Tesi etd-06282011-173952 |
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Tipo di tesi
Tesi di laurea specialistica LC6
Autore
RUSSO, SALVATORE
URN
etd-06282011-173952
Titolo
Magnificazione endoscopica con acido acetico come metodica per l'identificazione della displasia nell'esofago di Barrett
Dipartimento
MEDICINA E CHIRURGIA
Corso di studi
MEDICINA E CHIRURGIA
Relatori
correlatore Dott. de Bortoli, Nicola
correlatore Dott. Solito, Biagio
relatore Prof. Marchi, Santino
correlatore Dott. Solito, Biagio
relatore Prof. Marchi, Santino
Parole chiave
- acido acetico
- displasia
- esofago di barrett
- magnificazione endoscopica
Data inizio appello
19/07/2011
Consultabilità
Non consultabile
Data di rilascio
19/07/2051
Riassunto
INTRODUZIONE: l’esofago di Barrett (EB) è una condizione acquisita che deriva da una sostituzione della mucosa squamosa esofagea con mucosa di tipo colonnare, secondaria ad un reflusso di contenuto gastrico (acido) cronico. Nei soggetti con EB, il rischio di adenocarcinoma esofageo (AdK) aumenta progressivamente in relazione alla presenza di displasia di basso grado e displasia di alto grado. Una diagnosi precoce è quindi di fondamentale importanza per la gestione clinica e l'outcome del paziente. Ciò può essere realizzato sia attraverso lo screening per EB sia mediante follow-up endoscopico nei soggetti affetti. Tuttavia queste metodiche sono attualmente considerate non cost/effective. Nuove tecniche per migliorare l’efficacia della sorveglianza del AdK continuano ad essere in corso di valutazione.
SCOPO DELLO STUDIO: valutare l’efficacia della magnificazione endoscopica con acido acetico in un gruppo di pazienti con EB ed individuare eventuali differenze in base all’applicazione della tecnica in corso di follow-up o alla prima diagnosi.
PAZIENTI MATERIALI E METODI: dal 2004 al 2011 sono stati arruolati, presso le U.O. di Gastroenterologia Universitaria e di Chirurgia dell’Esofago, 62 pazienti dei quali 33 con pregressa diagnosi istologica di EB in corso di follow-up e 29 di nuova diagnosi. I pazienti sono stati sottoposti a magnificazione endoscopica con acido acetico. Gli esami endoscopici, effettuati utilizzando lo strumento Olympus 160 Zoom a risoluzione standard con ingrandimento massimo di 20x, sono stati eseguiti da due operatori esperti. Durante le sedute sono state raccolte le seguenti informazioni: punti di repere endoscopici, eventuale presenza di ernia jatale e di esofagite (valutata sulla base della classificazione di Los Angeles).
Nel caso di sospetto endoscopico di metaplasia esofagea, è stata valutata l’estensione dell’area interessata secondo la classificazione di Praga, seguita dall’applicazione topica di una soluzione di acido acetico al 5%. E’ stata quindi eseguita magnificazione con ingrandimento di 20x. Per ogni paziente è stata esaminata l’intera area di rivestimento colonnare e il pattern mucoso osservato, valutato secondo la classificazione di Endo. Le biopsie sono state effettuate laddove presenti pit-pattern di tipo III, IV o V e per ogni alterazione macroscopica della mucosa. I campioni bioptici sono stati valutati previa colorazione con ematossilina/eosina e, solo in casi di necessità, mediante colorazione di May Grunwald Giemsa. La presenza di EB è stata valutata sulla base del riscontro di metaplasia intestinale (cellule caliciformi) e la displasia facendo riferimento alla classificazione Occidentale. Mediante test chi quadrato è stata valutata, tra i due gruppi, la differenza riguardo età, sesso, estensione della metaplasia intestinale, frequenza di riscontro di esofagite, metaplasia intestinale e displasia.
RISULTATI: nel confronto tra i soggetti di nuova diagnosi e in follow-up non sono emerse evidenti differenza riguardo età, sesso ed estensione della metaplasia intestinale. La frequenza di riscontro di esofagite è risultata significativamente più elevata nei soggetti di nuova diagnosi. La magnificazione con acido acetico ha consentito l’identificazione della metaplasia intestinale nel 100% dei pazienti in follow-up (pit-pattern IV o V) e, nei pazienti di nuova diagnosi nel (19/20) 95% dei casi con pit-pattern IV e nel 100% dei casi con pit-pattern V. Tutti i casi di displasia rilevati all’esame istologico presentavano alla magnificazione un pit-pattern di tipo V. Inoltre la frequenza di riscontro di displasia è risultata significativamente più elevata nei soggetti in follow-up (57.1%) rispetto ai soggetti di nuova diagnosi (11.1%).
