Tesi etd-06252012-112324 |
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Tipo di tesi
Tesi di laurea magistrale
Autore
SORMANI, MATTIA CARLO
URN
etd-06252012-112324
Titolo
Studio in Termini di Stabilita Dinamica Della Catastrofe Gravotermica
Dipartimento
FISICA
Corso di studi
FISICA
Relatori
relatore Prof. Bertin, Giuseppe
Parole chiave
- dinamica stellare
- gravitazione
- idrodinamica
- instabilità
- metodi: numerici e analitici
Data inizio appello
17/07/2012
Consultabilità
Completa
Riassunto
Gli ammassi globulari sono una classe di sistemi astrofisici costituiti da un grande numero di stelle, tipicamente dell'ordine del milione, che interagiscono tra loro prevalentemente attraverso la forza gravitazionale. Si tratta di sistemi autogravitanti legati, di forma approssimativamente sferica. Gli ammassi globulari sono tra le prime strutture formatesi nella nostra Galassia; galassie esterne, come M31 e M87, sono dotate di sistemi di ammassi globulari di cui abbiamo cominciato a studiare le proprietà. Fino a poco tempo fa si riteneva che la maggior parte delle stelle negli ammassi globulari fossero di fatto nate contemporaneamente e in ambiente omogeneo, così che le loro popolazioni stellari, particolarmente semplici, sono state utilizzate come un laboratorio semplice per lo studio dell'evoluzione stellare. In realtà studi recenti hanno mostrato che il quadro generale, a questo riguardo, è ben più complesso. Dal punto di vista della dinamica, gli ammassi globulari si distinguono dai sistemi stellari più grandi, come le galassie, per aver un'età spesso più grande del tempo-scala caratteristico degli incontri stella-stella; pertanto si ritiene che questi sistemi non siano molto lontani da condizioni di rilassamento termodinamico (anche se su tempi scala dell'ordine di un centinaio di milioni di anni possono essere studiati come sistemi stellari non-collisionali). Si noti come la collisionalità sia responsabile di tre principali classi di fenomeni: la segregazione di massa, l'evaporazione, e il collasso del nucleo. Nella Tesi ci occuperemo principalmente del problema del collasso e toccheremo solo in parte il problema della segregazione di massa.
In prima approssimazione, nel contesto dinamico, gli ammassi globulari si possono quindi considerare come un sistema idealizzato di N masse puntiformi che interagiscono tra loro unicamente tramite l'interazione gravitazionale. Il grado di collisionalità relativamente alto in questi sistemi ha suggerito di utilizzare, per descriverne gli stati di equilibrio, metodi termodinamici. Purtroppo, la termodinamica dei sistemi autogravitanti, a causa del lungo raggio di azione delle forze tra le particelle, non è stata ancora fondata in modo completamente soddisfacente (ad esempio, la funzione di partizione dell'ensemble canonico risulta divergente). I metodi propri della fisica dei plasmi elettromagnetici, anch'essi soggetti a forze a lungo raggio, hanno solo applicazioni limitate nel caso di sistemi autogravitanti, in quanto per i sistemi stellari viene meno l'effetto di schermaggio a lunghe distanze (che risolve vari problemi concettuali relativi alla descrizione dei plasmi formati da ioni e elettroni) a causa del fatto che la forza gravitazionale è solo attrattiva.
