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Archivio digitale delle tesi discusse presso l’Università di Pisa

Tesi etd-07092012-195844


Tipo di tesi
Tesi di specializzazione
Autore
TOGNINI, SARA
URN
etd-07092012-195844
Titolo
Paziente anziano fragile in un reparto di area critica: valutazione multifunzionale geriatrica ed outcome clinico.
Dipartimento
MEDICINA E CHIRURGIA
Corso di studi
MEDICINA INTERNA
Relatori
relatore Prof. Monzani, Fabio
Parole chiave
  • anziano
  • deficit cognitivo
  • patologia acuta
  • valutazione multifunzionale
Data inizio appello
30/07/2012
Consultabilità
Completa
Riassunto
INTRODUZIONE L' invecchiamento della popolazione nei paesi occidentali rappresenta senza dubbio il risultato principale del miglioramento delle condizioni socio-sanitarie avvenuto il secolo scorso, ma allo stesso tempo, anche la più grande sfida per il sistema sanitario. La dinamica demografica pone l’Italia fra i paesi con la più alta percentuale di anziani: oltre il 20%, ossia quasi 12 milioni di persone, hanno un’età superiore a 65 anni e circa l’11% superiore ad 80 anni. Il concetto di salute, inteso come stato di completo benessere fisico, mentale e sociale e non semplicemente assenza di malattia o infermità, è particolarmente appropriato nel soggetto anziano; per tale motivo grande rilevanza assumono le problematiche cognitive, dalle forme più gravi di demenza (Alzheimer, Lewy) ai disordini apparentemente minori, e la presenza di disabilità funzionale. In questo contesto, negli ultimi decenni, il concetto di fragilità è apparso come uno dei problemi fondamentali nella cura dei pazienti più anziani (De Lepeleire J 2009). Si definisce fragilità quella condizione o sindrome, dovuta ad una comprossione di molteplici sistemi e/o organi, caratterizzata da una maggiore vulnerabilità e una conseguente riduzione della capacità di rispondere fattori di stress ( Campbell A 1997). Gli anziani comorbidi e fragili hanno pertanto una maggiore probabilità di andare incontro ad eventi avversi acuti o riacutizzazione di una o più patologie, con conseguente ospedalizzazione. Le persone in età geriatrica necessitano, in media, di visite più urgenti e di più frequenti ricoveri con tempi di degenza solitamente più prolungati rispetto agli adulti. L’attuale organizzazione dei dipartimenti d’emergenza-urgenza (DEA) non sempre tiene conto della necessità del paziente anziano di permanere il meno possibile nel DEA e dei suoi bisogni, determinati non solo dalle numerose patologie, ma anche da problemi sociali ed esistenziali, dalla disabilità e dalla precaria performance cognitiva ed affettiva. Quando infatti un paziente anziano comorbide con deficit cognitivi e funzionali, si presenta in PS, il sistema va in crisi, rallenta e diventa inefficiente (Salvi f 2007, Parke 2011). Malgrado crescenti evidenze scientifiche suggeriscono l’importanza di una completa valutazione funzionale e cognitiva nell’assessment del paziente anziano con patologia acuta, in quanto importante fattore prognostico negativo, raramente questa viene eseguita al momento del ricovero.
SCOPO DELLO STUDIO Tenendo conto che il 30% dei pazienti che afferiscono al PS della AOUP hanno più di 70 anni, lo scopo del presente studio è: i) effettuare una ampia valutazione geriatrica, con particolare attenzione ai deficit funzionali e cognitivi, compreso il delirium, nei pazienti di età superiore ai 75 anni ricoverati in reparto di emergenza (non ICU). ii) valutare la possibile correlazione tra lo stato funzionale e cognitivo, la patologia motivo del ricovero ed i parametri ematochimici di routine iii) individuare i maggiori fattori predittivi di outcome negativo , sia in termini di durata della degenza che di sopravvivenza a breve termine iiii) valutare la variazione dello stato cognitivo al momento della dimissione.
MATERIALE E METODI Studio osservazionale, prospettico su 527 pazienti, (55.8% donne) di età media (±DS) 82.6±6.7 anni, ricoverati consecutivamente tra aprile e dicembre 2010, nel reparto di Medicina d’Urgenza (non UTI) della AOUP. Sono stati esclusi dallo studio i pazienti identificati come codice rosso al triage del Pronto Soccorso (PS) e quelli in stato confusionale secondario a trauma cranico e/o abuso (stupefacenti, alcool, farmaci psicotropi). All’ingresso in PS sono stati raccolti i principali parametri vitali (PA, FC, FR, TC) valutato il livello di coscienza applicando lo schema AVPU, calcolando il modified Early Warning Score (mEWS) e valutata la presenza di delirium mediante Confusion Assessment Method (CAM). Entro 12 ore dall’accesso, sono stati valutati: stato funzionale mediante indice di Barthel, stato cognitivo con il Mini Mental State Examination (MMSE), il grado di comorbidità mediante dell’Indice di Charlson, i parametri ematochimici di routine e la funzione tiroidea. Infine in 367 pazienti il MMSE è stato somministrato al momento della dimissione.
