Thesis etd-07052011-222333 |
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Thesis type
Tesi di specializzazione
Author
GIUNTI, SERENA
URN
etd-07052011-222333
Thesis title
Infertilità di coppia: diagnosi citogenetica e risposta ai trattamenti di procreazione medicalmente assistita di II livello
Department
MEDICINA E CHIRURGIA
Course of study
PATOLOGIA CLINICA
Supervisors
relatore Prof.ssa Caponi, Laura
Keywords
- diagnosi citogenetica
- infertilità
- procreazione medicalmente assistita
Graduation session start date
26/07/2011
Availability
Full
Summary
L’infertilità di coppia, definita come quella condizione in cui una gravidanza non è iniziata dopo 12 mesi di rapporti sessuali liberi, secondo l’Organizzazione Mondiale della Sanità, colpisce circa il 15-20% delle coppie in età riproduttiva. Negli ultimi anni è stato evidenziato un aumento di frequenza dei casi di infertilità, probabilmente a causa di fattori ambientali di varia natura, per cui, si è registrato un incremento delle coppie che ricorrono alle tecniche di procreazione medicalmente assistita (PMA).
Il presente studio, condotto su 802 coppie afferenti al Centro Chirurgia Ambulatoriale Florence (FI), da settembre 2007 ad aprile 2011, ha mostrato che, fattori causali genetici sono riconducibili all’8,1% dei casi di infertilità maschile e a una quota minore (4,9%) dei casi di infertilità femminile, includendo in questo computo sia alterazioni cromosomiche che mutazioni geniche. La revisione della letteratura scientifica mostra notevole disomogeneità nelle indicazioni all’esecuzione dei test genetici in queste condizioni. In questo lavoro ci siamo proposti di valutare l’appropriatezza delle indicazioni, ad eseguire l’analisi del cariotipo in coppie infertili candidate a tecniche di PMA di II livello, secondo un recente documento (“Protocolli operativi per l’esecuzione di test genetici nell’infertilità di coppia e in preparazione a procedure di procreazione medicalmente assistita”) predisposto dal Cordinamento Regionale scientifico e organizzativo per le attività di Genetica Medica della Toscana.
Per fare questo, si è valutata la possibile associazione di peculiarità del cariotipo con la possibile alterazione di alcuni parametri dello spermiogramma, che viene eseguito come test di screening in tutti i maschi. Non è emersa alcuna associazione in tal senso, sembra pertanto di poter escludere l’utilizzo di tutti i parametri microscopici dello sperma (concentrazione, morfologia e motilità spermatica) per selezionare individui da sottoporre ad analisi del cariotipo. È stata poi analizzata la possibile associazione di anomalie cromosomiche, riscontrate in uno dei due partner, con l’eventuale presenza nella anamnesi di poliabortività. In questo caso nella nostra nostra casistica, per quanto con numeri al momento abbastanza esigui, in accordo a quanto indicato dal Documento della Regione Toscana, è emerso che, la presenza di storia di aborto ripetuto rappresenta un criterio per indicare ad entrambi i soggetti, femmina e maschio, di sottoporsi ad analisi del cariotipo.
Per effettuare una diagnosi più accurata di infertilità maschile, i pazienti che sono ricorsi al centro nel periodo aprile 2010-aprile 2011, e che mostravano almeno uno dei tre parametri spermatici anomalo, sono stati sottoposti ad un test di recente impiego, l’SCD-test, che valuta il grado di frammentazione del DNA spermatico e che risulta fondamentale non solo per scoprire le reali cause di infertilità maschile, ma anche per proporre il trattamento terapeutico più opportuno. Ci siamo proposti di determinare una eventuale associazione tra parametri spermatici e livello di frammentazione del DNA spermatico espresso come indice di frammentazione del DNA (DFI). I risultati non hanno mostrato alcuna relazione tra questi parametri, potendo concludere che, i parametri microscopici del liquido seminale non rappresentano un criterio di scelta dei maschi da sottoporre a SCD-test.
