Tesi etd-06282007-163702 |
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Tipo di tesi
Tesi di laurea specialistica
Autore
Brotini, Laura
URN
etd-06282007-163702
Titolo
Sviluppo di metodi per la diagnosi e la misura quantitativa della fibrosi miocardica da immagini MRI
Dipartimento
INGEGNERIA
Corso di studi
INGEGNERIA BIOMEDICA
Relatori
Relatore Positano, Vincenzo
Relatore Aquaro, Giovanni
Relatore Aquaro, Giovanni
Parole chiave
- distribuzione gamma modificata
- fibrosi miocardica
- parametro di scala
Data inizio appello
26/07/2007
Consultabilità
Parziale
Data di rilascio
26/07/2047
Riassunto
La fibrosi miocardica è una patologia abbastanza comune che consiste in un aumento della concentrazione delle fibre di collagene del miocardio e in una conseguente disorganizzazione della sua struttura. Può essere causata da svariati fattori e ne esistono molti tipi; in particolare, può essere regionale oppure diffusa a tutto il miocardio.
Tra le patologie più significative in cui si riscontra la presenza di fibrosi ci sono la Cardiomiopatia Ipertrofica e l’Emocromatosi. La prima è caratterizzata da una grande eterogeneità morfologica e funzionale e l’alterazione fisiopatologica più evidente è la disfunzione diastolica; la seconda è caratterizzata dall’accumulo intracellulare di emosiderina e ferritina, come avviene nei pazienti affetti da Talassemia Major, che necessitano di terapie trasfusionali.
Queste patologie possono essere indagate con la Risonanza Magnetica applicata in ambito Cardiovascolare (CMR). È dalla metà degli anni ’80 che si è diffuso l’utilizzo delle tecniche MRI per lo studio del cuore in vivo, impiegando un mezzo di contrasto (solitamente il gadolinio).
La maggiore limitazione iniziale alla diffusione di tale tecnica era un contrasto insufficiente tra il miocardio normale e quello patologico; recentemente però è stata dimostrata l’efficacia di una nuova sequenza di impulsi IR Fast GRE per la tecnica DE (Delayed–contrast Enhancement); con le metodiche attuali è possibile ottenere una misurazione accurata dello spessore della parete, dei volumi del ventricolo sinistro e quindi della frazione di eiezione e dell’ispessimento parietale.
Grazie a queste nuove tecniche, risulta possibile distinguere le zone patologiche del miocardio da quelle sane con differenze di intensità di segnale vicine al 500 %.
Attualmente non esistono metodi standardizzati per la quantificazione della fibrosi miocardica, ma la sua valutazione è affidata ad un’analisi visiva da parte del medico delle immagini ricavate con la tecnica DE-CMR.
Lo scopo di questo lavoro di tesi è definire una metodologia che possa rendere quanto più oggettiva possibile la valutazione della fibrosi miocardica.
Per questo, sulla base dei dati ricavati dalle immagini DE-CMR che si hanno a disposizione, relative a 15 soggetti sani e a 40 soggetti fibrotici (per la maggior parte si tratta di fibrosi a carattere diffuso), è stato definito un modello che simula le caratteristiche del miocardio sia in presenza che in assenza di patologia. Le immagini simulate che il modello è in grado di fornire sono state ottenute grazie ad un processo di riduzione dell’errore quadratico medio, applicato tra le distribuzioni ricavate dal modello e quelle ottenute dalle immagini DE-CMR a disposizione. Grazie a questo processo, è stato possibile ottimizzare i parametri che descrivono il modello stesso: la deviazione standard del rumore utilizzato per comporre l’immagine di magnitudine e i parametri che descrivono le distribuzioni normali aggiunte nel miocardio sano e in quello fibrotico.
Prima di definire il segnale del miocardio, la componente iniziale che occorre modellizzare è il rumore che caratterizza i dati RM. Durante il processing in MRI, è pratica comune lavorare con dati di magnitudine invece che con dati reali ed immaginari, visto che essi hanno il vantaggio di essere immuni agli effetti delle variazioni di fase accidentali.