Per quanto sopra indicato e nonostante alcune difficoltà concettuali di fondo, lo studio di equilibrio e stabilità di piccoli sistemi stellari sferoidali, come gli ammassi globulari, è tradizionalmente fondato su una trattazione termodinamica (di tentativi di descrizione di ``gas di stelle'' in questi termini si trova traccia fin dai tempi di Poincaré). In particolare, su questa linea si sviluppa un lungo filone di lavori classici, i cui capostipiti sono un lavoro di Antonov [1] e uno di Lynden-Bell & Wood [4], che analizzano gli equilibri di gas di stelle autogravitanti nella cosidetta approssimazione di campo medio, che trascura le correlazioni tra le particelle (la dinamica di tali sistemi è descritta dall'equazione di Boltzmann non-collisionale); questi lavori riprendono alcune idee sviluppate negli anni '50 per lo studio di sistemi autogravitanti confinati propriamente gassosi e comunemente associati allo studio dei processi di formazione stellare. Gli autori trovano che un gas isotermo autogravitante in determinate condizioni dovrebbe essere instabile e collassare. Da Lynden-Bell & Wood in poi ciò si è trasformato in un paradigma che va sotto il nome di catastrofe gravotermica (si veda anche [5]). In generale, viene riconosciuto che l'instabilità si sviluppa solo in presenza di collisionalità, anche se alcuni degli argomenti termodinamici addotti non tengono conto esplicitamente di questo fatto. Per di più alcuni degli argomenti termodinamici in questione, come il metodo delle serie lineari di Poincaré, non indicano il tempo-scala in cui la catastrofe dovrebbe attuarsi. In ogni caso, il paradigma ha avuto un impatto enorme in ambito astronomico, visto che ammassi globulari che risultano troppo concentrati per rientrare nel quadro descrittivo dei modelli di King (come M15) vengono comunemente indicati come ammassi che hanno subito il collasso del core (ovvero hanno subito la catastrofe); inoltre il fenomeno della catastrofe negli ammassi globulari è stato studiato tramite numerose simulazioni numeriche dedicate. Un aspetto importante di questo tema dal punto di vista astrofisico è costituito dall'identificazione dei processi che possono a livello nonlineare fermare il collasso del nucleo. Vista l'importanza del fenomeno e del quadro interpretativo collegato, è auspicabile un metodo alternativo a quello termodinamico per analizzare la catastrofe gravotermica, che poggi su basi fisiche più semplici e meglio consolidate.
Scopo principale di questa Tesi è appunto una rielaborazione della catastrofe gravotermica che prescinda, per quanto è possibile, dalla trattazione termodinamica. Vedremo infatti che è possibile riottenere i principali risultati dell'analisi di Lynden-Bell & Wood con un approccio che si basa sull'idrodinamica di un fluido isotermo comprimibile (in letteratura, di questo approccio abbiamo trovato traccia solo in [3]). L'unico (debole) collegamento con la termodinamica, in questo schema, è la temperatura, che viene considerata semplicemente come un parametro che caratterizza l'equazione di stato. Nella Tesi viene dimostrato che l'approccio idrodinamico conferma i risultati dell'approccio termodinamico ma al contempo, evitando l'uso di ipotesi non completamente chiare, mette in luce le caratteristiche principali che stanno alla base della catastrofe gravotermica. Un ulteriore vantaggio dell'approccio idrodinamico è che esso permette di studiare non solo il punto in cui si innesca l'instabilità (la cosiddetta condizione di stabilità marginale), ma anche le situazioni non marginali e l'evoluzione successiva del sistema. L'approccio idrodinamico è inoltre generalizzabile, al pari di quello termodinamico, ai casi in cui il potenziale di interazione è diverso da quello gravitazionale.
La Tesi è strutturata come segue. Il primo capitolo consiste
in un'introduzione di carattere generale in cui vengono introdotte le tematiche principali e vengono
evidenziate le ipotesi su cui poggiano i modelli gassosi. Tali ipotesi vengono confrontate
con le situazioni reali degli ammassi globulari e col modello idrodinamico, con particolare attenzione ai tempi caratteristici.
