Tesi etd-06272019-102423 |
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Tipo di tesi
Tesi di laurea magistrale
Autore
CAPRARO, GIOVANNA
Indirizzo email
giovanna.capraro@gmail.com
URN
etd-06272019-102423
Titolo
Studio dei difetti indotti da elettroni su grafene monostrato
Dipartimento
FISICA
Corso di studi
FISICA
Relatori
relatore Prof. Tredicucci, Alessandro
Parole chiave
- difetti indotti
- grafene monostrato
- graphene defects FET
Data inizio appello
18/07/2019
Consultabilità
Completa
Riassunto
A partire dal suo isolamento nel 2004, il grafene si è rivelato essere un materiale con caratteristiche eccezionali, dalle proprietà meccaniche, a quelle termiche ed elettriche, dando il via ad un ramo di ricerca oggi molto prolifero.
Oltre che per studi fondamentali volti ad allargare la lista delle sue proprietà, è uno dei materiali più utilizzati nella fabbricazione di nanodispositivi, puntando anche sulla produzione su larga scala per, un giorno, sostituire i componenti elettronici esistenti.
Non è immune però alla presenza di difetti strutturali, come eccedenze di cariche, sostituzioni di alcuni dei suoi atomi di carbonio con altri differenti, o vacanze, che modificano le proprietà strutturali ed di trasporto, abbassandone le prestazioni. In particolare, dal punto di vista della conduzione elettrica, un’esposizione prolungata a elettroni ad una sufficiente energia, porta ad un abbassamento della mobilità del grafene e infine, per energie molto alte o tempi molto prolungati, alla trasformazione in un isolante. Inoltre cambiano il livello di strain e di drogaggio, rendendo possibile anche la modulazione dei portatori di carica.
I difetti possono essere involontariamente creati durante step fabbricativi o di misura nei quali si utilizzano fasci di ioni o elettroni, ed è per questo che negli ultimi anni un’area della ricerca del grafene si è concentrata sulla loro caratterizzazione al fine di evitarli. Questi studi generalmente vengono fatti con fasci di particelle ad energie tipiche dei processi fabbricativi.
Parallelamente si è anche sviluppato il concetto di defect engineering, in cui si vogliono sfruttare i difetti strutturali a vantaggio per modificare a piacimento comportamenti nel grafene.
E’ in quest’area che si colloca il mio lavoro di tesi.
La motivazione dello studio dei difetti affrontato in questo lavoro è quella di aiutare a trovare le caratteristiche degli stessi adatte a isolare elettricamente un array di fotorivelatori al ThZ precedentemente trasferiti su un chip CMOS. Questo chip, presentando rugosità molto pronunciate, non permette processi litografici sofisticati dopo il trasferimento del grafene, per cui un’idea è quella di trasferire un’unico grande flake sull’intero array e successivamente isolare i dispositivi realizzando linee di difetto.
In questo lavoro di tesi ho quindi fabbricato dei field effect transistor con canale in grafene (GFET) esfoliando su Si / SiO2 / PVA (Alcool Polivinilico) / PMMA (Polimetilmetacrilato
) e trasferendo flake monolayer (dim. minime 60 x 10 μm) su substrati di Si/SiO2; realizzando contatti metallici tramite litografia a fasci di elettroni (EBL) e successiva evaporazione termica; definendo le dimensioni geometriche del canale tramite EBL e dry etching (reactive ion etching, RIE). Infine ho realizzato i difetti esponendo il grafene ad un fascio di elettroni tramite EBL.
Una volta scelte le dimensioni geometriche della zona di difetto da realizzare, ho difettato i dispositivi a varie dosi, partendo dalle tipiche di fabbricazione (270 μC/cm2) e aumentando fino a 40000 μC/cm2, confrontato le loro caratteristiche strutturali, facendo uso della spettroscopia microRaman, ed elettriche, con misure di trasporto, e osservato le differenze rispetto alle zone non difettate.
Attraverso queste misure e la letteratura già presente, ho individuato la tipologia di difetti indotti, i cambiamenti nei picchi Raman con le varie dosi, cambiamenti dello strain, doping e quelli nelle caratteristiche elettriche: la resistenza di canale al variare della dose di difetto applicato e lo spostamento del punto di minima conduzione (CNP) del grafene, nonché la sua mobilità.
La mia scelta di difettare one-shot, tramite cioè un’unica esposizione alle particelle, si differenzia dagli studi presenti in letteratura, in cui vengono realizzate esposizioni ripetute. Ho notato come gli effetti di un’esposizione one-shot con una determinata dose sono meno marcati rispetto ad una ripetuta esposizione (a parità di dose finale), in quanto in quest’ultimo caso la presenza di difetti favorisce maggiormente la creazione di nuovi.
Si prevede quindi la necessità di dosi molto alte per isolare elettricamente due dispositivi.