Per costruire un’immagine di questo tipo dai dati complessi, la magnitudine viene computata pixel per pixel come la radice quadrata della somma dei quadrati delle componenti reale ed immaginaria dell’immagine; la prima è data dalla sovrapposizione dell’immagine stessa con la distribuzione normale del rumore (con media nulla e deviazione standard suggerita dal metodo proposto da Constantinides et al.), e la seconda è rappresentata dalla sola componente di rumore.
Poiché la radice quadrata è una trasformazione non lineare, la funzione densità di probabilità (PDF) dei dati di magnitudine non è una Gaussiana ma è descritta da una distribuzione Riciana.
Nel caso del parallel imaging in cui si usano più bobine riceventi, si parla di distribuzione Riciana generalizzata.
Dopo aver composto l’immagine caratterizzata dalla distribuzione Riciana generalizzata, dalle immagini DE-CMR relative ai soggetti sani sono state estratte delle roi dal miocardio e con i valori ottenuti si è costruito un istogramma di riferimento per il miocardio non patologico; la stessa cosa è stata fatta per le immagini DE-CMR relative ai soggetti fibrotici. Grazie a questi istogrammi di riferimento, sono stati aggiunti nel miocardio del modello i segnali sopra descritti per ottenere la medesima distribuzione dei casi reali.
Il modello così ottenuto è stato utilizzato per sperimentare diverse tecniche per verificare quale di esse fosse la più adatta per la valutazione della fibrosi miocardica. Sono state implementate alcune tra le metodiche più comuni, che si basano sulla definizione di una soglia ottenuta dalla misura dell’intensità di segnale in una roi, estratta dallo sfondo oppure dal miocardio delle immagini (tecnica MROI, tecnica EROI); sono state implementate poi le tecniche di carattere più ingegneristico, come i vari algoritmi di clustering (algoritmo EM, algoritmo FCM), utilizzati per verificare se un cluster individuato possa corrispondere a fibrosi.
È stato osservato che le tecniche basate sulla definizione di una soglia e gli algoritmi di clustering non producevano risultati soddisfacenti; siamo passati quindi ad eseguire l’operazione di fitting degli istogrammi totali (relativi al miocardio sano e al miocardio fibrotico) con varie distribuzioni (Gaussiana, Riciana, di Rayleigh, Gamma modificata, Chi-quadro e Chi-quadro non centrale). È stato fatto un confronto dei risultati delle operazioni di fitting in termini di errore quadratico medio (RMSE), ed è stato scelto di utilizzare per il resto della trattazione la distribuzione che produceva gli esiti migliori: la distribuzione Gamma modificata.
In realtà, è stata indagata anche la distribuzione Chi-quadro non centrale, visto che il suo RMSE era di poco peggiore rispetto a quello della Gamma modificata, ma è emerso che questa distribuzione mostrava dei problemi di convergenza durante l’operazione di fitting e un’elevata dipendenza dalle condizioni iniziali.
La distribuzione Gamma modificata è descritta da quattro parametri: un termine moltiplicativo, il parametro di forma, il parametro di scala e un termine di spostamento. Osservando come si modificano questi parametri dal caso in cui si esegue l’operazione di fitting sull’istogramma del miocardio sano a quello in cui si esegue sull’istogramma del miocardio fibrotico, si vuole verificare se è possibile discriminare tra soggetti sani e soggetti patologici. È stato cioè implementato il modello relativamente al singolo paziente, sia sano che fibrotico (320 prove per ogni gruppo) ed è stata eseguita l’operazione di fitting per ogni prova; al termine, sono stati tracciati gli istogrammi relativi ai quattro parametri nelle 640 prove ed è emerso che il parametro di scala è quello che meglio discrimina tra soggetti sani e soggetti fibrotici. La significatività statistica di questi risultati è stata valutata con il T-test, che per il parametro di scala restituisce P < 0.0001, e con la costruzione delle curve ROC.
