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Archivio digitale delle tesi discusse presso l'Università di Pisa

Tesi etd-07052013-122934


Tipo di tesi
Tesi di laurea specialistica LC6
Autore
DEL TORTO, ALBERICO
URN
etd-07052013-122934
Titolo
Valore prognostico della risonanza magnetica cardiaca nella cardiomiopatia dilatativa.
Dipartimento
RICERCA TRASLAZIONALE E DELLE NUOVE TECNOLOGIE IN MEDICINA E CHIRURGIA
Corso di studi
MEDICINA E CHIRURGIA
Relatori
relatore Prof. Emdin, Michele
Parole chiave
  • late gadolinium enhancement
  • LGE
  • prognosi
  • cardiomiopatia dilatativa
Data inizio appello
23/07/2013
Consultabilità
Non consultabile
Data di rilascio
23/07/2053
Riassunto
Introduzione. La cardiomiopatia dilatativa (CMD) è una malattia primitiva del miocardio caratterizzata da dilatazione e alterata funzione sistolica del ventricolo sinistro che si sviluppa in assenza di alterazioni del carico emodinamico o di malattia coronarica tale da comportare una disfunzione sistolica globale. Essa colpisce un adulto su 2500, è la terza causa più comune di insufficienza cardiaca (IC) e la più frequente indicazione al trapianto cardiaco. La stratificazione prognostica dei pazienti con CMD è importante per la scelta delle strategie terapeutiche da adottare, volte ad evitare la progressione di malattia e prolungare la sopravvivenza. La risonanza magnetica cardiaca (RMC) è uno strumento diagnostico avanzato ai fini della valutazione della morfostruttura e della funzione cardiaca (in particolare della funzione sistolica biventricolare, attraverso la misura della frazione di eiezione ventricolare sinistra, LVEF, e destra, RVEF) e per l’individuazione della fibrosi miocardica con la metodica del Late Gadolinium Enhancement (LGE). Non è ancora chiaro quale sia il ruolo della RMC rispetto agli indici di stratificazione prognostica proposti per la CMD, né se essa sia utile nella stratificazione prognostica dei pazienti ancora asintomatici (stadio B ACC/AHA).

Scopi. Obiettivi dello studio sono stati: valutare il ruolo prognostico degli indici di RMC di fibrosi miocardica e rimodellamento biventricolare nella CMD; valutare il valore prognostico differenziale della RMC nello stadio B della CMD; confrontare il valore prognostico della RMC con altri indicatori clinici, bioumorali e strumentali consolidati.

Metodi. La popolazione studiata era composta da 584 pazienti (417 maschi, età 54±15, m±SD, 181 in stadio B) afferenti alla Fondazione Toscana Gabriele Monasterio (FTGM, 487 pazienti) e all’Universitair Ziekenhuis (UZ, Leuven, Belgio, 97 pazienti), con disfunzione sistolica alla RMC. Tutti i pazienti sono stati sottoposti ad una valutazione clinica, funzionale ed elettrocardiografica e ad un esame di RMC. Alla RMC sono stati studiati i parametri morfofunzionali e l’estensione e il pattern di LGE. Una sottopopolazione di 283 pazienti è stata studiata inoltre con esame ECG dinamico secondo Holter, esami ematochimici comprendenti il dosaggio del frammento N-terminale del brain natriuretic peptide (NT-proBNP) e con esame ecocardiografico. L’end-point primario era composto da morte cardiovascolare, ricovero per IC o per tachiaritmia ventricolare, intervento appropriato del defibrillatore impiantabile (ICD), impianto di VAD o trapianto cardiaco. Sono stati inoltre considerati due end-point secondari, uno legato alla progressione di malattia (morte o ricovero per IC, impianto di VAD, trapianto), l’altro legato al burden aritmico (morte cardiaca improvvisa, ricovero per tachiaritmia ventricolare, intervento appropriato dell’ICD). Per lo studio della sottopopolazione in stadio B ACC/AHA gli end-point primario e secondario di progressione di malattia sono stati modificati per includere la progressione a stadio C ACC/AHA (fase sintomatica della malattia), mentre nella sottopopolazione in stadio C essi comprendevano anche il peggioramento della sintomatologia.

Risultati. I pazienti sono stati sottoposti ad un follow-up della durata mediana di 28 mesi (range interquartile: 15-45). Nella popolazione generale la ridotta LVEF (P=0.003) e la presenza (P=0.014) o l’estensione di LGE (P=0.006) risultavano predire indipendentemente l’end-point primario. Predicevano l’end-point secondario di progressione di malattia l’età (P=0.032), l’anamnesi positiva per almeno un precedente ricovero per IC (P=0.014), la ridotta RVEF e la presenza (P=0.004) o l’estensione di LGE (P=0.004). La riduzione di LVEF (P<0.001) e la diagnosi di diabete mellito (P=0.038) predicevano l’end-point secondario aritmico. Nella sottopopolazione in stadio B risultavano invece predittori indipendenti dell’end-point primario l’età (P=0.010) e la presenza (P<0.001) o l’estensione di LGE (P=0.004), mentre correlavano con l’end-point secondario di progressione di malattia l’età (P<0.001), le aumentate dimensioni dell’atrio sinistro (P=0.027) e la presenza di LGE (P<0.001). Nella sottopopolazione in stadio C risultavano predittori dell’end-point primario la diagnosi di diabete mellito (P=0.006) e le aumentate dimensioni dell’atrio sinistro (P=0.004), mentre erano predittori dell’end-point secondario di progressione di malattia la ridotta RVEF (P=0.010) e la dilatazione atriale sinistra (P=0.014). Predicevano invece l’end-point secondario aritmico il diabete mellito (P=0.007) e la riduzione di LVEF (P<0.001). Nella popolazione sottoposta a caratterizzazione multiparametrica predicevano l’end-point primario le elevate concentrazioni plasmatiche dell’NT-proBNP (P=0.039) e la presenza (P=0.007) o l’estensione di LGE (P=0.024). Quando erano considerati gli end-point secondari, predicevano la progressione di malattia elevate concentrazioni di NT-proBNP (P=0.001), la ridotta RVEF (P=0.024) e la presenza di LGE (P=0.008) mentre predicevano gli eventi aritmici la presenza di episodi di tachicardia ventricolare non sostenuta all’ECG dinamico secondo Holter (P=0.028), la riduzione di LVEF (P<0.001) e la presenza di LGE (P=0.045).

Conclusioni. Lo studio evidenzia che nei pazienti con CMD gli indici di rimodellamento biventricolare e di fibrosi miocardica derivati dalla RMC forniscono informazioni aggiuntive e indipendenti rispetto ad altri fattori prognostici consolidati. In particolare, la presenza di fibrosi testimoniata da LGE costituisce un fattore predittivo di morte cardiovascolare, progressione di malattia ed eventi aritmici, nonché di progressione alla fase sintomatica di malattia nei pazienti ancora asintomatici.
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