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Tesi etd-06292015-135531


Tipo di tesi
Tesi di laurea magistrale LM5
Autore
MONTI, MATTEO
URN
etd-06292015-135531
Titolo
Libertà di espressione e hate speech razzista negli ordinamenti italiano e statunitense: un'analisi mediante le categorie di speakers.
Dipartimento
GIURISPRUDENZA
Corso di studi
GIURISPRUDENZA
Relatori
relatore Prof.ssa Stradella, Elettra
Parole chiave
  • racist hate speech
  • public discourse
  • propaganda razzista
  • libertà di espressione
  • discorso pubblico
  • freedom of expression
  • categorie di speakers
  • speaker category
Data inizio appello
20/07/2015
Consultabilità
Non consultabile
Data di rilascio
20/07/2085
Riassunto
La tesi di laurea affronta il tema della libertà di espressione in un’ottica comparativa e si compone di quattro Capitoli.
Nel Capitolo primo si affrontano due questioni prodromiche allo sviluppo del lavoro, ossia il concetto di “razzismo” e la teoria del discorso pubblico. Nel primo paragrafo si esamina la nozione di razzismo così come adottata dalla giurisprudenza di legittimità e di merito in alcune sentenze dell’ultimo decennio, nelle quali si è ricostruita una nozione di razzismo che esula dalle teorie biologiche, concentrandosi sulla diversità culturale: si tratta del c.d. razzismo differenzialista o neorazzismo, che si fonda sulla difesa della propria cultura e sull’impossibilità di integrazione di culture “diverse”, ritenute incompatibili con la propria società. Nel secondo paragrafo si analizza il discorso pubblico, da intendersi come il discorso “politico” che si proponga la modificazione della realtà, la trasformazione della società in base alla propria Weltanschauung e che assume un quid pluris rispetto alla semplice manifestazione del pensiero. Vengono affrontate brevemente le diverse scelte ordinamentali in relazione al c.d. hate speech.
Nel Capitolo secondo si analizza il sistema del discorso pubblico e dell’hate speech razzista negli ordinamenti italiano e statunitense, dedicando ad ognuno specifiche sezioni. Nella sezione inerente l’ordinamento italiano in un primo paragrafo si procede alla disamina della giurisprudenza costituzionale in tema di hate speech, affrontando i discorsi radicali fascisti (Legge Scelba) e anarco-comunisti (art. 415 c.p). In un secondo paragrafo si affronta la legislazione e l’applicazione giurisprudenziale della c.d. Legge Reale-Mancino, in tema di hate speech razzista, analizzando l’interpretazione giurisprudenziale delle fattispecie di propaganda razzista e di istigazione alla discriminazione ed alla violenza.
Nella sezione inerente l'ordinamento statunitense si procede in un primo paragrafo all’analisi dei fondamenti della preferred position attribuita al Primo Emendamento e ad una rapida disamina delle pronunce che hanno portato alla sua tutela rinforzata mediante la formulazione dell’ imminent lawless action test con la sentenza Brandenburg c. Ohio, ultima evoluzione del clear and danger test holmesiano. Si delineano brevemente i test per l’applicazione dei regimi escludenti la garanzia del Primo Emendamento in relazione alle True Threat e alle fighiting words.
In un secondo paragrafo si analizza la giurisprudenza della Corte Suprema e delle giurisdizioni nazionali in tema di hate speech razzista: si procede ad una breve analisi del caso Brandenburg v. Ohio, dell’affaire Skookie, della sentenze R.A.V. v. City of St. Paul, Virginia v. Black, Wisconsin v. Mitchell e Barclay v. Florida.
Nel Capitolo terzo si procede all’analisi dell’applicazione giurisprudenziale dei reati di hate speech razzista, attraverso le categorie di speakers. L’analisi si svolge mediante la disamina della giurisprudenza del circuito federale per l’ordinamento statunitense e delle sentenze di merito (spesso inedite) e di legittimità nell’ordinamento italiano. Particolare attenzione viene prestata a casi giurisprudenziali che coinvolgano il web, con le problematiche che dallo stesso possano risultare.
La chiave di lettura prescelta prevede l’analisi della giurisprudenza o di una sua mancanza in relazione a diverse categorie di speakers, da intendersi nella macro divisione fra soggetto individuale e soggetto collettivo.
Nel sottocapitolo dedicato al soggetto individuale si affronta l’applicazione giurisprudenziale in relazione alle seguenti categorie di speakers: il quivis de populo, l’amministratore locale, il vignettista satirico (con una riflessione di più ampio respiro sull’artista), l’intellettuale, il parlamentare, il leader di partito, il membro delle minoranze. Nell’ordinamento statunitense, stante la proclamazione della sentenza Citizens United sull’impossibilità di distinguere un regime differenziato in relazione alla qualifica dello speaker, risulta una maggior uniformità nel trattamento dei diversi soggetti. Tuttavia sembra potersi rilevare un favor nella giurisprudenza federale in relazione alla non applicazione del regime delle true threat a militanti di formazioni politiche e un’eccezione rispetto alla garanzia del Primo Emendamento nei confronti dei discorsi odiosi jihadisti, mediante l’applicazione della legislazione sul material support.
Nell’ordinamento italiano sembra invece potersi rilevare un diverso trattamento nell’applicazione della disciplina dell’hate speech razzista in relazione alle diverse categorie di speakers. Una tutela completa sembra aversi per i parlamentari e i vignettisti (e più in generale per gli artisti), un regime di favore se non di vera e propria esenzione è rilevabile in relazione ai discorsi razzisti dei membri delle minoranze, mentre una sorta di esenzione a livello di prassi incriminatoria sembra ravvisabile in relazione ai discorsi dei leader e degli alti esponenti dei partiti.
Nel sottocapitolo dedicato ai soggetti collettivi si inizia a formulare e ad articolare un abbozzo di analisi sul tema della libertà di espressione del soggetto collettivo negli ordinamenti italiano e statunitense. Nella sezione relativa all’ordinamento italiano si tenta, a livello embrionale, di formulare una teoria della libertà di manifestazione del soggetto collettivo, in relazione all’art. 2 Cost. e alla attribuzione dei diritti inviolabili alle formazioni sociali. Si procede successivamente allo studio di un caso giurisprudenziale relativo all’integrazione delle molestie razziali da parte di attività di manifestazione del pensiero svolte da alcuni partiti politici durante una campagna elettorale.
Nella sezione dedicata all’ordinamento statunitense si procede all’analisi dei casi giurisprudenziali legati alla progressiva estensione della libertà di manifestazione del pensiero alle corporations commerciali, da ultima affermata con la sentenza Citizens United. Si procede con una brevissima analisi di un recente contributo dottrinale circa la possibilità che quest’ultima sentenza sia foriera di una valorizzazione del commercial speech e di come questo sia spesso intriso di contenuti razzisti.
Il Capitolo quarto è dedicato alle conclusioni, nelle quali si analizzano le problematiche legate al mantenimento dei reati di hate speech razzista nell’ordinamento costituzionale italiano, svolgendo una riflessione sulla necessità di valorizzazione del discorso pubblico e sulla legittimità costituzionale di tale normativa.
La tesi si conclude auspicando una riforma in senso libertario della legislazione italiana sull’hate speech razzista sul modello di quanto sviluppato nell’ordinamento statunitense, giungendo a quella valorizzazione della libertà di pensiero che ne faccia «pietra angolare dell’ordinamento democratico».
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