Tesi etd-07032021-154542 |
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Tipo di tesi
Tesi di laurea magistrale
Autore
SAVARELLI, ANDREA
URN
etd-07032021-154542
Titolo
STRATEGIE TRADIZIONALI ED INNOVATIVE A DIFESA E POTENZIAMENTO DELLA COMPETITIVITA PORTUALE.
UNA RIFLESSIONE SUL SISTEMA PORTUALE ITALIANO.
Dipartimento
GIURISPRUDENZA
Corso di studi
SCIENZE DEL GOVERNO E DELL'AMMINISTRAZIONE DEL MARE
Relatori
relatore Prof.ssa Foschi, Alga D.
Parole chiave
- automazione
- competitività
- digitalizzazione
- innovazione
- italia
- logistica
- porti
- trasporti
Data inizio appello
21/07/2021
Consultabilità
Completa
Riassunto
L’Italia grazie alla sua posizione privilegiata e con quasi 8.000 km di coste si presenta quale naturale piattaforma nel Mediterraneo attraversata da tre grandi direttrici di collegamento. La prima che va dai Balcani e dall’Europa orientale verso l’Europa occidentale e la penisola iberica; la seconda che va dall’Estremo Oriente all’Europa occidentale attraverso il canale di Suez e il Mediterraneo; e infine la direttrice Nord-Sud che va dal Nord Africa e dai paesi del Vicino e Medio Oriente verso l'Europa meridionale e centrale. Il legame con il mare per l’Italia è indissolubile, uno “stato collocato nel mezzo del Mediterraneo, ricco di invidiabile estensione di coste e di una numerosa popolazione marittima”, così scrisse Cavour nella nota preliminare al bilancio della Marina Militare del 1860.
Cavour coglieva con questa definizione l’importanza della portualità italiana nello sviluppo del “Sistema Paese”, nello scenario dell’economia nazionale e nella dinamica degli scambi internazionali.
L’Italia è un paese trasformatore in quanto importa "quantità" ed esporta "valore": sono pertanto essenziali le relazioni, in termini sia di quantità sia di qualità, con tutti i principali mercati di approvvigionamento e di distribuzione dei prodotti. I porti, nella loro qualità di "nodi" privilegiati del sistema delle infrastrutture di trasporto svolgono un ruolo primario di "generatori" e di "moltiplicatori" di relazioni. L’importanza della portualità nell’economia nazionale e la particolare morfologia del territorio (la forma lunga e stretta dell’Italia e la prevalenza di aree montagnose) rende difficile e costosa la costruzione della rete infrastrutturale terrestre, rispetto alla quale il trasporto marittimo rappresenta un’alternativa tutt’altro che trascurabile: i 54 porti di cui dispone ne sono il risultato e ciò di certo non stride con le realtà portuali dei grandi e spesso unici porti di alcune nazioni del Nord Europa come quello di Rotterdam o di Anversa, morfologicamente assai diverse. A causa di questa sua ricca portualità diffusa, i porti nazionali devono ritagliare il proprio spazio economico vitale in settori del trasporto marittimo ben specifici evitando sovrapposizioni di traffici e quindi di polverizzazione e dispersione di risorse. Con la sua centralità rispetto al Mediterraneo e con tale ricchezza di porti, l’Italia potrebbe quindi intercettare tutti i traffici che lo attraversano, ma spesso ciò non accade per molteplici ragioni legate sia alla delocalizzazione produttiva (produzione – assemblaggio – distribuzione) che vede privilegiate aree del nord Europa, sia alla particolare efficienza logistica di tali aree. La specializzazione dei porti è dunque un fattore importante ed a questo poi si aggiungono altri fattori che nelle realtà portuale del paese contribuiscono alla formazione di quella “competitività” necessaria per ritagliarsi un posto a livello globale, come per esempio, la valorizzazione delle aree in prossimità delle infrastrutture portuali e la logistica che consente di migliorare la distribuzione delle merci integrando i trasporti marittimi e terrestri. Così l’aumento di traffici commerciali, la specializzazione dei trasporti hanno evidenziato le dinamiche correlate al rapporto simbiotico tra trasporto, merce trasportata e infrastruttura portuale. Ciò ha portato al ripensamento della portualità anche in Italia che va ben oltre la riforma prevista dalla legge 84/94 e, non da ultimo, alla ricerca di nuove opportunità per confermare ed incrementare il posizionamento strategico dei suoi poli portuali, tenendo conto, tra l'altro, che la portualità italiana non può prescindere dal ruolo che saprà guadagnarsi come parte di quella europea. Nella sua posizione geostrategica, infatti, la penisola italiana è attraversata da quattro importanti corridoi europei TEN-T (Trans European Network Transport) che contribuiscono a incrementare l'integrazione dei sistemi di trasporto nazionale con il sistema di trasporto europeo. L'obsolescenza delle vecchie strutture e la mancanza di innovazione e di una visione strategica condannano i sistemi portuali all'irrilevanza e di conseguenza alla marginalità. Se da una parte ci sono quindi buone opportunità da cogliere, dall'altro si fa fatica a fare, ad avanzare nella direzione giusta, una volta per tutte. E ciò mette a rischio non solo il sistema portuale, ma l’intero “Sistema Paese”.