RISULTATI Nel presente studio la prevalenza di deficit cognitivo (punteggio al MMSE < di 24) risultava superiore al 65%; contestualmente oltre il 50% dei pazienti presentava un deficit funzionale severo (indice di Barthel<50 punti). Le donne, inoltre, si presentavano maggiormente compromesse da un punto di vista cognitivo e funzionale, anche dopo correzione per età, grado di comorbilità e mEWS. E’ stata accertata una significativa correlazione tra punteggio MMSE con alcuni parametri demografici, clinici ed ematochimici. Nello specifico, il punteggio MMSE presentava una correlazione diretta con l’indice di Barthel (p<0.0001; ρ=0.69), i livelli di albumina sierica (p<0.0001; ρ=0.32), di FT3 (p<0.0001; ρ=0.33), colesterolo totale (CT; p=0.007; ρ=0.13), calcio (p=0.005; ρ=0.12) ed emoglobina (Hb; p=0.01; ρ=0.11mentre inversa con l’età (p<0.0001; ρ= -0.34), mEWS (p<0.0001), indice di Charlson (p=0.01; ρ=-0.01) e con le concentrazioni sieriche di leucociti (p=0.004; ρ=-0.13), di proteina C reattiva (PCR; p<0.0001; ρ-0.24) ed, infine, con l’osmolarità (p=0.005; ρ=-0.13). Nel modello finale dell’analisi stepwise, che spiega oltre il 70% delle variazioni del punteggio MMSE (p<0.0001; r2=0.69), l’indice di Barthel presentava il coefficiente standard più elevato, seguito da albumina e FT3.
Per quanto riguarda il delirium, la sua presenza, oltre ad associarsi ad una maggiore compromissione cognitiva [3(0-28) Vs 22 (0-30);p<0.0001], si associava anche ad una maggiore compromissione funzionale [0(0-100) Vs 65(0-100); p<0.0001], a maggiori concentrazioni sieriche di proteina C reattiva (PCR), aspartato aminotrasferasi (AST), lattico deidrogenasi (LDH) e leucociti e, infine, a ridotti livelli di albumina e FT3. In particolare un punteggio all’indice di Barthel superiore a 75 risultava essere il fattore protettivo più importante (p<0.0001; HR 0.26;95%CI 0.14-0.46) mentre uno stato infiammatorio moderatamente severo (PCR>8.5 mg/dl) aumentava di 4 volte il rischio di sviluppare tale condizione clinica.
E’ stata inoltre indagata la connessione tra deficit cognitivo e patologia acuta motivo del ricovero; i pazienti con disidratazione/squilibrio elettrolitico (p<0.000i) presentavano un grado maggiore di compromissione cognitiva.
Per quanto riguarda la mortalità intraospedaliera, risultata pari all’8.2%, abbiamo documentato che i pazienti deceduti presentavano più frequentemente delirium, una maggiore compromissione cognitiva e funzionale (p<0.0001), oltre a un più elevato mEWS (p=0.0004), una maggiore comorbilità (p=0.02) e un’età più avanzata (p=0.0004). Differenze statisticamente significative tra i pazienti sopravvissuti e quelli deceduti sono state documentate anche per quanto riguarda i seguenti parametri: leucociti, creatinina, osmolarità, albumina, sodio, potassio, LDH, AST e PCR. Mediante regressione logistica multipla, l’osmolarità emergeva come il fattore di rischio più importante per la mortalità a breve termine (p<0.0001), seguito dall’indice di Barthel (p=0.01), il mEWS e la presenza di delirium (p=0.04 per entrambe). In particolare, una osmolarità superiore a 303 mOsm/l comportava un rischio di mortalità 7 volte superiore (HR 7.2; 95% CI 1.4-35.7). Infine, non abbiamo documentato alcuna correlazione significativa tra compromissione funzionale e cognitiva all’ingresso (Indice di Barthel e MMSE), età, presenza di delirium e durata della degenza [5.0 (1-33), mediana e range], che contrariamente correlava direttamente con mEWS (p=0.004), indice di Charlson (p=0.003) e il numero dei farmaci (p<0.0001). Abbiamo inoltre osservato un miglioramento del deficit cognitivo alla dimissione [22(0-30) Vs 19.75(0-30); p<0.0001], che risultava indipendente dalla presenza o meno di delirium, dal grado di comorbidità e di compromissione cognitiva iniziale, dalla durata della degenza e dal mEWS. In particolare abbiamo documentato una correlazione statisticamente significativa tra il mEWS e il miglioramento della funzione cognitiva (p=0.006; ρ=0.15).
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