Per verificare se il metodo proposto sul modello è realmente in grado di distinguere tra soggetti sani e patologici, è stata eseguita l’operazione di fitting sugli istogrammi ricavati dai miocardi delle immagini DE-CMR che si hanno a disposizione. Come nel caso precedente, al termine dell’operazione sui 15 soggetti sani e sui 40 patologici, sono stati tracciati gli istogrammi dei quattro parametri della distribuzione Gamma modificata ed anche in questo caso è emerso che il parametro che meglio discrimina tra i due gruppi è il parametro di scala, per il quale il T-test restituisce P = 0.0038; dalla cutva ROC si osserva che questo parametro riesce a discriminare tra soggetti sani e soggetti fibrotici, ma sono presenti 2 soggetti sani il cui parametro di scala è maggiore della soglia e 5 soggetti patologici il cui parametro di scala risulta minore della soglia.
Sono stati analizzati quindi i casi classificati erroneamente ed è emerso che gli errori nella classificazione per quanto riguarda i soggetti normali possono essere dovuti alla presenza di artefatti oppure di zone non perfettamente sature del miocardio. In particolare, il miocardio di uno di questi due pazienti non appare nero; questo indica che il segnale del miocardio non è ancora annullato e siamo in presenza di un errore di acquisizione.
Per quanto riguarda i soggetti fibrotici, invece, l’errata classificazione può derivare dal fatto che il metodo applicato è un metodo globale, in quanto sono state utilizzate tutte le fette utili disponibili per un paziente per costruire il relativo istogramma che poi viene utilizzato per fare il fitting. Per questo, se le regioni fibrotiche non sono molto estese nel miocardio, è possibile che l’istogramma totale sia simile a quello osservato per i casi privi di fibrosi. A conferma di questa ipotesi, nelle immagini relative ai soggetti patologici sotto soglia, si notano zone fibrotiche che già nella fetta successiva appaiono molto ridotte.
Un’applicazione per questa metodica può quindi essere quella di renderla utile per un’analisi di tipo locale, considerando cioè i singoli segmenti del miocardio per costruire l’istogramma con cui poi eseguire l’operazione di fitting. In questo modo sarebbe possibile verificare la presenza di fibrosi in determinate regioni del miocardio e, a seconda del numero di segmenti coinvolti, fare una valutazione più precisa dello stato della patologia.
Per avere un riferimento con il metodo proposto, sono stati applicati anche i metodi che vengono impiegati comunemente per discriminare tra soggetti sani e soggetti fibrotici. Queste metodiche si basano sulla definizione di una soglia sulla base delle misure effettuate sul miocardio normale; solitamente la soglia viene definita come la media più due volte la deviazione standard del segnale misurato. In un primo caso, i pixel la cui intensità di segnale supera la soglia vengono considerati contenenti fibrosi, in un secondo caso viene misurata la percentuale di pixel ad alta intensità e se questa percentuale supera il 2.5 % allora il soggetto che si sta analizzando è considerato patologico.
È stato osservato però che queste tecniche non producono buoni risultati; inoltre mostrano alcuni punti deboli, in quanto necessitano o di identificare zone del miocardio prive di fibrosi (e trattandosi spesso di fibrosi a carattere diffuso, non è facile individuarle con certezza), oppure è richiesto un set di soggetti che si sa essere sani per la definizione della soglia da utilizzare (che comunque rimane legata alle caratteristiche della macchina da cui si sono ottenute le immagini DE-CMR). Il limite principale di queste tecniche, comunque, è che le misure risultano affette da una grande variabilità sia intra-osservatore che inter-osservatore; infatti, quando vengono tracciate le roi nel miocardio normale per la definizione della soglia, l’inclusione o l’esclusione di determinate zone che possono contenere artefatti di vario tipo può essere determinante. Da questo deriva una misura diversa della media e della deviazione standard del segnale di riferimento, portando all’identificazione di una soglia variabile, ampiamente dipendente dal giudizio dell’operatore che ha tracciato le roi.
