Tesi etd-07022020-002537 |
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Tipo di tesi
Tesi di laurea magistrale LM6
Autore
LECERASE, ANTONIA
URN
etd-07022020-002537
Titolo
La correzione dell'anemia in pazienti con malattia infiammatoria cronica intestinale: confronto tra terapia marziale per via orale ed endovenosa
Dipartimento
RICERCA TRASLAZIONALE E DELLE NUOVE TECNOLOGIE IN MEDICINA E CHIRURGIA
Corso di studi
MEDICINA E CHIRURGIA
Relatori
relatore Prof. Marchi, Santino
Parole chiave
- anemia
- ferro carbossimaltosio
- ferro sucrosomiale
- IBD
Data inizio appello
20/07/2020
Consultabilità
Completa
Riassunto
Introduzione: l'anemia è una delle più frequenti complicanze delle malattie infiammatorie croniche intestinali (IBD) e spesso anche trascurata. Può essere legata sia a malassorbimento del ferro, sia, più frequentemente, a perdita acuta o cronica, che comporta un’anemia sideropenica, talora anche rischiosa per la vita del paziente. Il trattamento endovenoso con ferro carbossimaltosio è indubbiamente efficace, ma è molto dispendioso e sottopone il paziente ai rischi ed al discomfort di una infusione endovenosa, oltre al costo significativo per il SSN. Il ferro sucrosomiale, rispetto ai preparati a base di ferro somministrati endovena, presenta una minor invasività, non ha un impatto importante sulla qualità di vita del paziente con IBD, già sottoposto a terapia endovenosa per il trattamento della patologia di base, soprattutto se di età avanzata, e infine ha un costo notevolmente minore. Il ferro sucrosomiale, somministrato oralmente è stato recentemente confrontato in una popolazione di pazienti con malattia renale cronica con il ferro endovenoso gluconato e non ha mostrato una differenza statisticamente significativa nell'efficacia del trattamento. Visto che tale confronto in pazienti con IBD non è mai stato effettuato, l’obbiettivo di questo studio è valutare le terapie marziali a base di ferro carbossimaltosio (endovenoso) e ferro sucrosomiale (per via orale), in termini di efficacia. Se l'efficacia del ferro sucrosomiale si confermasse simile a quella del ferro carbossimaltosio endovenoso, questo porterebbe ad una significativa riduzione dei costi per terapia marziale in questo gruppo di pazienti.
Materiali e metodi: sono stati inclusi 40 pazienti anemici con IBD (rettocolite ulcerosa e morbo di Crohn a localizzazione colica) in fase di remissione clinica (Partial Mayo Score <2 per la rettocolite ulcerosa e Harvey-Bradshaw Index <5 per il morbo di Crohn), tra i 18 e i 70 anni, con valori ematici di emoglobina tra 8 e 12 nelle donne e tra 8 e 13 negli uomini. Sono stati esclusi pazienti con ileite di Crohn, pazienti in gravidanza, pazienti con altre malattie concomitanti (ematologiche, nefrologiche, cardiologiche, oncologiche, reumatologiche), pazienti sottoposti a resezioni intestinali. I pazienti sono stati randomizzati 1:1 alla somministrazione di:
•Ferro sucrosomiale (30 mg) 2 compresse al giorno per 60 giorni e successivamente 1 compressa al giorno per 20 giorni
•2 infusioni endovenose di ferro carbossimaltosio (500 mg l’una) a distanza di 7 giorni o 1 infusione endovenosa da 1000 mg
Sono stati valulati i valori ematici di emoglobina, sideremia e ferritina all’inizio della terapia, alla quarta, all’ottava e alla dodicesima settimana dall’inizio del trattamento.
Risultati: il ferro carbossimaltosio e il ferro sucrosomiale sono stati entrambi efficaci nell’incrementare i livelli medi di emoglobina e sideremia nei 40 pazienti dello studio, mentre la ferritina è aumentata nei pazienti in terapia con ferro carbossimaltosio, ma non in quelli in terapia con ferro sucrosomiale, in cui i valori medi di ferritina sono rimasti invariati nel corso della terapia, rispetto al valore basale del paziente (o al massimo hanno subito lievi oscillazioni del valore evidenziato all’inizio del trattamento). L’anemia è stata corretta in quasi tutti i pazienti sottoposti a terapia marziale per via orale ed endovenosa.
