Tesi etd-06292014-174542 |
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Tipo di tesi
Tesi di specializzazione (5 anni)
Autore
DEL RE, MARZIA
URN
etd-06292014-174542
Titolo
Sviluppo ed applicazione clinica di metodi di analisi genetica per la diagnosi di tossicita da fluoropirimidine e resistenza a inibitori di tirosin-chinasi in oncologia
Dipartimento
PATOLOGIA CHIRURGICA, MEDICA, MOLECOLARE E DELL'AREA CRITICA
Corso di studi
BIOCHIMICA CLINICA
Relatori
relatore Prof. Danesi, Romano
relatore Prof. Lucacchini, Antonio
relatore Prof. Lucacchini, Antonio
Parole chiave
- 5-FU
- Diidropirimidina deidrogenasi
- DNA tumorale circolante
- TKI
- tossicità
- tumore
Data inizio appello
31/07/2014
Consultabilità
Completa
Riassunto
Il ruolo dello specialista in biochimica clinica come supporto nella pratica clinica oncologica non riguarda solo le attività di monitoraggio dei parametri emato-chimici, ma può rivestire una particolare importanza nel monitoraggio delle tossicità da chemioterapici e delle resistenze che si acquisiscono in seguito a trattamenti con target-therapies.
Il lavoro svolto si è focalizzato soprattutto sulla prevenzione delle tossicità indotte dal trattamento con fluoropirimidine con la messa a punto di un test genetico in grado di predirne il rischio, e sul monitoraggio dello sviluppo di resistenza secondaria ai trattamenti oncologici per mezzo delle “biopsie liquide”.
Le fluoropirimidine (5-fluorouracile e suo profarmaco capecitabina) sono tra i farmaci più utilizzati in oncologia per il trattamento di molti tumori solidi, ma il loro uso, tuttavia, può essere associato a gravi tossicità nel paziente e, talvolta, può rivelarsi letale. La diidropirimidina deidrogenasi (DPD) è il principale enzima coinvolto nel metabolismo delle fluoropirimidine ed agisce inattivandole. Esistono varianti geniche della DPD ad attività enzimatica ridotta o nulla ed il paziente portatore del deficit enzimatico può manifestare gravi tossicità in seguito al trattamento chemioterapico, tra cui diarrea, stomatite, neutropenia ed hand-foot syndrome. Poiché non esiste un metodo sicuro per identificare i pazienti a rischio di tossicità gravi, è stato svolto uno studio farmacogenetico volto a valutare i polimorfismi associati a tossicità, al fine di identificare un biomarcatore predittivo di tossicità ed escludere i pazienti a rischio da un trattamento potenzialmente letale. Lo studio si è composto di due fasi: una prima fase retrospettiva, dove sono stati genotipizzati i pazienti che hanno sviluppato tossicità gravi per identificare i polimorfismi associati al deficit enzimatico, ed una fase prospettica nella quale i pazienti sono stati esaminati per la presenza della mutazione maggiormente implicata nelle reazioni avverse gravi. L’analisi è stata effettuata a partire da un campione di sangue periferico da cui è stato estratto DNA genomico, amplificato con PCR, analizzato in DHPLC e sequenziato, oppure analizzato in PCR Real Time. Sono stati evidenziati sette polimorfismi maggiormente associati a tossicità: 496A>G, 1601G>A, 1627A>G, 1896T>C, IVS14+1G>A, 2194G>A, 2846A>T. Il risultato della genotipizzazione potrà essere utilizzato come screening pre-trattamento per i pazienti, consigliando per quelli con genotipo a rischio una dose ridotta rispetto a quella standard o uno schema terapeutico alternativo.
Per quanto riguarda invece le resistenze alle terapie farmacologiche, è ben noto ormai che tumori caratterizzati dalla stessa istologia possono avere diversa prognosi e diversa risposta al trattamento, a dimostrazione del fatto che esse sono malattie eterogenee e multifattoriali sia a livello inter- che intra-tumorale. Tramite selezione clonale il tumore si arricchisce delle cellule che possiedono le alterazioni genetiche più favorevoli per la sua crescita e determina apoptosi in coloro che non le hanno. L’analisi del DNA tumorale circolante (cftDNA), che viene estratto dal plasma, può rappresentare una valida alternativa alle ripetute biopsie alle quali i pazienti dovrebbero essere sottoposti per valutare lo status mutazionale in tempo reale del tumore e poterlo correlare con la risposta alla terapia. Dopo aver validato un metodo sensibile e specifico per l’analisi di mutazioni su cftDNA, è stato analizzato il cftDNA di 25 pazienti affetti da tumore non a piccole cellule del polmone (NSCLC) con mutazione dell’EGFR in trattamento con inibitori di tirosin-chinasi (TKI) andati in progressione di malattia durante il trattamento, per vedere se la mancata risposta al trattamento era attribuibile alla comparsa di mutazioni secondarie responsabili di resistenza acquisita. L’analisi sul cftDNA è stata eseguita con una droplet digital PCR (BioRad Laboratories) e sono state analizzate le mutazioni dell’EGFR associate a resistenza e le mutazioni del codone 12 e 13 del gene KRAS. Il 56% dei pazienti risultava essere portatore della mutazione T790M dell’EGFR associata a resistenza a TKI ed il 52% era portatore di una mutazione del codone 12 di KRAS, che non era stata riscontrata nel tumore primitivo con metodi convenzionali, suggerendo l’importanza del monitoraggio dei pazienti durante il trattamento, attraverso una metodica semplice ed affidabile.
