Tesi etd-06302016-112036 |
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Tipo di tesi
Tesi di laurea magistrale
Autore
ROSAFIO, MATTEO
URN
etd-06302016-112036
Titolo
Caratterizzazione di un Rivelatore a Scintillazione per PET con Lettura a Doppia Faccia
Dipartimento
FISICA
Corso di studi
FISICA
Relatori
relatore Prof.ssa Bisogni, Maria Giuseppina
Parole chiave
- Depth of Interaction
- DOI Calibration
- Dual Ended Readout
- Positron Emission Tomography
- Scintillator Detector
- SiPM
- Time Of Flight
Data inizio appello
21/07/2016
Consultabilità
Completa
Riassunto
La Positron Emission Tomography (PET) è una tecnica diagnostica di imaging utilizzata in Medicina Nucleare allo scopo di fornire immagini contenenti informazioni sia di tipo qualitativo che quantitativo sui processi funzionali degli organi o tessuti in esame. La principale applicazione in ambito clinico di questa tecnica riguarda la branca oncologica della medicina, all'interno della quale la PET riveste un ruolo fondamentale non solo nell'individuazione precoce del sito canceroso, ma anche nel valutare il grado di malignità dello stesso. Un esame PET si rivela spesso fondamentale nel decidere la giusta terapia da attuare e consente di verificare la risposta al trattamento. Altre applicazioni della PET riguardano i campi relativi alla cardiologia e alla neurologia, quest'ultima soprattutto in relazione allo studio delle alterazioni delle funzionalità cerebrali causate da alcune importanti malattie, quali Alzheimer, morbo di Parkinson o di altre forme di demenza. Recentemente i sistemi PET sono anche impiegati per la verifica in tempo reale dei trattamenti radio-terapici in adroterapia.
Recenti sviluppi tecnologi hanno permesso di potenziare le informazioni di tipo funzionale fornite da un esame PET integrando in un'unica immagine informazioni complementari di tipo morfologico provenienti da un esame Computed Tomography (CT) o da Magnetic Resonance (MR) effettuato dalla stessa macchina; questo tipo di imaging è detto multimodale. Ad oggi la maggior parte degli scanner PET utilizzati in clinica sono in realtà dei sistemi integrati PET-CT, mentre da qualche anno sono disponibili sul mercato i primi sistemi clinici PET-MR.
Un esame PET consiste nel far assumere al paziente, principalmente per via endovenosa, un radio-farmaco, cioè una molecola biologicamente attiva marcata con un isotopo emettitore beta +. I positroni prodotti nel decadimento si annichilano con gli elettroni degli atomi del tessuto emettendo così una coppia di fotoni simultanei aventi direzioni opposte tra loro ed energia pari a 511 keV ciascuno. I due fotoni viaggiano dunque lungo una linea retta, detta appunto linea di volo, e vengono successivamente rivelati dal sistema di rivelazione del tomografo che registra in questo modo la posizione spaziale della linea di volo lungo la quale è avvenuto l'evento di annichilazione. In seguito, l'immagine tomografica contenente la distribuzione di concentrazione del radio-farmaco viene ricostruita tenendo conto di tutti gli eventi registrati su tutte le possibili linee di volo.
Le prestazioni di uno scanner PET sono fondamentalmente legate a quelle del sistema di rivelazione e acquisizione, di conseguenza le linee di ricerca riguardano anche lo sviluppo di nuove tecnologie di rivelazione al fine di migliorare la qualità delle immagini a parità di dose assorbita dal paziente. Questo consente di aumentare la potenza diagnostica di un esame PET. I rivelatori impiegati nella PET sono solitamente costituiti da un foto-rivelatore accoppiato con uno scintillatore inorganico il cui spessore è tipicamente di 20 mm. Di fatto il fotone di annichilazione può interagire ad una profondità qualsiasi in tale spessore: questo introduce degli errori (detti di parallasse) nella determinazione della posizione della linea di volo, e costituisce uno dei fattori che limitano la risoluzione spaziale nelle immagini ricostruite, soprattutto in ambito pre-clinico. La riduzione dell'errore di parallasse è un'importante argomento di ricerca, che ha portato alla costruzione di rivelatori in grado di determinare il punto tridimensionale di interazione del fotone: due coordinate sono relative al punto di impatto del fotone sulla superficie del rivelatore, mentre l'altra coordinata, detta Depth Of Interaction (DOI), si riferisce alla profondità in corrispondenza della quale avviene l'interazione.
Un altro argomento di ricerca riguarda invece il miglioramento in termini di prestazioni temporali dei rivelatori impiegati nelle PET (unitamente al sistema di acquisizione) che impiegano la tecnica del Time Of Flight (TOF). In questi sistemi l'immagine tomografica viene ricostruita introducendo l'informazione relativa alla differenza dei tempi di arrivo di ciascun fotone della coppia sui rivelatori. Ciò consente di ridurre l'indeterminazione nella localizzazione dell'evento di annichilazione lungo la linea di volo, che a sua volta si traduce in una diminuzione del rumore presente nelle immagini e nel tempo necessario a ricostruirle.
