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Archivio digitale delle tesi discusse presso l’Università di Pisa

Tesi etd-06292020-110851


Tipo di tesi
Tesi di laurea magistrale
Autore
GIANNOTTI, GIULIA
URN
etd-06292020-110851
Titolo
Il male politico: l’età dei totalitarismi in Hannah Arendt
Dipartimento
CIVILTA' E FORME DEL SAPERE
Corso di studi
FILOSOFIA E FORME DEL SAPERE
Relatori
relatore Prof. Paoletti, Giovanni
Parole chiave
  • Eichmann
  • colpa
  • responsabilità
  • male
  • male radicale
  • male banale
  • ideologia
  • orrore
  • terrore
  • Hannah Arendt
  • totalitarismo
  • campi di sterminio
  • novecento
  • Karl Jaspers
  • società di massa
  • stalinismo
  • hotlerismo
  • Emmanuel Lévinas
Data inizio appello
13/07/2020
Consultabilità
Tesi non consultabile
Riassunto
Il presente lavoro di tesi si propone di esaminare le tematiche fondamentali della riflessione arendtiana sui totalitarismi, comparsi sulla scena politica mondiale nel Novecento. Nella prima parte si ripercorrono le tappe del dibattito intellettuale che, a partire dall’Italia degli anni Venti, hanno condotto alla formulazione del concetto del tutto nuovo di totalitarismo. La seconda parte è dedicata a un’ampia analisi del testo Le origini del totalitarismo, che prende in esame tutte le strategie con cui la totalità si afferma e si mantiene in vigore, e alla costruzione del concetto di totalitarismo per Hannah Arendt, che andrà a definire il prototipo totalitario, costituendo a tutt’oggi la più eminente trattazione sull’argomento. Nella terza parte si propone un confronto con Karl Jaspers sul tema della responsabilità personale in un regime totalitario, mettendo in luce i punti salienti che segnano un passaggio e un cambiamento di opinione nel pensiero di Arendt sulla questione della colpa. La quarta e ultima parte, in cui si propone un confronto con Emmanuel Lévinas sul tema del male, è da leggersi in relazione alla precedente come un punto d’arrivo per quel cambio di rotta che porterà Arendt, prima confrontandosi con Jaspers e poi con il processo ad Eichmann, ad abbandonare l’idea di un “male radicale” inconcepibile e imperdonabile per giungere alla sconcertante constatazione della “banalità del male”.
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