Vengono sollevate diverse questioni tuttora aperte, la cui discussione viene ripresa nel capitolo
finale. Nel secondo capitolo si definiscono e si studiano gli stati di equilibrio della sfera isoterma a due componenti (questo per tenere conto in forma semplice di un'eventuale segregazione di massa presente nel sistema; ovviamente, il caso di una componente è contenuto nella trattazione come caso particolare). Nel terzo capitolo, che costituisce il nucleo della tesi, si studia in dettaglio la stabilità del sistema utilizzando l'approccio fluidodinamico (il contributo originale della tesi riguarda principalmente questa parte). Questo viene messo a confronto con l'approccio termodinamico (ricostruendo tramite rielaborazione personale i risultati degli studi classici citati), evidenziando la sostanziale equivalenza dei due metodi nell'identificare i punti di stabilità marginale. Sorprendentemente, una parte consistente dello studio idrodinamico può essere svolta
con metodi analitici; nei casi in cui ciò non risultasse possibile si è fatto ricorso a metodi numerici. Sia la parte analitica che la parte numerica coinvolgono lo studio di equazioni differenziali agli autovalori (in alcuni casi riconducibili a un'equazione tipo Schrödinger) ed equazioni integrali agli autovalori. Tra i vari spunti proposti da questa Tesi, è di particolare interesse quello di simulare tramite un termine aggiuntivo nell'energia un fattore fisico che abbia come conseguenza quella di inibire il collasso quando il sistema, contraendosi, si scalda oltre un certo limite. Questo viene messo in relazione con la nozione comunemente accettata che il collasso gravotermico può essere fermato dalla generazione di energia dovuta alla formazione di stelle binarie nelle parti più dense centrali degli ammassi globulari. Una parte del capitolo è dedicato allo studio della stabilità per il caso a due componenti (uno studio recente di questo tema, basato essenzialmente su simulazioni numeriche, è quello presentato in [2]); anche qui si mostra l'equivalenza tra i due approcci (termodinamico e idrodinamico) in relazione all'identificazione dei punti di stabilità marginale. L'ultimo capitolo contiene una discussione che riprende quella del primo capitolo e, alla luce dei risultati ottenuti, fornisce alcuni spunti per interpretare il diverso comportamento di sistemi collisionali da quello di sistemi strettamente non-collisonali: in particolare, viene evidenziato il possibile ruolo svolto dalla conservazione dettagliata del momento angolare nell'inibire la catastrofe gravotermica in sistemi strettamente non-collisonali. Vengono infine messi in rilievo alcuni aspetti interessanti non ancora completamente chiari, che potrebbero essere oggetto di sviluppi successivi alla Tesi.
[1] Antonov, V. A., Most Probable Phase Distribution in Spherical Star Systems and Conditions for Its Existence, IAU Symposium, No. 113, 1985, p. 525, Reidel, Dordrecht, The Netherlands; Traduzione dell'originale in russo Vest. Leningrad Univ. 7, 135 (1962)
[2] Breen, P. G., Heggie, D. C., Gravothermal oscillations in two-component models of star clusters, Mon. Not. R. Astr. Soc., 420, 309 (2012)
[3] Chavanis, P. H., Gravitational Instability of Finite Isothermal Spheres, Astron. Astrophys., 381, 340 (2002)
[4] Lynden-Bell, D., and Wood, R., The Gravo-Thermal Catastrophe in Isothermal Spheres and the Onset of Red-Giant Structure for Stellar Systems, Mon. Not. R. Astr. Soc., 138, 495 (1968)
[5] Padmanabhan, T., Antonov Instability and Gravothermal Catastrophe - Revisited, Astrophys. J. Supp., 71, 651 (1989)
In prima approssimazione, nel contesto dinamico, gli ammassi globulari si possono quindi considerare come un sistema idealizzato di N masse puntiformi che interagiscono tra loro unicamente tramite l'interazione gravitazionale. Il grado di collisionalità relativamente alto in questi sistemi ha suggerito di utilizzare, per descriverne gli stati di equilibrio, metodi termodinamici. Purtroppo, la termodinamica dei sistemi autogravitanti, a causa del lungo raggio di azione delle forze tra le particelle, non è stata ancora fondata in modo completamente soddisfacente (ad esempio, la funzione di partizione dell'ensemble canonico risulta divergente). I metodi propri della fisica dei plasmi elettromagnetici, anch'essi soggetti a forze a lungo raggio, hanno solo applicazioni limitate nel caso di sistemi autogravitanti, in quanto per i sistemi stellari viene meno l'effetto di schermaggio a lunghe distanze (che risolve vari problemi concettuali relativi alla descrizione dei plasmi formati da ioni e elettroni) a causa del fatto che la forza gravitazionale è solo attrattiva.