Il presente lavoro ha infine analizzato, in tutte le coppie infertili che si siano sottoposte a tecniche di PMA di II livello (ICSI/FIVET), un’eventuale influenza dell’assetto cromosomico sulla risposta alle tecniche di fecondazione in vitro suddette. Ne è emerso che, l’assetto cromosomico delle pazienti non sembra condizionare la risposta al trattamento terapeutico di stimolazione ovarica, come non risulta che il corredo cromosomico alterato in uno dei due partner influenzi l’esito delle tecniche di PMA, in termini di numero di follicoli/ovociti sviluppati e di qualità embrionaria.
Il presente studio, condotto su 802 coppie afferenti al Centro Chirurgia Ambulatoriale Florence (FI), da settembre 2007 ad aprile 2011, ha mostrato che, fattori causali genetici sono riconducibili all’8,1% dei casi di infertilità maschile e a una quota minore (4,9%) dei casi di infertilità femminile, includendo in questo computo sia alterazioni cromosomiche che mutazioni geniche. La revisione della letteratura scientifica mostra notevole disomogeneità nelle indicazioni all’esecuzione dei test genetici in queste condizioni. In questo lavoro ci siamo proposti di valutare l’appropriatezza delle indicazioni, ad eseguire l’analisi del cariotipo in coppie infertili candidate a tecniche di PMA di II livello, secondo un recente documento (“Protocolli operativi per l’esecuzione di test genetici nell’infertilità di coppia e in preparazione a procedure di procreazione medicalmente assistita”) predisposto dal Cordinamento Regionale scientifico e organizzativo per le attività di Genetica Medica della Toscana.
Per fare questo, si è valutata la possibile associazione di peculiarità del cariotipo con la possibile alterazione di alcuni parametri dello spermiogramma, che viene eseguito come test di screening in tutti i maschi. Non è emersa alcuna associazione in tal senso, sembra pertanto di poter escludere l’utilizzo di tutti i parametri microscopici dello sperma (concentrazione, morfologia e motilità spermatica) per selezionare individui da sottoporre ad analisi del cariotipo. È stata poi analizzata la possibile associazione di anomalie cromosomiche, riscontrate in uno dei due partner, con l’eventuale presenza nella anamnesi di poliabortività. In questo caso nella nostra nostra casistica, per quanto con numeri al momento abbastanza esigui, in accordo a quanto indicato dal Documento della Regione Toscana, è emerso che, la presenza di storia di aborto ripetuto rappresenta un criterio per indicare ad entrambi i soggetti, femmina e maschio, di sottoporsi ad analisi del cariotipo.
Per effettuare una diagnosi più accurata di infertilità maschile, i pazienti che sono ricorsi al centro nel periodo aprile 2010-aprile 2011, e che mostravano almeno uno dei tre parametri spermatici anomalo, sono stati sottoposti ad un test di recente impiego, l’SCD-test, che valuta il grado di frammentazione del DNA spermatico e che risulta fondamentale non solo per scoprire le reali cause di infertilità maschile, ma anche per proporre il trattamento terapeutico più opportuno. Ci siamo proposti di determinare una eventuale associazione tra parametri spermatici e livello di frammentazione del DNA spermatico espresso come indice di frammentazione del DNA (DFI). I risultati non hanno mostrato alcuna relazione tra questi parametri, potendo concludere che, i parametri microscopici del liquido seminale non rappresentano un criterio di scelta dei maschi da sottoporre a SCD-test.
Il presente lavoro ha infine analizzato, in tutte le coppie infertili che si siano sottoposte a tecniche di PMA di II livello (ICSI/FIVET), un’eventuale influenza dell’assetto cromosomico sulla risposta alle tecniche di fecondazione in vitro suddette. Ne è emerso che, l’assetto cromosomico delle pazienti non sembra condizionare la risposta al trattamento terapeutico di stimolazione ovarica, come non risulta che il corredo cromosomico alterato in uno dei due partner influenzi l’esito delle tecniche di PMA, in termini di numero di follicoli/ovociti sviluppati e di qualità embrionaria.
File
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TESI_GIU...ERENA.pdf | 4.34 Mb |
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