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La poesia italiana contemporanea è spesso descritta, perlomeno a partire dagli anni Settanta, come un campo puntiforme: con il collasso delle poetiche novecentesche, il panorama è in una condizione di anomia per la quale ciascuna scelta formale è equivalente alle altre. Sul finire di quel decennio, inoltre, la poesia si vede relegata ai margini del discorso pubblico, definitivamente privata di quel mandato sociale che già vacillava ad inizio secolo. Come mutano le forme poetiche in relazione a questi cambiamenti così profondi ed evidenti? È possibile rintracciare delle costanti formali, di contenuto o di postura ideologica in questa pluralità adiafora, così da proporre un tentativo di storiografia del presente?
La tesi analizza quindi le diverse modalità formali con cui la poesia italiana si è riconfigurata negli ultimi quarant’anni, adattandosi cioè al nuovo contesto socio-cultuale dell’Italia post-mutazione antropologica. La prima parte si concentra su determinate esperienze accomunate da una vis “antagonista”, come il Gruppo 93 e (mutatis mutandis) la poesia avant-pop. La seconda, focalizzandosi sulla poesia del nuovo millennio, separa le forme di “persistenza lirica” – in cui cioè si intravedono movenze riconoscibili come “tradizionali” – dalle cosiddette “scritture di ricerca”, per poi approfondirne i caratteri. Leggendo i fenomeni di stile alla luce delle premesse ideologiche e di poetica, nonché collocandoli all’interno di un quadro ermeneutico, è così possibile offrire non solo un’analisi di fenomeni recenti e per questo ancora poco studiati – attraversando le questioni principali che li definiscono e coinvolgono, ma anche un primo ordinamento della nostra contemporaneità poetica che superi l’immagine dell’astro esploso come unica rappresentazione possibile.