Conclusioni: Lo studio svolto presso l’Unità Operativa di Gastroenterologia Universitaria di Pisa è il primo studio di confronto delle due terapie marziali in pazienti IBD, in termini di efficacia: visto l’esito positivo dei risultati, ovvero trend dei parametri ematici simili nelle due terapie marziali, e considerati tutti i vantaggi che la terapia con ferro sucrosomiale offre (minor invasività, minor impatto sulla qualità di vita, costo minore, assenza di effetti collaterali, maggior compliance), il ferro sucrosomiale nella posologia somministrata potrebbe essere considerato un valido sostituto del ferro carbossimaltosio e, per estensione (dal momento che è la formulazione di ferro ev più efficace), delle altre terapie marziali ev per i pazienti con IBD senza coinvolgimento dell'intestino tenue. L'efficacia della terapia con ferro sucrosomiale nei soggetti sottoposti a resezioni intestinali è ancora tutta da dimostrare, dal momento che una ridotta possibilità di assorbimento del ferro potrebbe essere a vantaggio di una terapia endovenosa rispetto ad una per os. Ad ogni modo, poter utilizzare il ferro sucrosomiale in luogo del ferro endovenoso, anche se solo in un sottogruppo di pazienti con IBD, è indubbiamente un vantaggio.
Materiali e metodi: sono stati inclusi 40 pazienti anemici con IBD (rettocolite ulcerosa e morbo di Crohn a localizzazione colica) in fase di remissione clinica (Partial Mayo Score <2 per la rettocolite ulcerosa e Harvey-Bradshaw Index <5 per il morbo di Crohn), tra i 18 e i 70 anni, con valori ematici di emoglobina tra 8 e 12 nelle donne e tra 8 e 13 negli uomini. Sono stati esclusi pazienti con ileite di Crohn, pazienti in gravidanza, pazienti con altre malattie concomitanti (ematologiche, nefrologiche, cardiologiche, oncologiche, reumatologiche), pazienti sottoposti a resezioni intestinali. I pazienti sono stati randomizzati 1:1 alla somministrazione di:
•Ferro sucrosomiale (30 mg) 2 compresse al giorno per 60 giorni e successivamente 1 compressa al giorno per 20 giorni
•2 infusioni endovenose di ferro carbossimaltosio (500 mg l’una) a distanza di 7 giorni o 1 infusione endovenosa da 1000 mg
Sono stati valulati i valori ematici di emoglobina, sideremia e ferritina all’inizio della terapia, alla quarta, all’ottava e alla dodicesima settimana dall’inizio del trattamento.
Risultati: il ferro carbossimaltosio e il ferro sucrosomiale sono stati entrambi efficaci nell’incrementare i livelli medi di emoglobina e sideremia nei 40 pazienti dello studio, mentre la ferritina è aumentata nei pazienti in terapia con ferro carbossimaltosio, ma non in quelli in terapia con ferro sucrosomiale, in cui i valori medi di ferritina sono rimasti invariati nel corso della terapia, rispetto al valore basale del paziente (o al massimo hanno subito lievi oscillazioni del valore evidenziato all’inizio del trattamento). L’anemia è stata corretta in quasi tutti i pazienti sottoposti a terapia marziale per via orale ed endovenosa.
Conclusioni: Lo studio svolto presso l’Unità Operativa di Gastroenterologia Universitaria di Pisa è il primo studio di confronto delle due terapie marziali in pazienti IBD, in termini di efficacia: visto l’esito positivo dei risultati, ovvero trend dei parametri ematici simili nelle due terapie marziali, e considerati tutti i vantaggi che la terapia con ferro sucrosomiale offre (minor invasività, minor impatto sulla qualità di vita, costo minore, assenza di effetti collaterali, maggior compliance), il ferro sucrosomiale nella posologia somministrata potrebbe essere considerato un valido sostituto del ferro carbossimaltosio e, per estensione (dal momento che è la formulazione di ferro ev più efficace), delle altre terapie marziali ev per i pazienti con IBD senza coinvolgimento dell'intestino tenue. L'efficacia della terapia con ferro sucrosomiale nei soggetti sottoposti a resezioni intestinali è ancora tutta da dimostrare, dal momento che una ridotta possibilità di assorbimento del ferro potrebbe essere a vantaggio di una terapia endovenosa rispetto ad una per os. Ad ogni modo, poter utilizzare il ferro sucrosomiale in luogo del ferro endovenoso, anche se solo in un sottogruppo di pazienti con IBD, è indubbiamente un vantaggio.
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