino all’esperienza nel mondo emergente del teatro americano che ebbe un ruolo rilevante nel destino di entrambe e nel quale entrambe hanno lasciato una traccia significativa e storicamente apprezzabile. Si è trattato di indagare meglio la relazione Duse - Guilbert cercando di approfondire il contesto transnazionale nel quale intorno al ‘900 andava elaborandosi l’immagine dell’attrice contemporanea, quella che nella consapevolezza di queste due artiste appariva come l’attrice del domani.
Tuttavia, mentre la letteratura scientifica sulla Duse è imponente, con significativi sviluppi specie in questi ultimi anni (gli studi di Bertolone, Biggi, Molinari, Schino, Sica, Simoncini ed altri), quella su Guilbert è ancora agli albori (una monografia del 1964 e una mostra ad Albi e a Parigi nel 1994-1995). Anche negli studi francesi la chanteuse è a tutt’oggi confinata nel registro pittoresco del café-concert, in cui espresse solo dieci anni (1890-199) della sua longeva e molto variegata carriera professionale. Guilbert costruì infatti a partire dal 1901 un profilo di attrice-cantante, etnomusicologa e pedagoga tra i più originali e ancora inediti.
La principale e unica fonte disponibile che documenta il loro rapporto è il carteggio originale, purtroppo mutilo nella documentazione pervenuta, e solo parzialmente integrabile mediante fonti primarie a stampa (si veda l’autobiografia della Guilbert, La Chanson de ma vie, del 1927). I nuclei superstiti della corrispondenza, circoscritti negli anni 1905-6, 1913, 1919-20, illuminano aspetti e momenti importanti del l’amicizia e della relazione professionale tra le due artiste e in questo senso vengono presentati e commentati costruendovi intorno l’evoluzione del rapporto Duse - Guilbert.
Rintracciare le ragioni del loro originario apparentamento e approfondire le differenze a partire dalla loro fortuna americana, ha portato da un lato a far emergere il frastagliato profilo dell’artista francese, dall’altro a restituire nuova consistenza all’effimero scenico di Duse praticando piste e prospettive che solo nel paragone con Guilbert si rendevano evidenti e inderogabili.
Il percorso storico-critico della tesi è articolato in quattro sezioni principali.
La prima sezione indaga gli inizi dell’amicizia, nata a Bruxelles nel 1895 ed è focalizzata sul tema de “L’invenzione di sé”, ovvero sulla costruzione di quello che viene qui definito il “corpo bio-poetico” dell’attrice. Un confronto tra l’iconografia di Guilbert (in particolare il celebre album di Toulouse Lautrec del 1894) e alcune testimonianze iconografiche dusiane (opportunamente selezionate dalla immensa raccolta realizzata nel 2001 dalla Fondazione Giorgio Cini di Venezia) accompagna queste riflessioni, e sottolinea il percorso parallelo delle due artiste nel processo inventivo del proprio significante corporeo. In questa parte si vuole rilevare la svolta moderna nella percezione e rappresentazione del corpo che ha dirette ricadute nella costruzione della propria presenza scenica e nei propri “doppi” iconografici. In questo senso l’iconografia di Guilbert e quella di Duse diventano due momenti di indagine a partire dalla proposta di mise ne silhouette di Georges Vigarello (2013), permettendo di stabilire rimarchevoli apparentamenti tra tecniche pittoriche, messinforma del corpo e arte dell’attore.
La seconda sezione della tesi (“Un carteggio lungo un quarto di secolo”) esplora nematicamente e non solo cronologicamente lo scambio epistolare, soprattutto per gli anni 1905-6 e 1913-14, delle due personalità in un confronto intimo e serrato, visto dalla parte dell’una e dell’altra ma mettendo in evidenza più le frizioni che le intese. La prima corrispondenza (1905-6) in particolare è qui smembrata e non riprodotta nella sua interezza. La necessità di tessere un discorso unitario e continuo in una porzione di carteggio senza apparente oggetto, se non l’urgenza di esprimere e di confermare una vicinanza reciproca, ha portato a valorizzare brevi stralci, a rilevare singoli espressioni e a documentare la ricorrenza di parole per aree sentimentali.
