Tesi etd-06302016-190316 |
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Tipo di tesi
Tesi di laurea magistrale LM6
Autore
LENCIONI, MARCO
URN
etd-06302016-190316
Titolo
Fratture da fragilità dell'epifisi prossimale dell'omero: valutazione funzionale in pazienti sottoposti a trattamento chirurgico e non chirurgico
Dipartimento
RICERCA TRASLAZIONALE E DELLE NUOVE TECNOLOGIE IN MEDICINA E CHIRURGIA
Corso di studi
MEDICINA E CHIRURGIA
Relatori
relatore Prof. Lisanti, Michele
Parole chiave
- epifisi prossimale
- fratture
- funzionale
- omero
- QDS
Data inizio appello
19/07/2016
Consultabilità
Completa
Riassunto
3 Fratture da Fragilità
Le frattura da fragilità sono definite come il risultato di un evento traumatico a bassa energia, come ad esempio una caduta con soggetto in piedi o minore8.
Le fratture da fragilità sono in crescita, in correlazione al crescente aumento della vita media e quindi della stessa popolazione anziana. Le fratture da fragilità sono correlate a devastanti conseguenze, inclusa perdita di mobilità, ospedalizzazione e mortalità9. Per la loro natura, queste fratture si verificano nel paziente fragile che spesso presenta molteplici comorbilità e declino funzionale in stato avanzato. Il più delle volte, queste fratture sono il risultato di lesioni minori, delle quali il paziente ha poca o assente memoria10.
Le fratture da fragilità sono comuni e aumentano in modo significativo morbilità e mortalità, è quindi importante identificare quelli che sono i fattori di rischio, al fine di un’adeguata prevenzione e trattamento. Tra i fattori di rischio più importanti è indubbio che le fratture da fragilità siano correlate all’osteoporosi, che risulta essere il fattore più importante e potenzialmente trattabile nelle fratture da fragilità. I più comuni fattori di rischio sono quindi rappresentati da: osteoporosi, età, sesso femminile, razza bianca, deterioramento cognitivo, storia familiare di frattura, cadute, inattività fisica, basso indice di massa corporea, disturbi della marcia e dell’equilibrio, farmaci, alcool e tabacco8.
3.1 Osteoporosi
L’osteoporosi è la più comune malattia ossea in entrambi i sessi. La maggiore conseguenza legata all’osteoporosi è la frattura che avviene a seguito di traumi a bassa energia, come caduta da posizione eretta o cadute minori, per definizione quindi frattura da fragilità9, 11.
L’osteoporosi è definita, in accordo alla densitometria ossea (BMD) e la densitometria assiale a raggi X (DEXA), che rappresentano i gold standard per la valutazione della massa ossea. Secondo la WHO l’osteoporosi è definita come un BMD inferiore a 2.5 deviazioni standard rispetto al valore di un giovane adulto (T-score < 2.5), mentre l’osteopenia è definita da un BMD tra -1.0 e – 2.5 deviazioni standard. L’osteoporosi è correlata a una serie di fattori che interessano primariamente il metabolismo osseo, alcuni non modificabili, come genere, età, storia familiare di fratture da fragilità, menopausa precoce e etnia caucasica; altri fattori invece sono modificabili, come il livello di attività fisica, il peso corporeo, il fumo di sigaretta, l’alcol e i bassi livelli di calcio e vitamina D12-14.
Secondo numerosi studi, tra cui quelli di Well et al. i pazienti depleti in vitamina D e calcio in cui è estata fatta una modificazione dietetica e supporto farmacologico con bifosfonati, mostrano una significativa riduzione del rischio di frattura15, 16.
Quindi, il trattamento atto a incrementare il BMD, rappresenta una strategia adeguata per ridurre il rischio di frattura in pazienti selezionati, in particolare quelli che presentano una prima frattura da fragilità11.