Il mio lavoro di tesi ha riguardato la costruzione e la caratterizzazione di un prototipo di rivelatore per PET costituito da uno scintillatore pixelato di LYSO (contenente 8x8 pixel da 3.5x3.5x20 mm^3 con superfici satinate e otticamente disaccoppiati da uno strato di materiale riflettente) le cui estremità sono lette da matrici di Silicon PhotoMultiplier (SiPM) con un accoppiamento 1:1. Questa configurazione di lettura a doppia faccia (in inglese Dual Ended Readout, DER) consente di determinare la DOI misurando la quantità di fotoni ottici raccolti alle due estremità del cristallo. I segnali provenienti dai SiPM sono gestiti da un Application Specific Integrated Circuit (ASIC) appositamente progettato per la PET (in particolare per le applicazioni TOF-PET). Il LYSO è lo scintillatore principalmente utilizzato nella costruzione dei rivelatori PET poiché soddisfa un certo numero di requisiti richiesti in queste applicazioni; infatti, rispetto ad altri scintillatori inorganici, ha un alta resa luminosa, una costante di decadimento breve ed una elevata densità. La tecnologia dei foto-rivelatori al silicio impiegati per leggere la luce di scintillazione (SiPM) è invece piuttosto recente, e risulta essere la candidata principale a sostituire quella attuale, basata sui tubi fotomoltiplicatori; l'insensibilità ai campi magnetici è uno dei principali vantaggi dei SiPM rispetto ai tubi fotomoltiplicatori, aspetto fondamentale nella costruzione dei sistemi integrati PET-MR.
Per ricostruire la DOI partendo dalla asimmetria di luce raccolta ai capi dello scintillatore è necessaria una calibrazione. Tra le varie tecniche descritte in letteratura, soltanto una consente di poter effettuare tale calibrazione anche dopo che i rivelatori sono montati all'interno dello scanner, permettendo così di eseguire periodicamente tale procedura. Tuttavia, questa può essere applicata solo se lo scintillatore è radioattivo. In questo lavoro di tesi ho descritto e testato una procedura di calibrazione che può essere applicata anche nel caso in cui lo scintillatore utilizzato non è radioattivo, sfruttando una sorgente radioattiva posta al centro dello scanner. La risoluzione in DOI misurata, espressa come Full Width at Half Maximum (FWHM) della distribuzione della posizione ricostruita, è mediamente di (4.7 +- 0.5) mm, cioè inferiore ad 1/4 della lunghezza dello scintillatore: questo valore è sufficiente ad introdurre una significativa riduzione dell'errore di parallasse.
Il mio lavoro di tesi ha inoltre riguardato la misura delle prestazioni temporali del rivelatore, correggendo opportunamente i tempi in corrispondenza dei quali si rivelano i 2 fotoni in modo tale che questi non dipendano dalla DOI: questo è un aspetto fondamentale nei sistemi PET che utilizzano la tecnica TOF. La migliore risoluzione temporale (relativa al rivelatore) misurata è di (691 +- 16) ps @ FWHM: tale valore introduce un modesto guadagno in termini di miglioramento delle immagini se le informazioni TOF sono introdotte nella ricostruzione. La causa delle modeste prestazioni temporali risiede nel tipo di superfici ottiche di cui sono composti i singoli pixel di scintillatore, le quali limitano la massima risoluzione temporale raggiungibile.
L'intero lavoro è stato svolto nel laboratorio di Fisica Medica dell'INFN (sezione di Pisa).
Recenti sviluppi tecnologi hanno permesso di potenziare le informazioni di tipo funzionale fornite da un esame PET integrando in un'unica immagine informazioni complementari di tipo morfologico provenienti da un esame Computed Tomography (CT) o da Magnetic Resonance (MR) effettuato dalla stessa macchina; questo tipo di imaging è detto multimodale. Ad oggi la maggior parte degli scanner PET utilizzati in clinica sono in realtà dei sistemi integrati PET-CT, mentre da qualche anno sono disponibili sul mercato i primi sistemi clinici PET-MR.
Un esame PET consiste nel far assumere al paziente, principalmente per via endovenosa, un radio-farmaco, cioè una molecola biologicamente attiva marcata con un isotopo emettitore beta +. I positroni prodotti nel decadimento si annichilano con gli elettroni degli atomi del tessuto emettendo così una coppia di fotoni simultanei aventi direzioni opposte tra loro ed energia pari a 511 keV ciascuno. I due fotoni viaggiano dunque lungo una linea retta, detta appunto linea di volo, e vengono successivamente rivelati dal sistema di rivelazione del tomografo che registra in questo modo la posizione spaziale della linea di volo lungo la quale è avvenuto l'evento di annichilazione. In seguito, l'immagine tomografica contenente la distribuzione di concentrazione del radio-farmaco viene ricostruita tenendo conto di tutti gli eventi registrati su tutte le possibili linee di volo.
