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Archivio digitale delle tesi discusse presso l’Università di Pisa

Tesi etd-06302014-223155


Tipo di tesi
Tesi di laurea specialistica LC6
Autore
PAGNINI, ALESSANDRA
URN
etd-06302014-223155
Titolo
VENTILAZIONE BOCCA A BOCCA DURANTE LA RIANIMAZIONE CARDIOPOLMONARE: STATO DELL'ARTE
Dipartimento
RICERCA TRASLAZIONALE E DELLE NUOVE TECNOLOGIE IN MEDICINA E CHIRURGIA
Corso di studi
MEDICINA E CHIRURGIA
Relatori
relatore Dott. Cecchini, Maurizio
Parole chiave
  • HANDS-ONLY CPR
  • RIANIMAZIONE CARDIOPOLMONARE
  • SOCCORRITORE LAICO
  • VENTILAZIONE BOCCA A BOCCA
Data inizio appello
22/07/2014
Consultabilità
Completa
Riassunto
È ben noto, nell’immaginario collettivo, che la rianimazione cardiopolmonare (RCP) in soggetto colpito da arresto cardiaco extraospedaliero, eseguita da parte di soccorritori laici o professionisti sprovvisti dell’adeguata strumentazione, consista nell’alternanza di compressioni toraciche e ventilazioni polmonari effettuate con tecnica bocca a bocca. Tale sequenza è stata patrimonio culturale anche dello stesso personale medico che, tramite video divulgativi delle maggiori società mondiali di rianimazione cardiopolmonare, ha contribuito ad erudire la popolazione generale.
Tuttavia recenti evidenze hanno messo in luce alcune criticità riguardo a quello che fino ad oggi è stato uno dei cardini della rianimazione cardiopolmonare: la respirazione bocca a bocca.
A partire da basi fisiopatologiche è anzitutto ovvio che, considerato che l’aria espirata dal soccorritore è composta da anidride carbonica, la miscela che si viene a creare tra quest’ultima e l’ossigeno presente nello spazio morto delle vie aeree del paziente, determina una riduzione della FiO2 di circa il 10% rispetto a quella dell’aria ambiente (21%). Si stima inoltre che, ad ogni compressione toracica, inducendo un’“espirazione artificiale” nel paziente in arresto cardiaco, si determini la fuoriuscita di circa 30 cc di aria, con conseguente inalazione della stessa quantità di aria atmosferica; considerato quindi che la frequenza di un efficace massaggio cardiaco esterno (MCE) deve essere di almeno 100 compressioni al minuto, nel paziente in arresto, con il solo massaggio cardiaco, si garantisce uno scambio aereo di circa 3 litri al minuto.
A questo si aggiunge che, durante le manovre ventilatorie, si viene ad instaurare una pressione toracica positiva in grado di ostacolare il ritorno venoso con conseguente riduzione della gittata cardiaca ottenuta tramite MCE. Inoltre, la stessa interruzione del MCE per eseguire le ventilazioni, riduce la portata cardiaca e conseguentemente la perfusione renale, con aggravamento dell’acidosi metabolica, parametro fondamentale per l’efficacia della successiva defibrillazione elettrica.
Inoltre alcuni studi retrospettivi (se pur di piccole dimensioni in relazione alla difficoltà di condurre studi su grandi numeri in tale ambito) hanno dimostrato un miglior outcome neurologico nei paziente sopravvissuti ad arresto cardiocircolatorio rianimati con tecnica “hands only CPR” (CCCPR) rispetto a quelli che hanno ricevuto rianimazione cardiopolmonare tradizionale.
Non di secondaria importanza risultano essere anche i risvolti psicologici che la tecnica bocca a bocca suscita nel soccorritore, dimostrati essere quindi un freno all’esecuzione di un’adeguata RCP; inoltre è opportuno sottolineare che, mentre le prime due ventilazioni possono
essere relativamente efficaci, le successive coppie di ventilazioni si
riducono progressivamente in termini di quantità di aria insufflata per il graduale affaticamento del soccorritore.
In conclusione, vi sono quindi molti più elementi a dimostrazione dell’inefficacia se non addirittura dell’ostacolo che la tecnica di respirazione bocca a bocca apporta allo svolgimento di una corretta rianimazione del paziente colpito da arresto cardiaco in ambiente extraospedaliero.
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