Il lavoro svolto si è focalizzato soprattutto sulla prevenzione delle tossicità indotte dal trattamento con fluoropirimidine con la messa a punto di un test genetico in grado di predirne il rischio, e sul monitoraggio dello sviluppo di resistenza secondaria ai trattamenti oncologici per mezzo delle “biopsie liquide”.
Le fluoropirimidine (5-fluorouracile e suo profarmaco capecitabina) sono tra i farmaci più utilizzati in oncologia per il trattamento di molti tumori solidi, ma il loro uso, tuttavia, può essere associato a gravi tossicità nel paziente e, talvolta, può rivelarsi letale. La diidropirimidina deidrogenasi (DPD) è il principale enzima coinvolto nel metabolismo delle fluoropirimidine ed agisce inattivandole. Esistono varianti geniche della DPD ad attività enzimatica ridotta o nulla ed il paziente portatore del deficit enzimatico può manifestare gravi tossicità in seguito al trattamento chemioterapico, tra cui diarrea, stomatite, neutropenia ed hand-foot syndrome. Poiché non esiste un metodo sicuro per identificare i pazienti a rischio di tossicità gravi, è stato svolto uno studio farmacogenetico volto a valutare i polimorfismi associati a tossicità, al fine di identificare un biomarcatore predittivo di tossicità ed escludere i pazienti a rischio da un trattamento potenzialmente letale. Lo studio si è composto di due fasi: una prima fase retrospettiva, dove sono stati genotipizzati i pazienti che hanno sviluppato tossicità gravi per identificare i polimorfismi associati al deficit enzimatico, ed una fase prospettica nella quale i pazienti sono stati esaminati per la presenza della mutazione maggiormente implicata nelle reazioni avverse gravi. L’analisi è stata effettuata a partire da un campione di sangue periferico da cui è stato estratto DNA genomico, amplificato con PCR, analizzato in DHPLC e sequenziato, oppure analizzato in PCR Real Time. Sono stati evidenziati sette polimorfismi maggiormente associati a tossicità: 496A>G, 1601G>A, 1627A>G, 1896T>C, IVS14+1G>A, 2194G>A, 2846A>T. Il risultato della genotipizzazione potrà essere utilizzato come screening pre-trattamento per i pazienti, consigliando per quelli con genotipo a rischio una dose ridotta rispetto a quella standard o uno schema terapeutico alternativo.
Per quanto riguarda invece le resistenze alle terapie farmacologiche, è ben noto ormai che tumori caratterizzati dalla stessa istologia possono avere diversa prognosi e diversa risposta al trattamento, a dimostrazione del fatto che esse sono malattie eterogenee e multifattoriali sia a livello inter- che intra-tumorale. Tramite selezione clonale il tumore si arricchisce delle cellule che possiedono le alterazioni genetiche più favorevoli per la sua crescita e determina apoptosi in coloro che non le hanno. L’analisi del DNA tumorale circolante (cftDNA), che viene estratto dal plasma, può rappresentare una valida alternativa alle ripetute biopsie alle quali i pazienti dovrebbero essere sottoposti per valutare lo status mutazionale in tempo reale del tumore e poterlo correlare con la risposta alla terapia. Dopo aver validato un metodo sensibile e specifico per l’analisi di mutazioni su cftDNA, è stato analizzato il cftDNA di 25 pazienti affetti da tumore non a piccole cellule del polmone (NSCLC) con mutazione dell’EGFR in trattamento con inibitori di tirosin-chinasi (TKI) andati in progressione di malattia durante il trattamento, per vedere se la mancata risposta al trattamento era attribuibile alla comparsa di mutazioni secondarie responsabili di resistenza acquisita. L’analisi sul cftDNA è stata eseguita con una droplet digital PCR (BioRad Laboratories) e sono state analizzate le mutazioni dell’EGFR associate a resistenza e le mutazioni del codone 12 e 13 del gene KRAS. Il 56% dei pazienti risultava essere portatore della mutazione T790M dell’EGFR associata a resistenza a TKI ed il 52% era portatore di una mutazione del codone 12 di KRAS, che non era stata riscontrata nel tumore primitivo con metodi convenzionali, suggerendo l’importanza del monitoraggio dei pazienti durante il trattamento, attraverso una metodica semplice ed affidabile.
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