La scelta di questo modo di difettare però è necessaria quando si vuole migliorare la produzione: il numero di step fabbricativi si riduce nel momento in cui un difetto si sostituisce al processo di litografia ed etching oggi usato per isolare due dispositivi eliminando fisicamente parte del grafene. Questo inoltre dà un vantaggio dal punto di vista della scalabilità, permettendo la fabbricazione di diversi dispositivi su un’unico flake in cui si “perde” solo una piccola area, l’area con i difetti, e rende la fabbricazione di dispositivi con grafene più pulita, senza residui post litografie elettroniche, dando un aiuto alla realizzazione di elettronica resist-free.
Oltre che per studi fondamentali volti ad allargare la lista delle sue proprietà, è uno dei materiali più utilizzati nella fabbricazione di nanodispositivi, puntando anche sulla produzione su larga scala per, un giorno, sostituire i componenti elettronici esistenti.
Non è immune però alla presenza di difetti strutturali, come eccedenze di cariche, sostituzioni di alcuni dei suoi atomi di carbonio con altri differenti, o vacanze, che modificano le proprietà strutturali ed di trasporto, abbassandone le prestazioni. In particolare, dal punto di vista della conduzione elettrica, un’esposizione prolungata a elettroni ad una sufficiente energia, porta ad un abbassamento della mobilità del grafene e infine, per energie molto alte o tempi molto prolungati, alla trasformazione in un isolante. Inoltre cambiano il livello di strain e di drogaggio, rendendo possibile anche la modulazione dei portatori di carica.
I difetti possono essere involontariamente creati durante step fabbricativi o di misura nei quali si utilizzano fasci di ioni o elettroni, ed è per questo che negli ultimi anni un’area della ricerca del grafene si è concentrata sulla loro caratterizzazione al fine di evitarli. Questi studi generalmente vengono fatti con fasci di particelle ad energie tipiche dei processi fabbricativi.
Parallelamente si è anche sviluppato il concetto di defect engineering, in cui si vogliono sfruttare i difetti strutturali a vantaggio per modificare a piacimento comportamenti nel grafene.
E’ in quest’area che si colloca il mio lavoro di tesi.
La motivazione dello studio dei difetti affrontato in questo lavoro è quella di aiutare a trovare le caratteristiche degli stessi adatte a isolare elettricamente un array di fotorivelatori al ThZ precedentemente trasferiti su un chip CMOS. Questo chip, presentando rugosità molto pronunciate, non permette processi litografici sofisticati dopo il trasferimento del grafene, per cui un’idea è quella di trasferire un’unico grande flake sull’intero array e successivamente isolare i dispositivi realizzando linee di difetto.
In questo lavoro di tesi ho quindi fabbricato dei field effect transistor con canale in grafene (GFET) esfoliando su Si / SiO2 / PVA (Alcool Polivinilico) / PMMA (Polimetilmetacrilato
) e trasferendo flake monolayer (dim. minime 60 x 10 μm) su substrati di Si/SiO2; realizzando contatti metallici tramite litografia a fasci di elettroni (EBL) e successiva evaporazione termica; definendo le dimensioni geometriche del canale tramite EBL e dry etching (reactive ion etching, RIE). Infine ho realizzato i difetti esponendo il grafene ad un fascio di elettroni tramite EBL.
Una volta scelte le dimensioni geometriche della zona di difetto da realizzare, ho difettato i dispositivi a varie dosi, partendo dalle tipiche di fabbricazione (270 μC/cm2) e aumentando fino a 40000 μC/cm2, confrontato le loro caratteristiche strutturali, facendo uso della spettroscopia microRaman, ed elettriche, con misure di trasporto, e osservato le differenze rispetto alle zone non difettate.
Attraverso queste misure e la letteratura già presente, ho individuato la tipologia di difetti indotti, i cambiamenti nei picchi Raman con le varie dosi, cambiamenti dello strain, doping e quelli nelle caratteristiche elettriche: la resistenza di canale al variare della dose di difetto applicato e lo spostamento del punto di minima conduzione (CNP) del grafene, nonché la sua mobilità.
La mia scelta di difettare one-shot, tramite cioè un’unica esposizione alle particelle, si differenzia dagli studi presenti in letteratura, in cui vengono realizzate esposizioni ripetute. Ho notato come gli effetti di un’esposizione one-shot con una determinata dose sono meno marcati rispetto ad una ripetuta esposizione (a parità di dose finale), in quanto in quest’ultimo caso la presenza di difetti favorisce maggiormente la creazione di nuovi.
Si prevede quindi la necessità di dosi molto alte per isolare elettricamente due dispositivi.
La scelta di questo modo di difettare però è necessaria quando si vuole migliorare la produzione: il numero di step fabbricativi si riduce nel momento in cui un difetto si sostituisce al processo di litografia ed etching oggi usato per isolare due dispositivi eliminando fisicamente parte del grafene. Questo inoltre dà un vantaggio dal punto di vista della scalabilità, permettendo la fabbricazione di diversi dispositivi su un’unico flake in cui si “perde” solo una piccola area, l’area con i difetti, e rende la fabbricazione di dispositivi con grafene più pulita, senza residui post litografie elettroniche, dando un aiuto alla realizzazione di elettronica resist-free.
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