CONCLUSIONI: sulla base dei risultati ottenuti possiamo concludere che la magnificazione endoscopica con acido acetico è una tecnica di grande utilità nell’identificazione della displasia in soggetti con EB in follow-up. A sostenere l’utilizzo di tale metodica sono anche la semplicità di esecuzione, i costi non eccessivi e un aumento della durata dell’esame di soli 5-10 minuti. Tuttavia l'impatto che questa tecnica potrà avere nel migliorare l’accuratezza diagnostica e nel ridurre la morbilità e la mortalità associate all’EB deve essere ulteriormente valutato e validato in studi clinici controllati.
SCOPO DELLO STUDIO: valutare l’efficacia della magnificazione endoscopica con acido acetico in un gruppo di pazienti con EB ed individuare eventuali differenze in base all’applicazione della tecnica in corso di follow-up o alla prima diagnosi.
PAZIENTI MATERIALI E METODI: dal 2004 al 2011 sono stati arruolati, presso le U.O. di Gastroenterologia Universitaria e di Chirurgia dell’Esofago, 62 pazienti dei quali 33 con pregressa diagnosi istologica di EB in corso di follow-up e 29 di nuova diagnosi. I pazienti sono stati sottoposti a magnificazione endoscopica con acido acetico. Gli esami endoscopici, effettuati utilizzando lo strumento Olympus 160 Zoom a risoluzione standard con ingrandimento massimo di 20x, sono stati eseguiti da due operatori esperti. Durante le sedute sono state raccolte le seguenti informazioni: punti di repere endoscopici, eventuale presenza di ernia jatale e di esofagite (valutata sulla base della classificazione di Los Angeles).
Nel caso di sospetto endoscopico di metaplasia esofagea, è stata valutata l’estensione dell’area interessata secondo la classificazione di Praga, seguita dall’applicazione topica di una soluzione di acido acetico al 5%. E’ stata quindi eseguita magnificazione con ingrandimento di 20x. Per ogni paziente è stata esaminata l’intera area di rivestimento colonnare e il pattern mucoso osservato, valutato secondo la classificazione di Endo. Le biopsie sono state effettuate laddove presenti pit-pattern di tipo III, IV o V e per ogni alterazione macroscopica della mucosa. I campioni bioptici sono stati valutati previa colorazione con ematossilina/eosina e, solo in casi di necessità, mediante colorazione di May Grunwald Giemsa. La presenza di EB è stata valutata sulla base del riscontro di metaplasia intestinale (cellule caliciformi) e la displasia facendo riferimento alla classificazione Occidentale. Mediante test chi quadrato è stata valutata, tra i due gruppi, la differenza riguardo età, sesso, estensione della metaplasia intestinale, frequenza di riscontro di esofagite, metaplasia intestinale e displasia.
RISULTATI: nel confronto tra i soggetti di nuova diagnosi e in follow-up non sono emerse evidenti differenza riguardo età, sesso ed estensione della metaplasia intestinale. La frequenza di riscontro di esofagite è risultata significativamente più elevata nei soggetti di nuova diagnosi. La magnificazione con acido acetico ha consentito l’identificazione della metaplasia intestinale nel 100% dei pazienti in follow-up (pit-pattern IV o V) e, nei pazienti di nuova diagnosi nel (19/20) 95% dei casi con pit-pattern IV e nel 100% dei casi con pit-pattern V. Tutti i casi di displasia rilevati all’esame istologico presentavano alla magnificazione un pit-pattern di tipo V. Inoltre la frequenza di riscontro di displasia è risultata significativamente più elevata nei soggetti in follow-up (57.1%) rispetto ai soggetti di nuova diagnosi (11.1%).
CONCLUSIONI: sulla base dei risultati ottenuti possiamo concludere che la magnificazione endoscopica con acido acetico è una tecnica di grande utilità nell’identificazione della displasia in soggetti con EB in follow-up. A sostenere l’utilizzo di tale metodica sono anche la semplicità di esecuzione, i costi non eccessivi e un aumento della durata dell’esame di soli 5-10 minuti. Tuttavia l'impatto che questa tecnica potrà avere nel migliorare l’accuratezza diagnostica e nel ridurre la morbilità e la mortalità associate all’EB deve essere ulteriormente valutato e validato in studi clinici controllati.
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