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Archivio digitale delle tesi discusse presso l'Università di Pisa

Tesi etd-06262017-155322


Tipo di tesi
Tesi di laurea magistrale LM6
Autore
BENVENUTI, MARTINA
URN
etd-06262017-155322
Titolo
Caratterizzazione molecolare degli effetti endometriali dell'ulipristal acetato
Dipartimento
RICERCA TRASLAZIONALE E DELLE NUOVE TECNOLOGIE IN MEDICINA E CHIRURGIA
Corso di studi
MEDICINA E CHIRURGIA
Relatori
relatore Prof. Simoncini, Tommaso
Parole chiave
  • progesterone (P4)
  • Selective Progesterone Receptor Modulator (SPRM)
  • 17β-estradiol (E2)
  • Ulipristal Acetate (UPA)
  • endometrio
Data inizio appello
18/07/2017
Consultabilità
Completa
Riassunto
Introduzione
L’ulipristal acetato (UPA) appartiene alla classe dei modulatori selettivi del recettore del progesterone (SPRMs, Selective Progesterone Receptor Modulators) in grado di esercitare un’azione antagonista/agonista tessuto-specifica a carico del recettore del progesterone (PR) senza, tuttavia, esplicare un significativo effetto anti-glucocorticoide o anti-androgenico.
La molecola in questione è stata introdotta per la prima volta in ambito ginecologico nel 2009 come contraccettivo di emergenza: UPA si è dimostrato in grado di inibire l’ovulazione qualora la somministrazione anticipasse l’ascesa dell’LH mentre è in grado di ritardare l’evento per 24-48 ore nel caso in cui i livelli di gonadotropina avessero già iniziato ad aumentare, dimostrandosi così più efficace rispetto ad altri contraccettivi di emergenza come levonorgestrel. Oltre al meccanismo suddetto, UPA è in grado di modulare negativamente gli effetti progestinici a carico dell’endometrio impendendo il raggiungimento dello spessore tipico della fase secretiva e la maturazione ghiandolare, in tal modo potrebbe pertanto interferire con l’eventuale impianto dell’ovulo fecondato.
L’indicazione di maggior rilievo dell’ulipristal acetato corrisponde attualmente al trattamento dei fibromi uterini, le più frequenti neoplasie solide dello scavo pelvico del sesso femminile durante la fase fertile; nonostante spesso i tumori in questione risultino assolutamente asintomatici, non infrequentemente possono associarsi a problematiche anche particolarmente invalidanti come menometrorragie profuse, in grado a loro volta di indurre uno stato di anemia sideropenica, e ripercussioni sulla fertilità. La gestione dei fibromi uterini si basa su varie strategie che comprendono l’approccio puramente attendista, da attuare soprattutto di fronte a quadri irrilevanti dal punto di vista clinico o riproduttivo, la terapia chirurgica e/o medica. La strategia interventistica riconosce nell’isterectomia l’opzione terapeutica in grado di risolvere definitivamente la patologia, tuttavia un approccio così demolitivo non è accettato da tutte le pazienti che, vista la giovane età, possono vivere con disagio la rimozione dell’utero e la perdita della capacità riproduttiva; in alternativa è possibile quindi procedere con interventi conservativi come la miomectomia oppure l’embolizzazione dell’arteria uterina.
La terapia medica, invece, si basa sul ricorso a vari classi farmacologiche tra cui si ricordano i progestinici, gli analoghi del GnRH e i modulatori selettivi del recettore del progesterone (SPRMs) tra cui spicca UPA, il quale si è dimostrato in grado di determinare sia un decremento volumetrico delle neoplasie che la riduzione dei sanguinamenti. In particolare UPA è indicato per il trattamento pre-chirurgico dei fibromi sintomatici, rivelando la propria efficacia terapeutica sia negli studi di confronto con placebo che con gli analoghi del GnRH, che per il trattamento intermittente dei sintomi da moderati a gravi dei fibromi uterini.

