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Archivio digitale delle tesi discusse presso l'Università di Pisa

Tesi etd-07202017-175203


Tipo di tesi
Tesi di specializzazione (4 anni)
Autore
QASEM, AHMAD AMEDEO
URN
etd-07202017-175203
Titolo
Percorso ortogeriatrico nei pazienti con frattura da fragilità: sopravvivenza a medio e lungo termine e fattori predittivi di mortalità
Dipartimento
MEDICINA CLINICA E SPERIMENTALE
Corso di studi
GERIATRIA
Relatori
relatore Prof. Monzani, Fabio
correlatore Prof. Carmassi, Franco
Parole chiave
  • frattura da fragilità
  • geriatria
  • sopravvivenza
Data inizio appello
08/08/2017
Consultabilità
Completa
Riassunto
Introduzione - La popolazione anziana (≥ 65 anni) rappresenta un'ampia proporzione della popolazione italiana (> 20%), destinata a raddoppiare entro il 2050. Una delle evenienze a cui frequentemente va incontro la popolazione anziana è la caduta con possibili complicanze di cui la più e temibile è la frattura di femore. L’aumentare dell’età spesso predispone alla caduta (1), inoltre la caduta può essere la spia (evento sentinella) di una condizione patologica sottostante e di per sé costituisce un fattore di rischio per ulteriori cadute (2). La prevenzione dell’evento caduta è di fondamentale importanza in quanto si associa ad un significativo incremento della mortalità nonché dei costi socio-economici dovuti all’ospedalizzazione e al successivo eventuale ricovero in strutture protette (1).
La frattura dell’anziano si associa frequentemente a traumi a bassa energia, per via della maggior fragilità dell’apparato muscolo-scheletrico dovuta all’osteoporosi ed allasarcopenia (3). La frattura di femore nella stragrande maggioranza dei casi necessita di trattamento chirurgico con l’obiettivo di ripristinare la biomeccanica dell’arto e preservare la deambulazione. Il tipo di intervento dipende dalla localizzazione della frattura (intracapsulare/extracapsulare) ed è rappresentato dalla fissazione interna tramite viti, placche o chiodi endomidollari o dalla sostituzione protesica (artroprotesi/endoprotesi). I pazienti anziani che si fratturano presentano spesso numerose comorbiditàe sono esposti ad un maggior numero di eventi avversi come il delirium peri-operatorio, infezioni, scompenso cardiaco, tromboembolismo e complicanze iatrogene. Tutto ciò a sua volta aumenta il rischio di decadimento funzionale e di morte.
Nell’ottica di gestire al meglio questi soggetti particolarmente fragili è nata in Inghilterra alla fine degli anni ’50 l’Ortogeriatria (4,5), modello di gestione integrato tra geriatra, ortopedico e anestesista volto a migliorare il recupero post-operatorio, il rischio di complicanze peri-operatorie, ed il numero diriospedalizzazioni (3). Al geriatra è demandata la gestione pre- e post operatoria delle comorbidità, mediante interventi terapeutici e controlli clinici quotidiani atti a favorire un più precoce intervento di stabilizzazione chirurgica ed una più precoce riabilitazione al fine di favorire il recupero dell'autonomia funzionale ed una riduzione della mortalità globale.
Scopo di questo studio è l’individuazione dei principali fattori predittivi di mortalità a medio-lungo termine, nei pazienti con frattura di femore da fragilità sottoposti ad intervento chirurgico, seguiti nel percorso ortogeriatrico dell'Azienda Ospedaliero-Universitaria di Pisa (AOUP). L’identificazione di questi fattori, potrebbe portare a migliorare la pianificazione di interventi preventivi atti a ridurre la mortalità e la disabilità funzionale residua e conseguentemente i costi socio-economici ad esse associati.