3.2 Cadute
Le cadute sono associate a un aumento significativo di morbilità e disabilità nella popolazione anziana. Il rischio di caduta cresce rapidamente con l’età; un terzo delle persone con più di 65 anni o più cade ogni anno e più della metà dei casi in modo ricorrente. Inoltre il rischio cresce esponenzialmente con il numero di fattori di rischio; il rischio di caduta ad un anno raddoppia con ogni fattore di rischio addizionale, dall’ 8% con alcun fattore di rischio fino al 78% con quattro fattori di rischio11, 17. Molti dei fattori di rischio correlati alla caduta sono gli stessi delle fratture da fragilità; questa correlazione comporta quindi un rischio crescente nei soggetti esposti a molteplici fattori di rischio11.
Le frattura da fragilità sono definite come il risultato di un evento traumatico a bassa energia, come ad esempio una caduta con soggetto in piedi o minore8.
Le fratture da fragilità sono in crescita, in correlazione al crescente aumento della vita media e quindi della stessa popolazione anziana. Le fratture da fragilità sono correlate a devastanti conseguenze, inclusa perdita di mobilità, ospedalizzazione e mortalità9. Per la loro natura, queste fratture si verificano nel paziente fragile che spesso presenta molteplici comorbilità e declino funzionale in stato avanzato. Il più delle volte, queste fratture sono il risultato di lesioni minori, delle quali il paziente ha poca o assente memoria10.
Le fratture da fragilità sono comuni e aumentano in modo significativo morbilità e mortalità, è quindi importante identificare quelli che sono i fattori di rischio, al fine di un’adeguata prevenzione e trattamento. Tra i fattori di rischio più importanti è indubbio che le fratture da fragilità siano correlate all’osteoporosi, che risulta essere il fattore più importante e potenzialmente trattabile nelle fratture da fragilità. I più comuni fattori di rischio sono quindi rappresentati da: osteoporosi, età, sesso femminile, razza bianca, deterioramento cognitivo, storia familiare di frattura, cadute, inattività fisica, basso indice di massa corporea, disturbi della marcia e dell’equilibrio, farmaci, alcool e tabacco8.
3.1 Osteoporosi
L’osteoporosi è la più comune malattia ossea in entrambi i sessi. La maggiore conseguenza legata all’osteoporosi è la frattura che avviene a seguito di traumi a bassa energia, come caduta da posizione eretta o cadute minori, per definizione quindi frattura da fragilità9, 11.
L’osteoporosi è definita, in accordo alla densitometria ossea (BMD) e la densitometria assiale a raggi X (DEXA), che rappresentano i gold standard per la valutazione della massa ossea. Secondo la WHO l’osteoporosi è definita come un BMD inferiore a 2.5 deviazioni standard rispetto al valore di un giovane adulto (T-score < 2.5), mentre l’osteopenia è definita da un BMD tra -1.0 e – 2.5 deviazioni standard. L’osteoporosi è correlata a una serie di fattori che interessano primariamente il metabolismo osseo, alcuni non modificabili, come genere, età, storia familiare di fratture da fragilità, menopausa precoce e etnia caucasica; altri fattori invece sono modificabili, come il livello di attività fisica, il peso corporeo, il fumo di sigaretta, l’alcol e i bassi livelli di calcio e vitamina D12-14.
Secondo numerosi studi, tra cui quelli di Well et al. i pazienti depleti in vitamina D e calcio in cui è estata fatta una modificazione dietetica e supporto farmacologico con bifosfonati, mostrano una significativa riduzione del rischio di frattura15, 16.
Quindi, il trattamento atto a incrementare il BMD, rappresenta una strategia adeguata per ridurre il rischio di frattura in pazienti selezionati, in particolare quelli che presentano una prima frattura da fragilità11.
3.2 Cadute
Le cadute sono associate a un aumento significativo di morbilità e disabilità nella popolazione anziana. Il rischio di caduta cresce rapidamente con l’età; un terzo delle persone con più di 65 anni o più cade ogni anno e più della metà dei casi in modo ricorrente. Inoltre il rischio cresce esponenzialmente con il numero di fattori di rischio; il rischio di caduta ad un anno raddoppia con ogni fattore di rischio addizionale, dall’ 8% con alcun fattore di rischio fino al 78% con quattro fattori di rischio11, 17. Molti dei fattori di rischio correlati alla caduta sono gli stessi delle fratture da fragilità; questa correlazione comporta quindi un rischio crescente nei soggetti esposti a molteplici fattori di rischio11.
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