Il metodo proposto invece non si basa su misure effettuate sul miocardio normale, sebbene sia necessario avere un riferimento; è sufficiente estrarre le roi includendo tutto il miocardio, tracciare l’istogramma dei suoi valori ed eseguire il fitting con la distribuzione Gamma modificata; i valori dei parametri che la descrivono (in particolare il parametro di scala) portano l’informazione desiderata.
Chiaramente, più soggetti si hanno a disposizione, sia sani che fibrotici, più significato assumono i valori delle soglie dei parametri che distinguono tra i due gruppi, rendendo più affidabile il test sul singolo paziente.
Tra le patologie più significative in cui si riscontra la presenza di fibrosi ci sono la Cardiomiopatia Ipertrofica e l’Emocromatosi. La prima è caratterizzata da una grande eterogeneità morfologica e funzionale e l’alterazione fisiopatologica più evidente è la disfunzione diastolica; la seconda è caratterizzata dall’accumulo intracellulare di emosiderina e ferritina, come avviene nei pazienti affetti da Talassemia Major, che necessitano di terapie trasfusionali.
Queste patologie possono essere indagate con la Risonanza Magnetica applicata in ambito Cardiovascolare (CMR). È dalla metà degli anni ’80 che si è diffuso l’utilizzo delle tecniche MRI per lo studio del cuore in vivo, impiegando un mezzo di contrasto (solitamente il gadolinio).
La maggiore limitazione iniziale alla diffusione di tale tecnica era un contrasto insufficiente tra il miocardio normale e quello patologico; recentemente però è stata dimostrata l’efficacia di una nuova sequenza di impulsi IR Fast GRE per la tecnica DE (Delayed–contrast Enhancement); con le metodiche attuali è possibile ottenere una misurazione accurata dello spessore della parete, dei volumi del ventricolo sinistro e quindi della frazione di eiezione e dell’ispessimento parietale.
Grazie a queste nuove tecniche, risulta possibile distinguere le zone patologiche del miocardio da quelle sane con differenze di intensità di segnale vicine al 500 %.
Attualmente non esistono metodi standardizzati per la quantificazione della fibrosi miocardica, ma la sua valutazione è affidata ad un’analisi visiva da parte del medico delle immagini ricavate con la tecnica DE-CMR.
Lo scopo di questo lavoro di tesi è definire una metodologia che possa rendere quanto più oggettiva possibile la valutazione della fibrosi miocardica.
Per questo, sulla base dei dati ricavati dalle immagini DE-CMR che si hanno a disposizione, relative a 15 soggetti sani e a 40 soggetti fibrotici (per la maggior parte si tratta di fibrosi a carattere diffuso), è stato definito un modello che simula le caratteristiche del miocardio sia in presenza che in assenza di patologia. Le immagini simulate che il modello è in grado di fornire sono state ottenute grazie ad un processo di riduzione dell’errore quadratico medio, applicato tra le distribuzioni ricavate dal modello e quelle ottenute dalle immagini DE-CMR a disposizione. Grazie a questo processo, è stato possibile ottimizzare i parametri che descrivono il modello stesso: la deviazione standard del rumore utilizzato per comporre l’immagine di magnitudine e i parametri che descrivono le distribuzioni normali aggiunte nel miocardio sano e in quello fibrotico.
Prima di definire il segnale del miocardio, la componente iniziale che occorre modellizzare è il rumore che caratterizza i dati RM. Durante il processing in MRI, è pratica comune lavorare con dati di magnitudine invece che con dati reali ed immaginari, visto che essi hanno il vantaggio di essere immuni agli effetti delle variazioni di fase accidentali.
Per costruire un’immagine di questo tipo dai dati complessi, la magnitudine viene computata pixel per pixel come la radice quadrata della somma dei quadrati delle componenti reale ed immaginaria dell’immagine; la prima è data dalla sovrapposizione dell’immagine stessa con la distribuzione normale del rumore (con media nulla e deviazione standard suggerita dal metodo proposto da Constantinides et al.), e la seconda è rappresentata dalla sola componente di rumore.
Poiché la radice quadrata è una trasformazione non lineare, la funzione densità di probabilità (PDF) dei dati di magnitudine non è una Gaussiana ma è descritta da una distribuzione Riciana.
