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Archivio digitale delle tesi discusse presso l'Università di Pisa

Tesi etd-07062015-111702


Tipo di tesi
Tesi di laurea magistrale LM5
Autore
PULLARA, LUCA
URN
etd-07062015-111702
Titolo
L'abuso di posizione dominante fra tipicità e atipicità
Dipartimento
GIURISPRUDENZA
Corso di studi
GIURISPRUDENZA
Relatori
relatore Prof. Kutufà, Ilaria
Parole chiave
  • condotte atipiche
  • concorrenza
  • antitrust
  • abuso di posizione dominante
  • speciale responsabilità
Data inizio appello
20/07/2015
Consultabilità
Completa
Riassunto
La tutela del consumatore viene spesso percepita limitatamente ai rapporti che si instaurano fra questi ed un soggetto professionale. Eppure, la messa al bando delle clausole vessatorie e la previsione degli obblighi informativi, non sono gli unici strumenti demandati a tal fine, dovendosi tener conto dei pur indiretti effetti della normativa antitrust sul benessere del consumatore.
Invero, il diritto antitrust, promuove la dinamica concorrenziale in virtù delle positive implicazione che da questa discendono, in termini di innovazione e miglior soddisfacimento dei bisogni della società, determinando un vantaggio, in ultima analisi, per il consumatore. Tuttavia, affinché il meccanismo funzioni, è necessario che dal gioco della concorrenza non emerga un vincitore indiscusso, posto che ciò determinerebbe il venir meno del meccanismo stesso. Il paradosso secondo il quale si incentiva l’ambizione dell’agente economico temendone al contempo il suo successo, caratterizza il peculiare rimedio previsto dalla normativa comunitaria e nazionale in tema di abuso di posizione dominante, ossia l’attribuzione di una speciale responsabilità in capo al soggetto che riesca ad acquisire, in un dato mercato, un potere economico tale da controllarlo.

Il presente elaborato nasce dall’analisi della ricca casistica giurisprudenziale in tema di abuso di posizione dominante, con riferimento alla quale, seguendo un metodo deduttivo, l’autore ha inteso ricercare un profilo sistematico e coerente rispetto alle astratte finalità storicamente attribuite alla tutela della concorrenza. In tal senso, è stato necessario verificare innanzitutto la corrispondenza della casistica concreta all’insieme delle condotte abusive tipizzate dalla norma stessa, dalla cui precisazione si ricava l’ovvio presupposto per la ricerca di forme di abuso ulteriori, c.d. “atipiche”.

Le prime difficoltà sorgono fin dall’analisi delle formule adoperate per descrivere le condotte tipiche, essendo quest’ultime talmente late da generare un ampio dibattito in dottrina circa parametri più consoni per l’applicazione del divieto. In effetti, la norma descrive condotte normalmente lecite (ed anzi solitamente poste in essere dalla generalità degli agenti economici) che divengono sanzionabili ove risultino compiute sfruttando una posizione di dominio. Ma affinché la speciale responsabilità non divenga una sanzione della posizione dominante in sé considerata, servono parametri certi per distinguere lo sfruttamento abusivo dalla lecita manifestazione del diritto dell’incumbent di concorrere nel mercato secondo i propri meriti. A tal fine, i recenti sviluppi hanno decretato il trionfo del “more economic approach”, ancorando a valutazioni legate all’efficienza produttiva l’effettivo concretizzarsi dell’abuso, sebbene non risulti sempre possibile limitars
i ad un simile approccio, specie in relazione alle manifestazioni atipiche dell’abuso. Si giunge a tale conclusione considerando che un’interpretazione estensiva della norma porterebbe ad includere fra le ipotesi tipizzate pressoché qualsiasi espressione dell’illecito realizzabile attraverso politiche di prezzo, modalità di distribuzione o, più in generale, uno qualunque degli strumenti ordinariamente adoperati per produrre e collocare nel mercato un prodotto o un servizio. Dalle ipotesi tipiche, dunque, esulerebbero soltanto gli abusi perpetrati attraverso modalità del tutto avulse rispetto all'ordinaria interazione concorrenziale, circoscrivendo l’individuazione di abusi c.d. atipici alle sole condotte che si sostanzino nell’uso distorto e strumentale di diritti e prerogative a vario titolo riconosciuti dall'ordinamento.

Se la precedente tendenza sembrava puntare alla massima circoscrizione della speciale responsabilità dell’incumbent a valutazioni efficientistiche, alcune recenti sentenze del Consiglio di Stato hanno espresso un indirizzo opposto, manifestando la necessità di valutare l’illecito seguendo una logica differente ed ancor più delicata, fino ad incrociare il controverso principio dell’abuso del diritto per meglio tutelare il benessere del consumatore.

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