Per quanto sopra indicato e nonostante alcune difficoltà concettuali di fondo, lo studio di equilibrio e stabilità di piccoli sistemi stellari sferoidali, come gli ammassi globulari, è tradizionalmente fondato su una trattazione termodinamica (di tentativi di descrizione di ``gas di stelle'' in questi termini si trova traccia fin dai tempi di Poincaré). In particolare, su questa linea si sviluppa un lungo filone di lavori classici, i cui capostipiti sono un lavoro di Antonov [1] e uno di Lynden-Bell & Wood [4], che analizzano gli equilibri di gas di stelle autogravitanti nella cosidetta approssimazione di campo medio, che trascura le correlazioni tra le particelle (la dinamica di tali sistemi è descritta dall'equazione di Boltzmann non-collisionale); questi lavori riprendono alcune idee sviluppate negli anni '50 per lo studio di sistemi autogravitanti confinati propriamente gassosi e comunemente associati allo studio dei processi di formazione stellare. Gli autori trovano che un gas isotermo autogravitante in determinate condizioni dovrebbe essere instabile e collassare. Da Lynden-Bell & Wood in poi ciò si è trasformato in un paradigma che va sotto il nome di catastrofe gravotermica (si veda anche [5]). In generale, viene riconosciuto che l'instabilità si sviluppa solo in presenza di collisionalità, anche se alcuni degli argomenti termodinamici addotti non tengono conto esplicitamente di questo fatto. Per di più alcuni degli argomenti termodinamici in questione, come il metodo delle serie lineari di Poincaré, non indicano il tempo-scala in cui la catastrofe dovrebbe attuarsi. In ogni caso, il paradigma ha avuto un impatto enorme in ambito astronomico, visto che ammassi globulari che risultano troppo concentrati per rientrare nel quadro descrittivo dei modelli di King (come M15) vengono comunemente indicati come ammassi che hanno subito il collasso del core (ovvero hanno subito la catastrofe); inoltre il fenomeno della catastrofe negli ammassi globulari è stato studiato tramite numerose simulazioni numeriche dedicate. Un aspetto importante di questo tema dal punto di vista astrofisico è costituito dall'identificazione dei processi che possono a livello nonlineare fermare il collasso del nucleo. Vista l'importanza del fenomeno e del quadro interpretativo collegato, è auspicabile un metodo alternativo a quello termodinamico per analizzare la catastrofe gravotermica, che poggi su basi fisiche più semplici e meglio consolidate.
Scopo principale di questa Tesi è appunto una rielaborazione della catastrofe gravotermica che prescinda, per quanto è possibile, dalla trattazione termodinamica. Vedremo infatti che è possibile riottenere i principali risultati dell'analisi di Lynden-Bell & Wood con un approccio che si basa sull'idrodinamica di un fluido isotermo comprimibile (in letteratura, di questo approccio abbiamo trovato traccia solo in [3]). L'unico (debole) collegamento con la termodinamica, in questo schema, è la temperatura, che viene considerata semplicemente come un parametro che caratterizza l'equazione di stato. Nella Tesi viene dimostrato che l'approccio idrodinamico conferma i risultati dell'approccio termodinamico ma al contempo, evitando l'uso di ipotesi non completamente chiare, mette in luce le caratteristiche principali che stanno alla base della catastrofe gravotermica. Un ulteriore vantaggio dell'approccio idrodinamico è che esso permette di studiare non solo il punto in cui si innesca l'instabilità (la cosiddetta condizione di stabilità marginale), ma anche le situazioni non marginali e l'evoluzione successiva del sistema. L'approccio idrodinamico è inoltre generalizzabile, al pari di quello termodinamico, ai casi in cui il potenziale di interazione è diverso da quello gravitazionale.