Nel caso del parallel imaging in cui si usano più bobine riceventi, si parla di distribuzione Riciana generalizzata.
Dopo aver composto l’immagine caratterizzata dalla distribuzione Riciana generalizzata, dalle immagini DE-CMR relative ai soggetti sani sono state estratte delle roi dal miocardio e con i valori ottenuti si è costruito un istogramma di riferimento per il miocardio non patologico; la stessa cosa è stata fatta per le immagini DE-CMR relative ai soggetti fibrotici. Grazie a questi istogrammi di riferimento, sono stati aggiunti nel miocardio del modello i segnali sopra descritti per ottenere la medesima distribuzione dei casi reali.
Il modello così ottenuto è stato utilizzato per sperimentare diverse tecniche per verificare quale di esse fosse la più adatta per la valutazione della fibrosi miocardica. Sono state implementate alcune tra le metodiche più comuni, che si basano sulla definizione di una soglia ottenuta dalla misura dell’intensità di segnale in una roi, estratta dallo sfondo oppure dal miocardio delle immagini (tecnica MROI, tecnica EROI); sono state implementate poi le tecniche di carattere più ingegneristico, come i vari algoritmi di clustering (algoritmo EM, algoritmo FCM), utilizzati per verificare se un cluster individuato possa corrispondere a fibrosi.
È stato osservato che le tecniche basate sulla definizione di una soglia e gli algoritmi di clustering non producevano risultati soddisfacenti; siamo passati quindi ad eseguire l’operazione di fitting degli istogrammi totali (relativi al miocardio sano e al miocardio fibrotico) con varie distribuzioni (Gaussiana, Riciana, di Rayleigh, Gamma modificata, Chi-quadro e Chi-quadro non centrale). È stato fatto un confronto dei risultati delle operazioni di fitting in termini di errore quadratico medio (RMSE), ed è stato scelto di utilizzare per il resto della trattazione la distribuzione che produceva gli esiti migliori: la distribuzione Gamma modificata.
In realtà, è stata indagata anche la distribuzione Chi-quadro non centrale, visto che il suo RMSE era di poco peggiore rispetto a quello della Gamma modificata, ma è emerso che questa distribuzione mostrava dei problemi di convergenza durante l’operazione di fitting e un’elevata dipendenza dalle condizioni iniziali.
La distribuzione Gamma modificata è descritta da quattro parametri: un termine moltiplicativo, il parametro di forma, il parametro di scala e un termine di spostamento. Osservando come si modificano questi parametri dal caso in cui si esegue l’operazione di fitting sull’istogramma del miocardio sano a quello in cui si esegue sull’istogramma del miocardio fibrotico, si vuole verificare se è possibile discriminare tra soggetti sani e soggetti patologici. È stato cioè implementato il modello relativamente al singolo paziente, sia sano che fibrotico (320 prove per ogni gruppo) ed è stata eseguita l’operazione di fitting per ogni prova; al termine, sono stati tracciati gli istogrammi relativi ai quattro parametri nelle 640 prove ed è emerso che il parametro di scala è quello che meglio discrimina tra soggetti sani e soggetti fibrotici. La significatività statistica di questi risultati è stata valutata con il T-test, che per il parametro di scala restituisce P < 0.0001, e con la costruzione delle curve ROC.
Per verificare se il metodo proposto sul modello è realmente in grado di distinguere tra soggetti sani e patologici, è stata eseguita l’operazione di fitting sugli istogrammi ricavati dai miocardi delle immagini DE-CMR che si hanno a disposizione. Come nel caso precedente, al termine dell’operazione sui 15 soggetti sani e sui 40 patologici, sono stati tracciati gli istogrammi dei quattro parametri della distribuzione Gamma modificata ed anche in questo caso è emerso che il parametro che meglio discrimina tra i due gruppi è il parametro di scala, per il quale il T-test restituisce P = 0.0038; dalla cutva ROC si osserva che questo parametro riesce a discriminare tra soggetti sani e soggetti fibrotici, ma sono presenti 2 soggetti sani il cui parametro di scala è maggiore della soglia e 5 soggetti patologici il cui parametro di scala risulta minore della soglia.
