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Archivio digitale delle tesi discusse presso l'Università di Pisa

Tesi etd-07252012-202941


Tipo di tesi
Tesi di dottorato di ricerca
Autore
BOSCHI, DANIELE
URN
etd-07252012-202941
Titolo
L'obbligazione naturale come categoria non unitaria. Il modello canonistico e l'archetipo romanistico nel sistema
Settore scientifico disciplinare
IUS/01
Corso di studi
DIRITTO PRIVATO
Relatori
tutor Prof. Giardina, Francesca
Parole chiave
  • Obbligazioni naturali
  • causa
  • schiavo
Data inizio appello
10/10/2012
Consultabilità
Completa
Riassunto
La presente ricerca muove dall’esigenza di verificare la portata attuale, nel sistema, della tesi tradizionale che ricostruisce la categoria dell’obbligazione naturale in maniera unitaria, nonostante il codice civile vigente assegni tale nomen iuris tanto agli obblighi della morale sociale (art. 2034 c.c., 1° comma c.c.) quanto ai “doveri altri” ex art. 2034, 2° comma c.c., doveri che, al pari dei primi, sono regolati attraverso il binomio denegatio actionis/soluti retentio.
E’ questo un problema sul quale la civilistica italiana a cavallo tra ottocento e novecento, come pure la scuola dell’esegesi, ha molto dibattuto e che, per questo, è sembrato opportuno ripercorrere nella prima parte del lavoro, dedicata alla ricostruzione, anche in chiave critiche, delle varie linee interpretative proposte riguardo alla natura (giuridica o extragiuridica) dell’o.n..
Oltre alle c.d. tesi abolizioniste, che nonostante il chiaro disposto dell’art. 1237 c.p.v. del c.c. 1865 addirittura negano la vigenza in diritto moderno dell’istituto, quale inutile retaggio di un’esperienza ormai conclusa, è possibile riscontrare nella vasta letteratura sul tema almeno tre diverse linee interpretative.
Secondo una prima prospettiva, che affonda le proprie radici nell’insegnamento di Pothier, l’o.n. dovrebbe essere ricostruita come dovere di contenuto patrimoniale che trova fondamento nella sola morale sociale e del quale il diritto positivo si disinteressa fintanto che la prestazione che costituisce il contenuto di tale obbligo non viene eseguita. Per altri, invece, l’o.n. del diritto moderno, in piena sintonia con il modello romanistico, sarebbe da qualificare come obbligazione giuridica incoercibile, ovvero, nella dimensione delle teorie patrimoniali dell’obbligazione di matrice tedesca, come situazione di debito puro scisso dalla corrispondente responsabilità patrimoniale del debitore. Per altri ancora,infine, l’o.n. sarebbe da considerare come un dovere extragiuridico nella sua fase statica (ossia prima dell’adempimento) che però assume la dignità della vera e propria diviene un obbligo giuridico a seguito dell’atto esecutivo. Tale diversità di linee ricostruttive presenta una notevole rilevanza anche sul piano operativo, in quanto permette di risolvere in maniera diversa il problema delle c.d. vicende dell’o.n., ossia quello della possibilità di sottoporre l’o.n. a vicende dinamiche, modificative ed estintive, analoghe, in tutto o in parte, a quelle previste dall’ordinamento positivo per il rapporto giuridico obbligatorio.
L’esame della dottrina maturata dopo l’entrata in vigore del codice vigente, a partire dalla fondamentale opera di Giorgio Oppo, mostra, invece, la tendenziale prevalenza della tesi che qualifica l’o.n. come dovere extragiuridico, anche se non mancano voci in senso contrario. Si è riscontrato, comunque, che gli A. sono pressoché concordi nel ritenere che la categoria dell’o.n., nonostante il riferimento codicistico ai doveri “altri”, sia da considerare unitaria, tanto sotto il profilo della natura del fenomeno quanto sotto quello della disciplina ad esso applicabile.
Nella seconda parte del lavoro si sono cercate di porre in evidenza, in primis, le difficoltà logiche e sistematiche che emergo dalla ricostruzione unitaria dell’istituto, ricostruzione che induce l’interprete a distinguere solo tra doveri morali e sociali atipici (art. 2034, 1° comma) e tipici (art. 2034, 2° comma). Oltre ad aver evidenziato i profili di distinzione tra o.n., obblighi giuridici perfetti e doveri morali puri, aver esaminato il problema della necessaria patrimonialità dell’o.n. ed aver cercato di tracciare un confine mobile tra donazione e adempimento di o.n. (con particolare attenzione verso l’atto esecutivo del dovere di riconoscenza), l’indagine si è incentrata sulla ricostruzione sistematica dell’o.n. come dovere morale e sociale nel quadro della dialettica tra ordinamenti. In questa prospettiva la tesi unitaria e la conseguente elaborazione di doveri morali e sociali tipici è sembrata determinare una vera e propria defunzionalizzazione dell’istituto, profilo di criticità tanto insuperabile da giustificare il tentativo di una ricostruzione alternativa del fenomeno.
