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Archivio digitale delle tesi discusse presso l’Università di Pisa

Tesi etd-07142023-120856


Tipo di tesi
Tesi di specializzazione (5 anni)
Autore
FALCHI, NADIA
URN
etd-07142023-120856
Titolo
La preservazione della fertilità nella paziente oncologica in età fertile: analisi dei risultati del Centro Procreazione Medicalmente Assistita di Pisa negli ultimi dieci anni
Dipartimento
MEDICINA CLINICA E SPERIMENTALE
Corso di studi
GINECOLOGIA ED OSTETRICIA
Relatori
relatore Prof. Simoncini, Tommaso
relatore Dott. Cela, Vito
Parole chiave
  • ginecologia
  • preservazione fertilità
  • oncofertilità
  • criopreservazione ovocitaria
  • procreazione medicalmente assistita
  • oncologia
  • pediatria
  • fertility preservation
  • oncofertility
  • oocyte cryopreservation
  • in vitro fertilization
  • oncology
  • pediatrics
  • gynecology
Data inizio appello
03/08/2023
Consultabilità
Non consultabile
Data di rilascio
03/08/2093
Riassunto
In Italia, nel 2014, si stima siano stati diagnosticati 365.500 nuovi casi di tumore maligno, di cui il 10% in pazienti in età fertile.
Negli ultimi venticinque anni, grazie al progresso dei trattamenti oncologici ed all’aumento delle diagnosi in fase precoce, il tasso di mortalità correlato a neoplasia si è ridotto considerevolmente; ciò ha messo in risalto l’esigenza di porre speciale attenzione agli effetti a lungo termine delle terapie antineoplastiche ed alla qualità della vita dei sopravvissuti, tra cui il desiderio di genitorialità. Di fatto un importante effetto collaterale di alcune terapie eseguite nelle donne in età fertile è la gonadotossicità, che può portare all’incapacità di un concepimento spontaneo nei cancer survivors tramite vari meccanismi, tra cui l'esaurimento ovarico precoce (POI). Inoltre, alcune terapie possono determinare una importante deplezione della riserva follicolare senza la concomitante assenza di cicli mestruali, pertanto la fertilità potrebbe già essere severamente compromessa da anni prima del momento della scomparsa dei cicli. Il rischio di infertilità dovrebbe essere valutato il più precocemente possibile mediante un counseling con uno specialista di oncofertilità, così da offrire alla paziente le migliori strategie di tutela della fertilità futura. Le tecniche di preservazione della fertilità, pur essendo ampiamente riconosciute valide dalla letteratura e nonostante una crescente cultura del personale sanitario specialistico al riguardo, vengono offerte ancora solo a una parte delle pazienti oncologiche, soprattutto in età pediatrica. Il nostro studio si propone di analizzare i risultati del percorso di preservazione della fertilità nelle pazienti afferite al Centro di Procreazione Assistita di Pisa nel corso dell’ultimo decennio, dal 2013 al 2023, quanto ad outcomes, sicurezza ed efficacia della procedura. In questo studio retrospettivo di coorte sono state incluse 170 pazienti con indicazione oncologica alla preservazione della fertilità: 13 pazienti sottoposte a prelievo di tessuto ovarico od ovariectomia mediante intervento chirurgico laparoscopico e 157 pazienti sottoposte a prelievo ecoguidato di ovociti e criopreservazione degli stessi, per un totale di 181 cicli. Nelle pazienti oncologiche sottoposte a prelievo ecoguidato di ovociti sono stati recuperati in media 6,2 ovociti a paziente, ed in 16 cicli (8.8% del totale) non sono stati recuperati ovociti idonei alla criopreservazione. In tutte le pazienti affette da carcinoma mammario è stato effettuato un protocollo di stimolazione con aggiunta di un farmaco anti estrogeno (Letrozolo) ed i nostri dati hanno evidenziato che non non incide né sul numero di ovociti prelevati né sulla percentuale di ovociti maturi in metafase II. Inoltre è emerso che il fattore che predice meglio la risposta alla stimolazione quanto a ovociti recuperati e ovociti MII è il livello di estradiolo al momento dell’induzione ovulatoria. Infine, in linea con la letteratura, abbiamo evidenziato che l’ analogo del GnRH come induttore dell’ovulazione permette di recuperare una percentuale superiore di ovociti MII sul totale degli ovociti prelevati rispetto all’hCG (75.05% vs 70.41%) sebbene tale dato non raggiunga la significatività statistica. Delle 13 pazienti sottoposte a criopreservazione di tessuto ovarico, in 8 pazienti il tessuto è stato prelevato e criopreservato presso il Nostro Centro, mentre in 5 pazienti il tessuto prelevato è stato inviato in una criobanca esterna. Tra le pazienti in cui il tessuto è stato criopreservato presso il nostro Centro, in 7 su 8 sono stati evidenziati follicoli primari all'esame istologico delle biopsie ovariche e in nessuna paziente è stata evidenziata la presenza di cellule neoplastiche. In una sola paziente non sono stati riscontrati follicoli all'esame istologico. I nostri dati hanno mostrato la sicurezza dei protocolli di preservazione della fertilità, in quanto in nessuna delle pazienti si sono verificate complicanze o effetti collaterali significativi che abbiano ritardato l’inizio delle terapie antineoplastiche. Riteniamo, in accordo con la letteratura, che la migliore strategia di tutela della fertilità debba prevedere la crioconservazione dei gameti, qualora le tempistiche oncologiche lo permettano, o la criopreservazione del tessuto ovarico nelle bambine pre-pubere e nei casi di impossibilità al procrastinamento del trattamento antineoplastico. Riteniamo inoltre di massima importanza sensibilizzare i clinici riguardo l’invio precoce della giovane paziente oncologica allo specialista in oncofertilità ai fini di garantire la massima qualità di vita possibile dopo la fine delle cure, tra cui la tutela del desiderio di genitorialità.