Sono stati analizzati quindi i casi classificati erroneamente ed è emerso che gli errori nella classificazione per quanto riguarda i soggetti normali possono essere dovuti alla presenza di artefatti oppure di zone non perfettamente sature del miocardio. In particolare, il miocardio di uno di questi due pazienti non appare nero; questo indica che il segnale del miocardio non è ancora annullato e siamo in presenza di un errore di acquisizione.
Per quanto riguarda i soggetti fibrotici, invece, l’errata classificazione può derivare dal fatto che il metodo applicato è un metodo globale, in quanto sono state utilizzate tutte le fette utili disponibili per un paziente per costruire il relativo istogramma che poi viene utilizzato per fare il fitting. Per questo, se le regioni fibrotiche non sono molto estese nel miocardio, è possibile che l’istogramma totale sia simile a quello osservato per i casi privi di fibrosi. A conferma di questa ipotesi, nelle immagini relative ai soggetti patologici sotto soglia, si notano zone fibrotiche che già nella fetta successiva appaiono molto ridotte.
Un’applicazione per questa metodica può quindi essere quella di renderla utile per un’analisi di tipo locale, considerando cioè i singoli segmenti del miocardio per costruire l’istogramma con cui poi eseguire l’operazione di fitting. In questo modo sarebbe possibile verificare la presenza di fibrosi in determinate regioni del miocardio e, a seconda del numero di segmenti coinvolti, fare una valutazione più precisa dello stato della patologia.
Per avere un riferimento con il metodo proposto, sono stati applicati anche i metodi che vengono impiegati comunemente per discriminare tra soggetti sani e soggetti fibrotici. Queste metodiche si basano sulla definizione di una soglia sulla base delle misure effettuate sul miocardio normale; solitamente la soglia viene definita come la media più due volte la deviazione standard del segnale misurato. In un primo caso, i pixel la cui intensità di segnale supera la soglia vengono considerati contenenti fibrosi, in un secondo caso viene misurata la percentuale di pixel ad alta intensità e se questa percentuale supera il 2.5 % allora il soggetto che si sta analizzando è considerato patologico.
È stato osservato però che queste tecniche non producono buoni risultati; inoltre mostrano alcuni punti deboli, in quanto necessitano o di identificare zone del miocardio prive di fibrosi (e trattandosi spesso di fibrosi a carattere diffuso, non è facile individuarle con certezza), oppure è richiesto un set di soggetti che si sa essere sani per la definizione della soglia da utilizzare (che comunque rimane legata alle caratteristiche della macchina da cui si sono ottenute le immagini DE-CMR). Il limite principale di queste tecniche, comunque, è che le misure risultano affette da una grande variabilità sia intra-osservatore che inter-osservatore; infatti, quando vengono tracciate le roi nel miocardio normale per la definizione della soglia, l’inclusione o l’esclusione di determinate zone che possono contenere artefatti di vario tipo può essere determinante. Da questo deriva una misura diversa della media e della deviazione standard del segnale di riferimento, portando all’identificazione di una soglia variabile, ampiamente dipendente dal giudizio dell’operatore che ha tracciato le roi.
Il metodo proposto invece non si basa su misure effettuate sul miocardio normale, sebbene sia necessario avere un riferimento; è sufficiente estrarre le roi includendo tutto il miocardio, tracciare l’istogramma dei suoi valori ed eseguire il fitting con la distribuzione Gamma modificata; i valori dei parametri che la descrivono (in particolare il parametro di scala) portano l’informazione desiderata.
Chiaramente, più soggetti si hanno a disposizione, sia sani che fibrotici, più significato assumono i valori delle soglie dei parametri che distinguono tra i due gruppi, rendendo più affidabile il test sul singolo paziente.
File
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01_Frontespizio.pdf | 18.28 Kb |
02_Indice.pdf | 31.22 Kb |
03_Introduzione.pdf | 21.35 Kb |
10_Bibliografia.pdf | 24.45 Kb |
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