Materiali e metodi - Il presente studio osservazionale prospettico è stato condotto su una popolazione di 970 pazienti [25% (239) uomini e 75% (731) donne con età media (±DS)di 84±7anni] ricoverati consecutivamente da Aprile 2014 a Gennaio 2017 presso le UUOO di Traumatologia e Ortopedia dell'AOUP con diagnosi di frattura di collo di femore e seguiti durante la degenza nel percorso ortogeriatrico. Il percorso Ortogeriatriatrico prevede la cogestione dei pazienti da parte dei Geriatri e degli Ortopedicinelle ore diurne dal lunedì al sabato. Nella fase preoperatoria tutti i pazienti sono stati sottoposti a dettagliatavalutazione clinico-anamnestica nonché a valutazione multidimensionale geriatrica (VMDG) mediante i seguenti test:stato cognitivo mentale all’ingresso tramite Short PortableMental Status Questionnaire (SPMSQ), valutazione del grado di autonomia prefrattura tramite Activities of Daily Living e InstrumentalActivities of Daily Living (ADL e IADL), valutazione dello stato nutrizionale con Mini NutritionalAssessment(MNA), controllo dello stato cognitivo tramiteConfusionAssessment Method (CAM) pre e post operatorio per valutare l’eventuale insorgenza di Delirium. Sono stati inoltresottoposti ad esemi ematochimici generali. Al fine di stabilire una stima del filtrato renale è stato calcolato il filtrato glomerulare stimato in rapporto all’età, al sesso, alla razza ed al valore della creatinina in ingresso e alla dimissione, tramite la formula Chronic Kidney Disease Epidemiology Collaboration (CKD-EPI): VFG= 141 X (Cre/Den,l) alfa x max (Cre/Den, l)-1.209 x 0.993 [età] x 1.018 (se femmina) x 1.159 (se di razzanera). Il follow up della mortalità è stato eseguito tramite apposito programma di Gestione sanitaria territoriale e ambuolatoriale(GST e GSA) L’analisi statistica è stata condotta utilizzando il software IBM SPSS Statistic (IBM SPSS Statisticversion 20.0 Ink IBM Corporation and itslicensor 1989-2011).
Risultati - Abbiamo ottenuto un follow-up di osservazione medio di 1067,8 giorni(35.5 mesi)(C.I. 95% 1023,5-1112.2).
L'età media dei pazienti era 84 anni (±7 DS), la degenza media è risultata di 6 giorni(±2.6 DS) senza differenze significative nei due sessi.
La mortalità globale è risultata essere del 35%(298 pazienti),di questi il 67%(217) erano donne ed il 23% uomini (p<0.05).
La sopravvivenza è stata valutata in funzione di parametri quali l’età, il sesso, il tipo di intervento chirurgico effettuato, la presenza di delirium perioperatorio, lo score ADL, SPMSQ, CIRS, MNA, filtrato glomerulare stimato (CDKepi, cut off a 40 ml/min/1.73 m2).
Abbiamo diviso la popolazione per tipo di intervento; Nei pazienti sottoposti ad intervento di sostituzione protesica dell’anca si è osservato un numero di decessi pari a 160 con una sopravvivenza del 66.7%; nei pazienti sottoposti a osteosintesi si è osservato sopravvivenza del 66.2%. In una sottopopolazione di pazienti con decadimento cognitivo SPSMQ>3, la mortalità dei pazienti sottoposti ad osteosintesi è risultata essere del 43% rispetto al 55% dei pazienti sottoposti ad osteoprotesi(p₌0.06).
Dividendo la popolazione in quartili per età (<79, tra 79 e 85, tra 85 e 89 e sopra 89 anni) abbiamo osservato una mortalità rispettivamente del 21, 26, 38, raggiungendo il 55% nell’ultimo quartile (p<0.01).
In base al punteggio ADL abbiamo costituito due gruppi; il primo, con ADL ≥4 costituito da 475 pazienti, il secondo con ADL<4 composta da 320 pazienti. Nel gruppo ADL<4 si sono registrati 101 decessi con una sopravvivenza del 47% mentre nel secondo si sono registrati 101 decessi con una sopravvivenza del 78.7. L’analisi di sopravvivenza eseguita tramite test Log Rank (Mantel-Cox) ha evidenziato una p<0,001 tra la mortalità e il livello autonomia pre-evento (ADL<4).