Le prestazioni di uno scanner PET sono fondamentalmente legate a quelle del sistema di rivelazione e acquisizione, di conseguenza le linee di ricerca riguardano anche lo sviluppo di nuove tecnologie di rivelazione al fine di migliorare la qualità delle immagini a parità di dose assorbita dal paziente. Questo consente di aumentare la potenza diagnostica di un esame PET. I rivelatori impiegati nella PET sono solitamente costituiti da un foto-rivelatore accoppiato con uno scintillatore inorganico il cui spessore è tipicamente di 20 mm. Di fatto il fotone di annichilazione può interagire ad una profondità qualsiasi in tale spessore: questo introduce degli errori (detti di parallasse) nella determinazione della posizione della linea di volo, e costituisce uno dei fattori che limitano la risoluzione spaziale nelle immagini ricostruite, soprattutto in ambito pre-clinico. La riduzione dell'errore di parallasse è un'importante argomento di ricerca, che ha portato alla costruzione di rivelatori in grado di determinare il punto tridimensionale di interazione del fotone: due coordinate sono relative al punto di impatto del fotone sulla superficie del rivelatore, mentre l'altra coordinata, detta Depth Of Interaction (DOI), si riferisce alla profondità in corrispondenza della quale avviene l'interazione.
Un altro argomento di ricerca riguarda invece il miglioramento in termini di prestazioni temporali dei rivelatori impiegati nelle PET (unitamente al sistema di acquisizione) che impiegano la tecnica del Time Of Flight (TOF). In questi sistemi l'immagine tomografica viene ricostruita introducendo l'informazione relativa alla differenza dei tempi di arrivo di ciascun fotone della coppia sui rivelatori. Ciò consente di ridurre l'indeterminazione nella localizzazione dell'evento di annichilazione lungo la linea di volo, che a sua volta si traduce in una diminuzione del rumore presente nelle immagini e nel tempo necessario a ricostruirle.
Il mio lavoro di tesi ha riguardato la costruzione e la caratterizzazione di un prototipo di rivelatore per PET costituito da uno scintillatore pixelato di LYSO (contenente 8x8 pixel da 3.5x3.5x20 mm^3 con superfici satinate e otticamente disaccoppiati da uno strato di materiale riflettente) le cui estremità sono lette da matrici di Silicon PhotoMultiplier (SiPM) con un accoppiamento 1:1. Questa configurazione di lettura a doppia faccia (in inglese Dual Ended Readout, DER) consente di determinare la DOI misurando la quantità di fotoni ottici raccolti alle due estremità del cristallo. I segnali provenienti dai SiPM sono gestiti da un Application Specific Integrated Circuit (ASIC) appositamente progettato per la PET (in particolare per le applicazioni TOF-PET). Il LYSO è lo scintillatore principalmente utilizzato nella costruzione dei rivelatori PET poiché soddisfa un certo numero di requisiti richiesti in queste applicazioni; infatti, rispetto ad altri scintillatori inorganici, ha un alta resa luminosa, una costante di decadimento breve ed una elevata densità. La tecnologia dei foto-rivelatori al silicio impiegati per leggere la luce di scintillazione (SiPM) è invece piuttosto recente, e risulta essere la candidata principale a sostituire quella attuale, basata sui tubi fotomoltiplicatori; l'insensibilità ai campi magnetici è uno dei principali vantaggi dei SiPM rispetto ai tubi fotomoltiplicatori, aspetto fondamentale nella costruzione dei sistemi integrati PET-MR.
Per ricostruire la DOI partendo dalla asimmetria di luce raccolta ai capi dello scintillatore è necessaria una calibrazione. Tra le varie tecniche descritte in letteratura, soltanto una consente di poter effettuare tale calibrazione anche dopo che i rivelatori sono montati all'interno dello scanner, permettendo così di eseguire periodicamente tale procedura. Tuttavia, questa può essere applicata solo se lo scintillatore è radioattivo. In questo lavoro di tesi ho descritto e testato una procedura di calibrazione che può essere applicata anche nel caso in cui lo scintillatore utilizzato non è radioattivo, sfruttando una sorgente radioattiva posta al centro dello scanner. La risoluzione in DOI misurata, espressa come Full Width at Half Maximum (FWHM) della distribuzione della posizione ricostruita, è mediamente di (4.7 +- 0.5) mm, cioè inferiore ad 1/4 della lunghezza dello scintillatore: questo valore è sufficiente ad introdurre una significativa riduzione dell'errore di parallasse.
Il mio lavoro di tesi ha inoltre riguardato la misura delle prestazioni temporali del rivelatore, correggendo opportunamente i tempi in corrispondenza dei quali si rivelano i 2 fotoni in modo tale che questi non dipendano dalla DOI: questo è un aspetto fondamentale nei sistemi PET che utilizzano la tecnica TOF. La migliore risoluzione temporale (relativa al rivelatore) misurata è di (691 +- 16) ps @ FWHM: tale valore introduce un modesto guadagno in termini di miglioramento delle immagini se le informazioni TOF sono introdotte nella ricostruzione. La causa delle modeste prestazioni temporali risiede nel tipo di superfici ottiche di cui sono composti i singoli pixel di scintillatore, le quali limitano la massima risoluzione temporale raggiungibile.
L'intero lavoro è stato svolto nel laboratorio di Fisica Medica dell'INFN (sezione di Pisa).
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