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Archivio digitale delle tesi discusse presso l’Università di Pisa

Tesi etd-07032010-174625


Tipo di tesi
Tesi di laurea vecchio ordinamento
Autore
VIGNI, STEFANO
URN
etd-07032010-174625
Titolo
Studio delle frane del versante meridionale di Colle Bellosguardo (Molino Nuovo, Livorno)
Dipartimento
SCIENZE MATEMATICHE, FISICHE E NATURALI
Corso di studi
SCIENZE GEOLOGICHE
Relatori
correlatore Dott.ssa Marchetti, Daria
relatore Dott. D'Amato Avanzi, Giacomo Alfredo
controrelatore Dott. Ribolini, Adriano
Parole chiave
  • Nessuna parola chiave trovata
Data inizio appello
23/07/2010
Consultabilità
Non consultabile
Data di rilascio
23/07/2050
Riassunto
Il presente studio riguarda una delle problematiche maggiori connesse al territorio nazionale identificabile nel dissesto idrogeologico. Tale annosa questione risulta quanto mai attuale e diffusa nell’ambito degli eventi naturali che sempre più dovrebbero costituire motivo di profonda riflessione.
Oggetto di questo lavoro è un versante in frana sulle Colline Livornesi, il quale lentamente degrada verso il corso d’acqua che lo erode al piede, immagine di una delle situazioni più classiche di instabilità di un pendio. Si tratta del fianco meridionale di Colle Bellosguardo (186 m s.l.m.), il quale presenta una situazione morfologica piuttosto complessa. Tra le varie forme di dissesto sono stati individuati due corpi franosi più importanti; l’indagine più approfondita ha riguardato quello più a valle. La frana in questione è ubicata in destra idrografica del Rio Popogna (o Rio Ardenza) in località Molino Nuovo. Il pendio franoso presenta un dislivello di 90 m, dalla nicchia di distacco sommitale situata 132 m s.l.m. fino alla quota basale di 42 m, con una pendenza media del 16,6%. Le litologie che caratterizzano quest’area appartengono al Dominio Ligure e risalgono ad un periodo compreso tra il Cretaceo Inferiore e l’Eocene Inferiore; quelle principalmente interessate dalla franosità sono entrambe riferite al Cretaceo Superiore. Tali formazioni sono molto simili e contraddistinte da una tessitura eterogenea principalmente dovuta all’alternanza di strati a grana fine (argilliti, siltiti, marne e arenarie) alternate a strati calcarei più competenti ma intensamente fratturati e piuttosto discontinui. In generale l’aspetto caotico delle litologie affioranti è legato all’intensa attività tettonica subita.
Lo Scopo dell’indagine è duplice:
→ Stabilire il livello di rischio indotto dalla frana rilevata.
→ Fornire la migliore proposta d’intervento per la sua stabilizzazione e la conseguente messa in sicurezza del versante.
Fattori predisponenti legati alla natura delle litologie rendono questo territorio sensibile al dissesto. Le principali cause di innesco dei fenomeni franosi individuati sono riconducibili alla saturazione del terreno da parte delle precipitazioni meteoriche e all’azione erosiva ad opera del Rio Popogna e degli altri torrenti affluenti.
La prima fase di studio è stata rivolta a individuare e delimitare il corpo principale della frana, focalizzando al suo interno le masse detritiche instabili e quelle potenzialmente instabili, quindi maggiormente inclini al dissesto. Tali masse sono state interpretate come delle riattivazioni superficiali del movimento. Questa fase preliminare ha previsto una iniziale analisi fotointerpretativa dei “voli” riguardanti l’area interessata, seguita dai successivi molteplici sopralluoghi in situ atti al rilevamento geologico e geomorfologico. La campagna geognostica prevista è stata compiuta avvalendosi sia di indagini dirette che indirette, al fine di ricostruire la stratigrafia locale della zona di interesse e individuare la profondità della superficie di scivolamento così da poter stimare i volumi in gioco. Nello specifico sono stati eseguiti quattro sondaggi a carotaggio continuo, successivamente armati con inclinometro, e quattro fori a distruzione destinati all’alloggiamento di tubi piezometrici funzionali alla valutazione delle fluttuazioni della falda. I sondaggi hanno evidenziato la presenza di tre principali orizzonti:
- una copertura superficiale costituita in prevalenza da un limo argilloso con blocchi calcarei immersi, avente uno spessore variabile tra 5,50 m (S2 e S4) e 7,30 m (S3);
- Uno strato di alterazione del sottostante substrato argillitico con spessore variabile tra 1,50 m (S2) e 4 m (S1);
- La formazione argillitica del Cretaceo Superiore (substrato), riferibile alla Formazione di S.Fiora, Membro di Antignano (Unità di S.Fiora).

Per quanto riguarda le indagini indirette sono stati eseguiti due stendimenti sismici ortogonali tra loro della lunghezza di 115 m ciascuno per eseguire la tomografia sismica a rifrazione mediante onde SH. L’interpretazione dei profili sismo-tomografici ha permesso di definire lo spessore e la geometria della copertura superficiale in dissesto. Nella valutazione dello spessore delle masse instabili è stata riscontrata un coerenza più che soddisfacente con i sondaggi. Le correlazioni stratigrafiche tra i vari sondaggi insieme ai profili sismo-tomografici hanno così permesso la ricostruzione della principale superficie di scivolamento, che è risultata essere di tipo rototraslativo. Successivamente si è proceduto con il monitoraggio per stabilire l’evoluzione spaziale e temporale del corpo di frana, per definire lo stato di attività e la pericolosità per le abitazioni e le infrastrutture presenti nella zona. Contestualmente sono state eseguite le verifiche di stabilità all’equilibrio limite lungo le sezioni tracciate in corrispondenza delle riattivazioni del movimento individuate. I risultati ottenuti confermano la loro instabilità. In generale l’area indagata presenta una indiscutibile criticità diffusa riscontrata ed estesa all’intera zona rilevata favorita dalla attiva e continua erosione al piede del versante, incrementatasi negli ultimi anni più piovosi. Il monitoraggio strumentale sino ad ora effettuato sui quattro inclinometri ha evidenziato degli spostamenti centimetrici. Tuttavia dobbiamo considerare che i dati a disposizione si riferiscono a un periodo limitato di circa nove mesi,e pertanto solo successivi approfondimenti porteranno ad una più completa e definitiva valutazione.
Infine occorre sorvegliare anche le frane attive, ovvero a monte della frana indagata, nelle proprietà degradanti verso il Fosso Spineto e quella confinante a valle lungo l’argine destro del Rio Popogna. Quest’ultima in particolare presenta un’elevata criticità e una importante riattivazione del movimento potrebbe causare l’ostruzione dell’alveo del fiume con conseguente esondazione nel caso di eventi di piena e relative problematiche per l’abitato di fondo valle.
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