In base al decadimento cognitivo la popolazione è stata suddivisa in tre gruppi, uno senza decadimento, punteggio allo SPMSQ ≤1, e gli altri due con decadimento cognitivo, (SPMSQ tra 1 e 3, maggiore o uguale a 3) osservando al follow up una mortalità rispettivamente del 22, 36 e del 47%(p <0,001).
In base al punteggio CIRSs(rispettivamente con CIRS s<1.46, ≥1.46<1.69, ≥1.69<2, ≥2), abbiamo formato 4 gruppi. Il primo di 218 pazienti con una mortalità del 27%; il secondo con una popolazione di 180 soggetti, ed una mortalità del 30%, il terzo gruppo di 239 pazienti, con mortalità del 36 %; ed il quarto gruppo, composto da 141 pazienti, con mortalità del 47%. L’analisi di sopravvivenza eseguita tramite test Log Rank (Mantel-Cox) ha evidenziato una p<0,0001 tra la mortalità gruppi CIRSs.
In base al punteggio SPSMQ, abbiamo formato tre gruppi (<1, tra 1 e 3, maggiore o uguale a 3). Nel primo composto da 345 pazienti, si sono osservati 76 decessi con una sopravvivenza del 78, nel secondo gruppo composto da 177 pazienti, si sono osservati 63 decessi con una sopravvivenza di 64,4%, mentre nel terzo gruppo composto da 257 pazienti del abbiamo osservato una sopravvivenza del 53,3%(120 decessi). L’analisi di sopravvivenza condotta ha evidenziato una p<0.001 tra gradi di SPMSQ e la mortalità.
Alla luce del filtrato glomerulare stimato con CDKEPI, abbiamo diviso la popolazione in 2 gruppi; uno con filtrato glomerulare ≤40 ml/min/ 1,73 m2 e uno con filtrato glomerulare >40 ml/min/1,73 m2. Il primo gruppo di 486 pazienti aveva una sopravvivenza del 68.9%, mentre il secondo gruppo di 177 pazienti una sopravvivenza del 52%. Il test Log Rank (Mantel-Cox) ha evidenziato (p<0,001) tra la mortalità e CDKEPI< 40ml/min/ 1,73 m2.
In base al risultato del MNA, abbiamo suddiviso la popolazione in due gruppi, il primo gruppo di pazienti, con MNA negativo, composto da 574 pazienti (deceduti 171, sopravvivenza del 70.2). Un secondo gruppo di 120 pazienti con malnutrizione o rischio di malnutrizione (deceduti 53, sopravvivenza del 55.5%). L’analisi di sopravvivenza eseguita tramite test Log Rank (Mantel-Cox) ha evidenziato correlazione tra la mortalità e malnutrizione(p<0.01).
In base alla presenza di Delirium, la popolazione in esame è stata suddivisa in due gruppi, il primo gruppo di pazienti, ha sviluppato delirium perioperatorio, composto da 96 pazienti (deceduti 40, sopravvivenza del 58.3%). Un secondo gruppo di 638 pazienti che non ha sviluppato delirium (deceduti 220, sopravvivenza del 65.5%). L’analisi di sopravvivenza eseguita tramite test Log Rank (Mantel-Cox) ha evidenziato una correlazione tra la mortalità e D perioperatorio(p<0.01). La prevalenza del delirium è risultata essere del 12.8%.
E’ stata effettuata l’analisi multivariata (BacwardStepwise), utilizzando come variabili dipendenti quelle risultate significative alla regressione univariata identificando le seguenti variabili: l’età(O.R. 1.042; 95% C.I., 1.014 to 1.071),filtrato glomerulare inferiore a 40 ml/min(O.R.0.57; 95% C.I., 0.388 to 0.853),la durata della degenza>6 giorni(O.R. 1.625; 95% C.I., 1.066 to 2.478), la disabilità precedente all’evento fratturativo con ADL<4(O.R.0.363; 95% C.I., 0.243 to 0.541).