Cavour coglieva con questa definizione l’importanza della portualità italiana nello sviluppo del “Sistema Paese”, nello scenario dell’economia nazionale e nella dinamica degli scambi internazionali.
L’Italia è un paese trasformatore in quanto importa "quantità" ed esporta "valore": sono pertanto essenziali le relazioni, in termini sia di quantità sia di qualità, con tutti i principali mercati di approvvigionamento e di distribuzione dei prodotti. I porti, nella loro qualità di "nodi" privilegiati del sistema delle infrastrutture di trasporto svolgono un ruolo primario di "generatori" e di "moltiplicatori" di relazioni. L’importanza della portualità nell’economia nazionale e la particolare morfologia del territorio (la forma lunga e stretta dell’Italia e la prevalenza di aree montagnose) rende difficile e costosa la costruzione della rete infrastrutturale terrestre, rispetto alla quale il trasporto marittimo rappresenta un’alternativa tutt’altro che trascurabile: i 54 porti di cui dispone ne sono il risultato e ciò di certo non stride con le realtà portuali dei grandi e spesso unici porti di alcune nazioni del Nord Europa come quello di Rotterdam o di Anversa, morfologicamente assai diverse. A causa di questa sua ricca portualità diffusa, i porti nazionali devono ritagliare il proprio spazio economico vitale in settori del trasporto marittimo ben specifici evitando sovrapposizioni di traffici e quindi di polverizzazione e dispersione di risorse. Con la sua centralità rispetto al Mediterraneo e con tale ricchezza di porti, l’Italia potrebbe quindi intercettare tutti i traffici che lo attraversano, ma spesso ciò non accade per molteplici ragioni legate sia alla delocalizzazione produttiva (produzione – assemblaggio – distribuzione) che vede privilegiate aree del nord Europa, sia alla particolare efficienza logistica di tali aree. La specializzazione dei porti è dunque un fattore importante ed a questo poi si aggiungono altri fattori che nelle realtà portuale del paese contribuiscono alla formazione di quella “competitività” necessaria per ritagliarsi un posto a livello globale, come per esempio, la valorizzazione delle aree in prossimità delle infrastrutture portuali e la logistica che consente di migliorare la distribuzione delle merci integrando i trasporti marittimi e terrestri. Così l’aumento di traffici commerciali, la specializzazione dei trasporti hanno evidenziato le dinamiche correlate al rapporto simbiotico tra trasporto, merce trasportata e infrastruttura portuale. Ciò ha portato al ripensamento della portualità anche in Italia che va ben oltre la riforma prevista dalla legge 84/94 e, non da ultimo, alla ricerca di nuove opportunità per confermare ed incrementare il posizionamento strategico dei suoi poli portuali, tenendo conto, tra l'altro, che la portualità italiana non può prescindere dal ruolo che saprà guadagnarsi come parte di quella europea. Nella sua posizione geostrategica, infatti, la penisola italiana è attraversata da quattro importanti corridoi europei TEN-T (Trans European Network Transport) che contribuiscono a incrementare l'integrazione dei sistemi di trasporto nazionale con il sistema di trasporto europeo. L'obsolescenza delle vecchie strutture e la mancanza di innovazione e di una visione strategica condannano i sistemi portuali all'irrilevanza e di conseguenza alla marginalità. Se da una parte ci sono quindi buone opportunità da cogliere, dall'altro si fa fatica a fare, ad avanzare nella direzione giusta, una volta per tutte. E ciò mette a rischio non solo il sistema portuale, ma l’intero “Sistema Paese”.
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