La terza sezione (“Una grande illusione: L’America”) è incentrata sul carteggio negli anni 1919-1920. Guilbert si era trasferita nel frattempo negli Usa (1915) e intendeva fondare a New York una sua scuola con l’aiuto delle facoltose sorelle Lewisohn, sia in continuità con un suo precedente tentativo parigino, sia tenendo presente le attività promosse presso l’Henry Street Settlement nel Lower East Side di New York, dove le Lewisohn avevano aperto il loro teatro (The Neighborhood Playhouse). Duse invece meditava il ritorno alle scene quando Guilbert tentava di coinvolgerla nella sua avventura americana, in parte per offrirle con affetto sincero nuove motivazioni, in parte per condividere con lei un comune sentire riguardo alle necessità di un’ampia istruzione per le giovani attrici (Guilbert “promuoveva un’artista poliglotta, cosmopolita, globale per la trasversalità delle sue competenze e versatilità, all’insegna del motto tutte le arti in un’arte”). La scuola di Guilbert viene per la prima volta posta all’attenzione storiografica ed è ricostruita nelle sue filiere continentali e atlantiche e negli apporti pratico-teorici del movimento dei teatri d’arte, cercando di restituire il contesto socio-politico e culturale in cui opera Guilbert e che determina in parte il fallimento dei suoi ambizioni progetti.
La quarta sezione (“L’attrice di domani”) guarda al rapporto Duse - Guilbert, dopo il fallimento del progetto di Guilbert a New York. Questa sezione chiude il confronto Duse - Guilbert sulla fedeltà all’arte come religione, e più in generale sulla religiosità delle due artiste. Significativo - come viene originalmente sottolineato - è il fatto che Duse, appena dopo aver declinato l’invito di partecipare alla scuola dell’amica, mediti il suo ritorno alle scene (1921-1924) e, guardando anche alle attività promosse da Copeau con la Scuola del Vieux-Colombier, progetti di fondare, con la collaborazione di Silvio D’Amico «un teatro stabile con intenti “d’arte”, un teatro-scuola, per giovani attori, aperto ai tentativi dei giovani autori italiani». Tale teatro scuola rimase allo stadio progettuale così come restò progetto l’École des Arts du Théâtre che Guilbert intendeva fondare a Bruxelles nel 1923, dopo il rientro dagli States, sotto il patronato del cardinal Mercier.
Questa sezione chiude il confronto Duse-Guilbert sulla fedeltà all’arte come religione, e più in generale sulla religiosità delle due artiste. Sia Guilbert che Duse condividono una matrice mistica, che appare il fondo comune a molti rifondatori teatrali novecenteschi, ma che assume in loro caratteristiche diverse in relazione alle due diverse personalità: estroflessa, vitalistica e aperta a una sorta di apostolato dell’arte quella di Guilbert, introflessa in una solitudine creatrice e intimamente ribelle quella di Duse. L’esplorazione degli aspetti estetici ne rivela con sfumature diverse la valenza anti-modernista: la diffusione del pensiero di Ruskin e dei principi del movimento “Arts and Crafts”, il gothic revival e il gusto per il medioevo cristiano dei misteri e per l’arte dei primitivi, la sensibile aderenza alla mistica francescana.
La tesi dunque affronta - nell’ambito di questo confronto tra due grandi artiste, mai prima ben esplorato - questioni centrali della cultura teatrale novecentesca, in relazione all’apporto di genere, alla nuova configurazione del corpo femminile nelle pratiche performative, alla pedagogia teatrale, al ruolo determinante di New York come crogiolo di trasformazione di processi creativi nati in Europa. Viene opportunamente definita la valenza del contesto Americano come mediatore per eccellenza nel processo di internazionalizzazione della riforma teatrale del novecento e considerata per converso anche l’influenza “non dichiarata” delle due artiste sullo sviluppo della cultura teatrale e spettacolare americana a partire dal 1920, in anni che coincidono con un grande movimento di fondazione di un teatro nazionale, originale sul piano organizzativo, drammaturgico, della regia e della formazione dell’attore, rispetto alla stretta imitazione dei modelli europei.
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