Discussione e Conclusioni - Questo studio è stato condotto su una popolazione di soggetti anziani afferenti al Pronto Soccorso per caduta con conseguente frattura di collo del femore. La nostra casistica ha evidenziato come la causa più frequente che conduce alla frattura di femore sia la caduta accidentale (95,6%). Tale dato è in linea con studi condotti precedentemente su popolazioni analoghe (123). Inoltre la popolazione oggetto dello studio era composta principalmente da donne (75%) confermando i dati di studi su larga scala (6). In aggiunta le caratteristiche generali della popolazione per età e numero di comorbidità sono coerenti con le casistiche nazionali ed europee degli attuali modelli orto geriatrici (7).
Rispetto al nostro precedente studio, abbiamo ampliato la casistica di circa 4 volte (126), includendo pazienti operati da un’altra equipe chirurgica. Alla luce dei dati attuali, è emerso che il rischio di morte ha un andamento graduale nel tempo e che raggiunge il 35.2% a circa 3.5 anni di follow up medio. È noto che la frattura di femore è un evento con una prognosi negativa (127) e che presenta un notevole impatto sulla autonomia funzionale. Il tasso di mortalità da noi registrato è comparabile con la mortalità registrata per alcune neoplasie maligne in fase avanzata (128).
Non vi è differenza di sopravvivenza correlata alla tipologia di intervento(protesi vs osteosintesi). Abbiamo però osservato, come vi sia una differenza in termini di sopravvivenza e tipo di intervento nei pazienti con decadimento cognitivo conclamato. In questo caso, vi è una correlazione ai limiti della significatività per aumento di mortalità nei pazienti con demenza che vengono sottoposti ad intervento di sostituzione protesica dell’anca. Ciò potrebbe essere attribuibile al fatto che in effetti si tratta di un intervento a maggior invasività, che presenta un grado di sanguinamento maggiore rispetto all’intervento di osteosintesi, con durata di intervento maggiore e quindi tempi maggiori di esposizione a farmaci anestetici(Generale o locale), che possono teoricamente peggiorare il quadro dementigeno, e quindi l’outcome(129).
La sopravvivenza ad un follow up medio di 35.5 mesi è stata anche messa in relazione con altre variabili che sono state esplorate a vari livelli in altri studi con coorti di pazienti anziani fratturati (35-38). Le variabili utilizzate sono state: Età, sesso, ADL basale < o > 4, presenza di Delirium perioperatorio, SPMSQ, CIRS, e CKD-EPI< o > 40 ml/min/1.73 m2, durata della degenza, MNA. Come noto (34,39), si conferma che il sesso maschile costituisce un fattore prognostico negativo come la presenza di un decadimento cognitivo, di una ridotta funzione renale valutata con formula CKD-EPI e di disabilità valutata in base a indici oggettivi (ADL) la presenza e la severità delle comorbidità. Non da ultima, l’età costituisce un determinante fondamentale e l’essere ultraottantenni costituisce un fattore prognostico negativo. Come già noto, il delirium perioperatorio è risultato associato ad incremento della mortalità al follow-up a medio-lungo termine. Il dato interessante, è che abbiamo confermato con un ampio campione di pazienti il dato della bassa prevalenza nella nostra unità orto geriatrica che si attesta intorno al 12.8%, circa la metà rispetto alla prevalenza Nazionale del 20.6 %. Questo è probabilmente il risultato di una forte sensibilizzazione ed educazione sanitaria sul tema del Delirium, affrontata quotidianamente sia con il personale paramedico, sia con i familiari-caregiver, che sono stati coinvolti attivamente nella prevenzione del Delirium fin dall’ingresso in reparto dopo adeguato training. Questa bassa prevalenza, ha contribuito in parte alla riduzione dei tempi di degenza nel nostro reparto, migliorando quindi, come dimostrato in questo studio, anche la prognosi dei nostri pazienti.