A tal fine la linea di indagine che si è cercato di seguire è quella della ricostruzione storica. Lo studio dell’o.n. dalle sue origine nel diritto romano classico ha mostrato i caratteri di una figura del tutto peculiare, nata per risolvere alcune problematiche inerenti alla condizione giuridica dello schiavo e dei figli di famiglia. In questa sede si è riscontrato che il modello originario di o.n. è quello dell’obbligazione giuridica imperfetta, fondata su di un patto incoercibile in ragione del difetto di capacità giuridica di una delle parti. Con il diritto giustinianeo, poi, si assiste ad una vera e propria esplosione dei casi di o.n. e, al modello originario, si affianca quello dell’o.n. come dovere extragiuridico rispondente ad esigenze morali, nozione che poi si affina e trova la sua completa elaborazione nel diritto canonico dell’età dello jus commune. I legisti basso-mediovali, invece, sia pure senza una precisa uniformità di pensiero, sfruttano l’archetipo romanistico dell’obbligazione imperfetta nel quadro della teorica della distinzione tra patti e contratti, specie con riferimento all’o.n. da patto nudo.
Il modello canonistico e romanistico giungono infine nell’età dei codici attraverso l’insegnamento di Pothier e Domat.
Alla luce dell’emersione di due species di o.n. (distinte tra di loro sia per la natura che per il fondamento) nella storia dell’istituto e quindi della coesistenza continua di due modelli, si è cercato di appuntare l’indagine su quella che è da subito sembrata la figura archetipica dell’o.n. (romanistica) ex contractu nel diritto moderno, ovvero il debito puro da gioco e da scommessa “tollerati”. Si è così riscontrato che nella scuola dell’esegesi, come pure nella dottrina italiana maturata nella vigenza del codice unitario, non mancano opinioni che permettono di ricostruire il gioco e la scommessa “tollerati” come archetipo di contratto valido ma incoercibile per la meritevolezza non piena della ragione dell’obbligarsi, contratto che produce, quale effetto, appunto l’o.n. romanistica. L’analisi della disciplina in materia nella codificazione italiana vigente, poi, sembra aver confermato tali indicazioni, sia in riferimento alla qualificazione contrattuale del gioco tollerato ex art. 1933 c.c. (analizzato anche sotto il profilo della natura consensuale o reale), sia alla possibilità di concepire il debito di gioco come rapporto giuridico ma incoercibile.
Si è inoltre affrontato il problema dogmatico degli “effetti di doveri” e delle vicende nel quadro della distinzione ontica tra species di o.n., concludendo che il puro debito da gioco o scommessa tollerato può costituire idoneo presupposto causale di atti negoziali diversi dall’adempimento ed aventi effetti giuridici limitati, quali, ad esempio la c.d. fideiussione “naturale”.
Nella terza parte della ricerca si sono cercati di porre in evidenza i tratti peculiari della categoria di o.n. disegnata dal 2° comma dell’art. 2034 c.c., formulando una ipotesi ricostruttiva che si allontana da quella professata dalla dottrina dominante. In particolare si è cercato di ripercorrere il tema della causa del contratto, evidenziando la possibilità di scindere il piano della esistenza della causa (e quindi del contratto) da quello della sua coercibilità. A tal fine, attraverso la disamina del problema della meritevolezza degli interessi sottesi all’operazione negoziale ex art. 1322, 2° comma c.c., intesa (sulla scorta di autorevole dottrina) quale valutazione che concerne la sostenibilità del costo sociale della coercizione del vincolo, si è giunti ad individuare una figura atipica di contratto incoercibile fonte di o.n. romanistiche nella c.d. “promessa di volontariato”. Sempre in questa prospettiva di indagine, si è cercato poi di tratteggiare l’area di rilevanza del contratto incoercibile fonte di o.n. (quali doveri “altri” -giuridici ma incoercibili- ex art. 2034, 2° comma c.c.) in contrapposizione all’area dello scambio, anche cercando di distinguere tale figura dalla categoria dei contratti reale. Da ultimo si è approfondito la relazione tra o.n. romanistiche ed autonomia privata, concludendo per la possibilità di concepire, su di un piano dogmatico generale, un rapporto giuridico non obbligatorio quale effetto di un contratto incoercibile per immeritevolezza.
Tratteggiate le linee essenziali del modello romanistico di o.n. sul piano della fattispecie e dell’effetto giuridico e posto in evidenza come tale figura possa acquistare un rilievo indipendentemente da una espressa previsione legislativa tipizzante, in forza della valutazione di liceità/immeritevolezza di coercizione degli interessi regolati dal contratto ex art. 1322, 2° comma c.c., la ricerca si conclude con lo studio del problema dell’esistenza, nel sistema, di casi di obbligazioni imperfette “nominate” ulteriori rispetto a quella del debito di gioco ex art. 1933 c.c.. Si sono così esaminate, da un lato, la disposizione fiduciaria, ipotizzando la presenza di due fattispecie regolate dall’art. 627 c.c. e dall’altro lato, la relazione tra le due categorie di o.n. ed il debito prescritto o prescrittibile. Infine si è cercato di approfondire i problemi dello “scontro” tra norme imperative ed o.n. (canonistiche e romanistiche) e della relazione tra quest’ ultime e la conferma e l’esecuzione delle disposizioni testamentarie e delle donazioni nulle.
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