La Tesi è strutturata come segue. Il primo capitolo consiste
in un'introduzione di carattere generale in cui vengono introdotte le tematiche principali e vengono
evidenziate le ipotesi su cui poggiano i modelli gassosi. Tali ipotesi vengono confrontate
con le situazioni reali degli ammassi globulari e col modello idrodinamico, con particolare attenzione ai tempi caratteristici.
Vengono sollevate diverse questioni tuttora aperte, la cui discussione viene ripresa nel capitolo
finale. Nel secondo capitolo si definiscono e si studiano gli stati di equilibrio della sfera isoterma a due componenti (questo per tenere conto in forma semplice di un'eventuale segregazione di massa presente nel sistema; ovviamente, il caso di una componente è contenuto nella trattazione come caso particolare). Nel terzo capitolo, che costituisce il nucleo della tesi, si studia in dettaglio la stabilità del sistema utilizzando l'approccio fluidodinamico (il contributo originale della tesi riguarda principalmente questa parte). Questo viene messo a confronto con l'approccio termodinamico (ricostruendo tramite rielaborazione personale i risultati degli studi classici citati), evidenziando la sostanziale equivalenza dei due metodi nell'identificare i punti di stabilità marginale. Sorprendentemente, una parte consistente dello studio idrodinamico può essere svolta
con metodi analitici; nei casi in cui ciò non risultasse possibile si è fatto ricorso a metodi numerici. Sia la parte analitica che la parte numerica coinvolgono lo studio di equazioni differenziali agli autovalori (in alcuni casi riconducibili a un'equazione tipo Schrödinger) ed equazioni integrali agli autovalori. Tra i vari spunti proposti da questa Tesi, è di particolare interesse quello di simulare tramite un termine aggiuntivo nell'energia un fattore fisico che abbia come conseguenza quella di inibire il collasso quando il sistema, contraendosi, si scalda oltre un certo limite. Questo viene messo in relazione con la nozione comunemente accettata che il collasso gravotermico può essere fermato dalla generazione di energia dovuta alla formazione di stelle binarie nelle parti più dense centrali degli ammassi globulari. Una parte del capitolo è dedicato allo studio della stabilità per il caso a due componenti (uno studio recente di questo tema, basato essenzialmente su simulazioni numeriche, è quello presentato in [2]); anche qui si mostra l'equivalenza tra i due approcci (termodinamico e idrodinamico) in relazione all'identificazione dei punti di stabilità marginale. L'ultimo capitolo contiene una discussione che riprende quella del primo capitolo e, alla luce dei risultati ottenuti, fornisce alcuni spunti per interpretare il diverso comportamento di sistemi collisionali da quello di sistemi strettamente non-collisonali: in particolare, viene evidenziato il possibile ruolo svolto dalla conservazione dettagliata del momento angolare nell'inibire la catastrofe gravotermica in sistemi strettamente non-collisonali. Vengono infine messi in rilievo alcuni aspetti interessanti non ancora completamente chiari, che potrebbero essere oggetto di sviluppi successivi alla Tesi.
[1] Antonov, V. A., Most Probable Phase Distribution in Spherical Star Systems and Conditions for Its Existence, IAU Symposium, No. 113, 1985, p. 525, Reidel, Dordrecht, The Netherlands; Traduzione dell'originale in russo Vest. Leningrad Univ. 7, 135 (1962)
[2] Breen, P. G., Heggie, D. C., Gravothermal oscillations in two-component models of star clusters, Mon. Not. R. Astr. Soc., 420, 309 (2012)
[3] Chavanis, P. H., Gravitational Instability of Finite Isothermal Spheres, Astron. Astrophys., 381, 340 (2002)
[4] Lynden-Bell, D., and Wood, R., The Gravo-Thermal Catastrophe in Isothermal Spheres and the Onset of Red-Giant Structure for Stellar Systems, Mon. Not. R. Astr. Soc., 138, 495 (1968)
[5] Padmanabhan, T., Antonov Instability and Gravothermal Catastrophe - Revisited, Astrophys. J. Supp., 71, 651 (1989)
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