In Italy, in 2014, an estimated 365,500 new cases of malignant tumors were diagnosed, 10% of which in patients of childbearing age.
In the last twenty-five years, thanks to the progress of oncological treatments and the increase in early stage diagnoses, the mortality rate related to cancer has decreased considerably; this has highlighted the need to pay special attention to the long-term effects of antineoplastic therapies and the quality of life of survivors, including the desire for parenthood. In fact, an important side effect of some therapies performed in women of childbearing age is gonadotoxicity, which can lead to the inability of spontaneous conception in cancer survivors through various mechanisms, including primary ovarian insufficiency (POI). Furthermore, some therapies can determine a significant depletion of the follicular reserve without the concomitant absence of menstrual cycles, therefore fertility could already be severely compromised for years before the moment of disappearance of the cycles. The risk of infertility should be assessed as early as possible through counseling with an oncofertility specialist, so as to offer the patient the best strategies to protect future fertility. Fertility preservation techniques, despite being widely recognized as valid in the literature and despite a growing culture of specialist healthcare personnel in this regard, are still offered only to a part of cancer patients, especially in the pediatric age group. Our study aims to analyze the results of the fertility preservation process in patients referred to the Assisted Procreation Center of Pisa over the last decade, from 2013 to 2023, in terms of outcomes, safety and efficacy of the procedure. This retrospective cohort study included 170 patients with an oncological indication for fertility preservation: 13 patients who underwent ovarian tissue retrieval or ovariectomy by laparoscopic surgery and 157 patients who underwent ultrasound-guided oocyte retrieval and cryopreservation, for a total of 181 cycles. In cancer patients undergoing ultrasound-guided oocyte retrieval, an average of 6.2 oocytes per patient were recovered, and in 16 cycles (8.8% of the total) no oocytes suitable for cryopreservation were recovered. In all patients affected by breast cancer a stimulation protocol was carried out with the addition of an anti-estrogen drug (Letrozole) and our data showed that it does not affect either the number of oocytes collected or the percentage of mature oocytes in metaphase II. Furthermore, it emerged that the factor that best predicts the response to stimulation in terms of retrieved oocytes and MII oocytes is the level of estradiol at the time of ovulation induction. Finally, in agreement with the literature, we have shown that the GnRH analogue as an ovulation inducer allows the recovery of a higher percentage of MII oocytes out of the total number of oocytes collected compared to hCG (75.05% vs 70.41%) although this figure does not reach statistical significance. Of the 13 patients who underwent cryopreservation of ovarian tissue, in 8 patients the tissue was collected and cryopreserved at our Center, while in 5 patients the tissue collected was sent to an external cryobank. Among the patients whose tissue was cryopreserved at our Center, primary follicles were found in 7 out of 8 on histological examination of ovarian biopsies and the presence of neoplastic cells was found in none of the patients. In only one patient no follicles were found on histological examination. Our data showed the safety of fertility preservation protocols, as complications or significant side effects delaying the initiation of antineoplastic therapies occurred in none of the patients. We believe, in agreement with the literature, that the best fertility protection strategy should include cryopreservation of gametes, if oncological timing allows it, or cryopreservation of ovarian tissue in pre-pubertal girls and in cases of impossibility to procrastinate antineoplastic treatment. We also believe it is of the most importance to make clinicians aware of the early referral of the young cancer patient to the oncofertility specialist in order to guarantee the highest possible quality of life after the end of the treatments, including the protection of the desire for parenthood.
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