Presupposti teorici e obiettivi
Nonostante molteplici studi confermino il profilo di sicurezza di UPA, la somministrazione di questa molecola si correla ad un insieme di modificazioni endometriali benigne, indicate con l’acronimo PAECs (Progesterone Receptor Modulator Endometrial Changes), il cui significato biologico rimane ancora indeterminato, pertanto il presente studio è volto ad approfondire gli aspetti molecolari con cui UPA incide sulla morfologia delle cellule stromali endometriali umane (ESC); in particolare l’attenzione è stata posta sul rimodellamento del citoscheletro di actina, sulla regolazione della forma e del movimento delle cellule in questione valutando l’azione di UPA, del progesterone (P4) e del 17β-estradiolo (E2), considerati sia singolarmente che in combinazione tra loro.

Materiali e metodi
Lo studio è stato condotto in vitro utilizzando biopsie ottenute da donne di età inferiore ai 45 anni (n = 8), le ESC ricavate sono state trattate con UPA, progesterone (P4) e 17β-estradiolo (E2), da soli o in combinazione, per poi ricorre a metodiche di studio quali i saggi di migrazione cellulare, l’immunofluorescenza e il western-blot studiando le proteine P-Moesina (Thr558), P-FAK (Y397) e GAPDH, quest’ultima sfruttata come controllo di carica.

Risultati
I risultati emersi hanno consentito di valutare come UPA non sia in grado di influenzare direttamente la migrazione delle ESC quanto piuttosto di modulare negativamente l’azione pro-migratoria esercitata da E2 e P4 che, come atteso, si sono dimostrati in grado di aumentare significativamente la migrazione cellulare in modalità dose-dipendente. Approfondendo gli aspetti citoscheletrici, effetti analoghi a quelli sopracitati sono stati riscontrati anche nei processi di riarrangiamento del citoscheletro di actina, di rimodellamento della membrana cellulare e di formazione dei complessi di adesione focale, infatti UPA determina anche a questo livello una riduzione degli effetti stimolatori indotti, sia singolarmente che in associazione, da E2 e P4; in particolare quest’ultima modulazione permette ad UPA di ridurre indirettamente la fosforilazione di FAK e moesina, molecole chiave per la realizzazione delle modifiche conformazionali e del movimento delle ESC.

Conclusioni
Nel presente studio è stato quindi dimostrato come UPA non influenzi direttamente la migrazione delle cellule stromali endometriali e come, pertanto, non influisca sul riarrangiamento del citoscheletro di actina o sulle protrusioni di membrana, né inneschi la formazione di complessi di adesione focale o l’attivazione delle vie di segnalazione mediate da molecole correlate al rimodellamento cellulare o alla migrazione delle ESC come moesina o FAK. Quanto descritto si discosta da ciò che accade fisiologicamente in presenza di E2 e P4 i quali sono in grado di indurre gli eventi suddetti innescando la formazione di filopodi e lamellipodi per mezzo della fosforilazione di Y397-FAK e T558-moesina; tuttavia UPA, in combinazione con E2 o P4, è in grado di opporsi ai loro effetti stimolanti cosicché la molecola in questione è in grado di inibire indirettamente la migrazione delle ESC, il riarrangiamento del citoscheletro di actina e le protrusioni di membrana influenzando negativamente l’espressione di p-moesina e p-FAK.
In conclusione i risultati ottenuti forniscono indizi molecolari relativi alle modificazioni endometriali UPA-correlate mostrando come i PAECs potrebbero essere ricondotti ai peculiari effetti citoscheletrici indotti dalla molecola in questione sulle cellule stromali e, in particolare, all’interferenza con l’azione di E2 e P4. Inoltre, attraverso l’identificazione di quest’ultima correlazione, è possibile rafforzare l’idea che le modificazioni strutturali riscontrate nell’endometrio durante l’esposizione ad UPA non siano tanto correlate ad un’iperstimolazione cellulare quanto piuttosto alla possibilità di interferire con gli effetti estrogenici. Queste informazioni contribuiscono ad un’ulteriore caratterizzazione dell’azione endometriale mediata da UPA e potrebbero rivelarsi utili per il potenziale impiego di questa molecola nel trattamento di condizioni nelle quali l’obiettivo è antagonizzare gli effetti estrogenici sull’endometrio come nel caso dell’endometriosi o del carcinoma endometriale.
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