Tesi etd-06242020-220231 |
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Tipo di tesi
Tesi di laurea magistrale
Autore
NANNIPIERI, ILARIA
URN
etd-06242020-220231
Titolo
Il soggetto è un processo
Julia Kristeva: per un nuovo umanesimo c'è bisogno dell'Altro
Dipartimento
FILOLOGIA, LETTERATURA E LINGUISTICA
Corso di studi
LINGUE, LETTERATURE E FILOLOGIE EURO - AMERICANE
Relatori
relatore Prof.ssa Sanna, Antonietta
correlatore Prof. Brugnolo, Stefano
correlatore Prof. Brugnolo, Stefano
Parole chiave
- alterità
- estraneità
- estraneity
- humanism
- process
- processo
- soggettività
- subjectivity
- umanesimo - alterity
Data inizio appello
13/07/2020
Consultabilità
Non consultabile
Data di rilascio
13/07/2060
Riassunto
Malgrado i tumulti che lo hanno agitato, questo primo scorcio di secolo non ha per nulla diradato la nube di sonnolenza che avvelena la nostra condizione. Non siamo mai guariti da quella «malattia di idealità» diagnosticata, tra gli altri, da Nietzsche, Jaspers, Spengler che da un pezzo a questa parte genera orde di narcisi e di nichilisti. Perdita dell’orientamento, paralisi, senso di inadeguatezza, sono i sintomi del mondo di oggi. Iperconnesso, secolarizzato fino al cinismo, in questo mondo assistiamo agli effetti prodotti dalla dittatura del nuovo: fenomeni di massa cavalcati dai fanatismi, religioni ridotte a oscurantismo, tendenze liberticide e patologie ossessive. Un mondo così paga il prezzo della sua idealità, l’aver creduto di poter convertire lo spazio occupato dal teologico nello spazio dell’idolatria, invece che dell’etica.
Su di esso abbiamo rimodulato il nostro immaginario. E alla crisi dell’esistenza si è aggiunta la crisi della conoscenza: i significati negoziabili, fluttuanti ci sembrano gli unici possibili, per non prestare ascolto a quelle rivendicazioni identitarie che trovano conforto nei linguaggi della rappresentazione.
Cionondimeno, questi tempi oltranzisti hanno attirato l’interesse sul problema del senso, che costituisce uno dei rischi più stimolanti a cui è esposta la ricerca. Lanciano un guanto di sfida, ci invitano a esplorare l’aleatorio, il turbolento, il provvisorio.
Sfida superata per Julia Kristeva. Linguista, psicoanalista, semiologa, tra gli intellettuali più eclettici della nostra epoca, la sua è una di quelle ricerche fondative che non indica modelli da seguire, né pretende di proporne. Parte dall’esperienza individuale e da lì procede per raggiungere una visione olistica dell’umano. Facendo tesoro del “metodo barthesiano”, Kristeva eleva il meglio della teologia e della mitologia, della letteratura e della filosofia ad altrettanti discorsi sulla soggettività, senza fraintenderla con il luogo ontologico dell’identità, ma intendendola come dimensione etica sempre definita dalla relazione con l’Altro, speranza singolarizzata all’insegna di un nuovo umanesimo.
Dunque, questo lavoro tenterà di ripercorrere le tappe di una produzione molto ampia e ambiziosa, il cui obiettivo si pone nel solco indelebile tracciato dal freudismo: indagare le logiche psichiche, antropologiche e sociologiche con cui un’urgenza individuale viene assurta a sentimento collettivo. Estraneità, singolarità, alterità, linguaggio, parola, processo, sono termini che fendono ossessivamente il discorso kristeviano, dalla biografia al rapporto psicoanalisi-fede fino ai recenti studi sull’Europa, che hanno ridato vigore al tema sempre caldo dello straniero.
Prima però, abbiamo voluto interrogarci sulle posizioni che il pensiero occidentale ha assunto nei confronti dell’identità, con evidenti implicazioni epistemologiche. Nata in seno alla scuola eleatica per spiegare che se questo è A non può essere B, nel corso dei secoli i filosofi hanno voluto caricarla di significati etici, morali, politici, fino a ridurla, Freud l’ha capito bene, a baluardo di passioni paranoidi e di egoismi. Com’è successo che il pensiero dell’essere, dell’identità abbia potuto procedere sempre a discapito del pensiero dell’Altro, se da quest’ultimo è definito e regolamentato? È il quesito da cui siamo partiti. Senza alcuna pretesa di trovare risposte, ci rivolgiamo a chi crede, anche noi, come Kristeva, pronti a soddisfare il nostro bisogno di sapere.
Su di esso abbiamo rimodulato il nostro immaginario. E alla crisi dell’esistenza si è aggiunta la crisi della conoscenza: i significati negoziabili, fluttuanti ci sembrano gli unici possibili, per non prestare ascolto a quelle rivendicazioni identitarie che trovano conforto nei linguaggi della rappresentazione.
Cionondimeno, questi tempi oltranzisti hanno attirato l’interesse sul problema del senso, che costituisce uno dei rischi più stimolanti a cui è esposta la ricerca. Lanciano un guanto di sfida, ci invitano a esplorare l’aleatorio, il turbolento, il provvisorio.
Sfida superata per Julia Kristeva. Linguista, psicoanalista, semiologa, tra gli intellettuali più eclettici della nostra epoca, la sua è una di quelle ricerche fondative che non indica modelli da seguire, né pretende di proporne. Parte dall’esperienza individuale e da lì procede per raggiungere una visione olistica dell’umano. Facendo tesoro del “metodo barthesiano”, Kristeva eleva il meglio della teologia e della mitologia, della letteratura e della filosofia ad altrettanti discorsi sulla soggettività, senza fraintenderla con il luogo ontologico dell’identità, ma intendendola come dimensione etica sempre definita dalla relazione con l’Altro, speranza singolarizzata all’insegna di un nuovo umanesimo.
Dunque, questo lavoro tenterà di ripercorrere le tappe di una produzione molto ampia e ambiziosa, il cui obiettivo si pone nel solco indelebile tracciato dal freudismo: indagare le logiche psichiche, antropologiche e sociologiche con cui un’urgenza individuale viene assurta a sentimento collettivo. Estraneità, singolarità, alterità, linguaggio, parola, processo, sono termini che fendono ossessivamente il discorso kristeviano, dalla biografia al rapporto psicoanalisi-fede fino ai recenti studi sull’Europa, che hanno ridato vigore al tema sempre caldo dello straniero.
Prima però, abbiamo voluto interrogarci sulle posizioni che il pensiero occidentale ha assunto nei confronti dell’identità, con evidenti implicazioni epistemologiche. Nata in seno alla scuola eleatica per spiegare che se questo è A non può essere B, nel corso dei secoli i filosofi hanno voluto caricarla di significati etici, morali, politici, fino a ridurla, Freud l’ha capito bene, a baluardo di passioni paranoidi e di egoismi. Com’è successo che il pensiero dell’essere, dell’identità abbia potuto procedere sempre a discapito del pensiero dell’Altro, se da quest’ultimo è definito e regolamentato? È il quesito da cui siamo partiti. Senza alcuna pretesa di trovare risposte, ci rivolgiamo a chi crede, anche noi, come Kristeva, pronti a soddisfare il nostro bisogno di sapere.
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