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Archivio digitale delle tesi discusse presso l’Università di Pisa

Tesi etd-07242016-200959


Tipo di tesi
Tesi di laurea magistrale LM5
Autore
MORGANO, DANIELA
URN
etd-07242016-200959
Titolo
Sviluppo di due modelli ex vivo di cute di cane
Dipartimento
SCIENZE VETERINARIE
Corso di studi
MEDICINA VETERINARIA
Relatori
relatore Dott. Miragliotta, Vincenzo
Parole chiave
  • cane
  • cultura d’organo
  • cute
  • serum-free
Data inizio appello
16/09/2016
Consultabilità
Completa
Riassunto
I problemi dermatologici rappresentano la seconda causa per cui un cane viene presentato a un veterinario dopo le profilassi vaccinali. La ricerca dermatologica veterinaria si avvale di modelli cellulari (cheratinociti o fibroblasti), modelli organotipici (i cheratinociti vengono coltivati su una matrice artificiale popolata da fibroblasti), che riescono a riprodurre solo parzialmente la funzione e le caratteristiche morfologiche della cute, e colture d’organo. Quest’ultime, utilizzate in ricerca dermatologica umana, non sono mai state utilizzate negli animali domestici, e in particolare nel cane.
L’obiettivo di questo studio è stato di mettere a punto due modelli di colture d’organo di cute canina della durata di 14 giorni. I modelli sperimentati sono stati “submerged” (coltivazione delle biopsie per immersione nel mezzo di coltura) e “air-liquid interface” (solo il derma viene immerso nel mezzo di coltura, mentre l’epidermide rimane esposta all’aria, riproducendo così una situazione più simile a quanto avviene in natura).
Date le più recenti evidenze che correlano l’insorgenza della dermatite atopica con un danneggiamento della barriera cutanea, un set di biopsie è stato utilizzato per valutare un metodo di danneggiamento dello strato corneo: un modello in cui la barriara cutanea (normale struttura dello strato corneo) è danneggiata sarebbe di estrema utilità nello studio della patogenesi e del trattamento della dermatite atopica.
Nei campioni messi in coltura col modello “submerged” sono state valutate le caratteristiche morfologiche e lo spessore dell’epidermide su sezioni colorate istologicamente, la proliferazione e la differenziazione dei cheratinociti sono stati valutati mediante indagini immunoistochimiche. Per i campioni “air-liquid interface”, invece, sono state valutate soltanto le caratteristiche morfologiche e lo spessore epidermico. La prova di danneggiamento della barriera cutanea è stata valutata solo dal punto di vista morfologico.
Il modello submerged ha mostrato strutture anatomiche conservate per tutti i 14 giorni di coltura; nuclei picnotici sono stati riscontrati dal giorno 7. Lo spessore dell’epidermide non è diminuito significativamente durante lo studio. L’immunolocalizzazione delle citocheratine 10, 14 e della loricrina hanno confermato la normale differenziazione dei cheratinociti. Una riduzione nella proliferazione dei cheratinociti è stata osservata dal giorno 7.
I risultati del modello “air-liquid interface” hanno mostrato caratteristiche morfologiche sovrapponibili a quelle del modello “submerged” fino al giorno 7 di coltura. Estese aree di iperparacheratosi e degenerazione dei follicoli piliferi sono state osservate a partire dal giorno 10. Lo spessore dell’epidermide non è variato in maniera significativa rispetto al giorno 0.
La cute in cui è stata eseguita una prova di danneggiamento della barriera presentava un danno esteso all’intera epidermide e non soltanto allo strato corneo.
In conclusione, il metodo “submerged” risulta essere un valido strumento per la coltivazione della cute, utilizzabile per studi fisiopatologici, per testare composti terapeutici e per poter ottenere una maggiore conoscenza delle caratteristiche biologiche e istologiche e per capire meglio i meccanismi eziopatologici che caratterizzano particolari patologie cutanee. Il metodo “air-liquid interface” va sicuramente perfezionato, la cute degenera prima del termine della coltura. Anche la prova di danneggiamento della barriera non è andata a buon fine, rendendo, in futuro, necessario il ricorso ad altre tecniche già sperimentate in altri studi, come l’utilizzo dell’acetone, del laurilsolfato di sodio e del metodo del “tape stripping”.
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