Altro dato significativo di questo studio, è che quasi nessun paziente assumeva terapia anti-osteoporotica a scopo preventivo (il 94% dei pazienti non assumeva terapia antiriassorbitiva, ed il 90% non era in trattamento con VitD)(124). È ormai assodato che il trattamento preventivo dell’osteoporosi riduce in modo significativo il rischio fratturativo, e conseguentemente anche i costi relativi alla complicanza più comune di tale patologia, quale la frattura. Non di meno, ha un impatto sociale significativo a causa della disabilità acuta che si viene a creare, che viene a pesare sull’intero nucleo familiare sia in termini economici che psicosociali. Nonostante le evidenze scientifiche sull’efficacia preventiva della terapia antiosteoporotica, e dell’impatto socioeconomico che consegue all’evento fratturativo, a livello europeo, questo trattamento rimane sottostimato (125). Queste evidenze avvalorano ulteriormente l’importanza della gestione condivisa di questi malati, con i geriatri che prendono in carico il paziente sia durante la degenza che nel follow up, garantendo di pari passo la prescrizione delle terapie specifiche. Con l’analisi di regressione logistica multivariata abbiamo valutato i vari scenari predittivi di mortalità utilizzando le variabili risultate significative all’analisi univariata. Come atteso, l’età è risultata essere il maggior predittore di mortalità al follow up a medio-lungo termine, unito alla durata della degenza, al filtrato glomerulare stimato ed al grado di disabilità. Questo è in linea con quanto evidenziato in studi precedenti (40). Questo lavoro conferma che il percorso orto geriatrico, esteso anche sul territorio, costituisca il gold standard per il trattamento dei pazienti fragili fratturati consentendo la migliore combinazione possibile tra cure ortopediche e cure mediche (41-46). L’evidenza che la maggior mortalità è associata anche al tipo di intervento chirurgico nei pazienti con decadimento cognitivo avanzato, suggerisce l’investimento in ambito di ricerca per escogitare tecniche chirurgiche mini-invasive che espongono a una quota minore di sanguinamento, minor durata di intervento e minor tempo di esposizione ad anestetici generali-locali.
Poiché una volta verificatosi un evento fratturativo acuto la disabilità residua ha un notevole impatto sulla sopravvivenza, un occhio di riguardo deve essere dato alla prevenzione e al procrastinare l’insorgenza della disabilità stessa sia con programmi di salute pubblica che con accorgimenti specifici per le esigenze del singolo. Su questa linea, è utile rimarcare quanto suggerito dalla“ Società Italiana dell’Osteoporosi, del Metabolismo Minerale e delle Malattie dello Scheletro” (SIOMMMS) e della “Federazione Italiana Osteoporosi e Malattie dello Scheletro” (FEDIOS), ovvero, sensibilizzare la popolazione alla supplementazione vitaminica e calcica in prima battuta ed eventualmente alla terapia con bifosfonati. Purtroppo ad oggi la terapia antiosteoporotica viene ancora percepita come una terapia di scarsa importanza e i recenti dati Istat confermano che è tra le prime terapie ad essere abbandonate (32).
Dato che diversi studi confermano come la dimissione in strutture dedicate alla riabilitazione favorisca una migliore ripresa dell’autonomia (47) sarebbe auspicabile la costituzione di un maggior numero di strutture volte a questo tipo di trattamento riabilitativo in maniera da far fronte alla crescente necessità e assicurare una continuità riabilitativa tra le prime mobilizzazioni ospedaliere e il periodo post dimissioni e creare dei percorsi dedicati alla riabilitazione dell’anziano fragile, fruibili dal maggior numero possibile di pazienti.
Un attento controllo della idratazione, dell'anemia post chirurgica oltre che della nutrizione e della precoce mobilizzazione(che conseguentemente riducono lo sviluppo di delirium) come suggerito dalla disciplina ortogeriatrica potrebbe essere la spiegazione del minor rischio di mortalità intraospedialiero ed a breve termine evidenziati in questo studio, rispetto ai dati generali. Ulteriori studi prospettici, multicentrici sono necessari per confermare questorisultato e valutarne le potenziali applicazioni in ambito clinico.
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