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Archivio digitale delle tesi discusse presso l'Università di Pisa

Tesi etd-06242018-213515


Tipo di tesi
Tesi di laurea magistrale LM6
Autore
SANCHINI, CHIARA
URN
etd-06242018-213515
Titolo
Studio di fattori prognostici clinici e molecolari in pazienti affetti da carcinoma colorettale metastatico con malattia non resecabile limitata al fegato
Dipartimento
RICERCA TRASLAZIONALE E DELLE NUOVE TECNOLOGIE IN MEDICINA E CHIRURGIA
Corso di studi
MEDICINA E CHIRURGIA
Relatori
relatore Prof. Falcone, Alfredo
correlatore Dott.ssa Cremolini, Chiara
Parole chiave
  • oncologia
  • fattori prognostici
  • carcinoma colorettale metastatico (mCRC)
Data inizio appello
17/07/2018
Consultabilità
Completa
Riassunto
Negli ultimi anni, la prognosi dei pazienti affetti da carcinoma colorettale metastatico (mCRC) è notevolmente migliorata grazie alla disponibilità di trattamenti sistemici attivi, allo sviluppo di tecniche chirurgiche e alla disponibilità di approcci locoregionali, che hanno permesso di incrementare sensibilmente la loro aspettativa di vita. Il sottogruppo di pazienti con malattia metastatica limitata al fegato è quello che ha probabilmente maggiormente beneficiato di tali avanzamenti e in particolare della sempre più stretta collaborazione multidisciplinare nella gestione della patologia. Oggi, infatti, grazie all’appropriata integrazione di opzioni sistemiche e approcci locoregionali, chirurgici e non, una quota limitata ma non trascurabile di pazienti affetti da mCRC con localizzazioni secondarie esclusivamente epatiche, può essere guarito sebbene la malattia sia inizialmente giudicata non resecabile.
Ottenere un buon controllo di malattia e possibilmente una rilevante citoriduzione, sono condizioni necessarie per poter successivamente mettere in campo i trattamenti locali, oggi proponibili anche a più riprese e in successive tappe della storia terapeutica dei pazienti affetti. L’adozione dei trattamenti locali è possibile e ragionevole quanto più è probabile che la malattia resti il più a lungo possibile limitata al fegato. E’, peraltro, osservazione clinica comune come esistano casi di malattia inizialmente limitata al fegato che resta a lungo, se non per sempre, confinata a tale organo, pur a seguito di successive progressioni di malattia e linee di terapia, e casi che più o meno rapidamente sviluppano malattia extra-epatica. Esistono caratteristiche cliniche e/o molecolari capaci di predire la probabilità di diffusione extraepatica del mCRC inizialmente limitato al fegato?
In questo studio di coorte sono stati raccolti i dati di 225 pazienti affetti da mCRC con malattia limitata al fegato, giudicata inizialmente non resecabile trattati presso l’Azienda Ospedaliera Universitaria Pisana e l’Istituto Nazionale dei Tumori di Milano, con l’obiettivo di stimare la probabilità di tale gruppo di pazienti di sviluppare malattia extraepatica. Sono state raccolte informazioni sulle caratteristiche cliniche, patologiche e molecolari basali e longitudinalmente durante tutta la storia di malattia, nel corso dei vari trattamenti locali e sistemici ricevuti. L’associazione tra le caratteristiche basali, i trattamenti ricevuti e la sopravvivenza libera da progressione extraepatica (ePFS) è stata valutata attraverso modelli uni- e multivariati, e attraverso il modello di stima dei rischi secondo Kernel. Inoltre, è stata condotta una analisi per rischi competitivi.
La maggior parte dei pazienti inclusi nell’analisi, più del 70%, è stata sottoposta a procedure chirurgiche durante la storia di malattia; di questi, circa il 40%, è stato sottoposto ad ulteriori trattamenti locoregionali. La maggior parte degli eventi di progressione extraepatica (ePD) si sono verificati entro i primi 2 anni dalla diagnosi nella popolazione generale e, in analogia, entro 2 anni dalla prima resezione nel sottogruppo di pazienti che aveva ricevuto almeno un trattamento epatico locoregionale. L’analisi univariata per rischi competitivi ha dimostrato che fra le caratteristiche basali raccolte l’età inferiore a 70 anni, l’assenza di coinvolgimento linfonodale alla diagnosi, la presenza di meno di 4 metastasi epatiche e l’aver ricevuto una resezione epatica secondaria erano significativamente associate ad un minor rischio di progressione extraepatica (ePD). All’analisi multivariata, il numero di metastasi epatiche (p=0.001) e la resezione secondaria (p=0.001) erano ancora associate al rischio di ePD.
Inoltre, l’analisi univariata per l’associazione delle variabili raccolte con la ePFS ha evidenziato come l’età inferiore ai 70 anni, il performance status (PS) 0 secondo l’Eastern Cooperative Oncology Group (ECOG), l’assenza di coinvolgimento linfonodale alla diagnosi, la presenza di meno di 4 metastasi epatiche, le dimensioni delle lesioni epatiche inferiori a 30mm, il coinvolgimento di meno di 6 segmenti epatici, l’aver ricevuto una resezione epatica secondaria e/o ulteriori trattamenti locoregionali al fegato fossero significativamente associate con una aumentata ePFS. Per contro, l’instabilità microsatellitare era associata ad una ePFS significativamente più breve (p=0.029) se confrontata con quella dei pazienti con mCRC con stabilità microsatellitare. Nel modello multivariato PS secondo ECOG (p=0.022), numero (p=0.011) e diametro delle metastasi epatiche (p=0.005) e resezioni epatiche secondarie (p=<0.001) rimanevano associati all’ePFS a conferma di come questi fattori possano contribuire alla scelta dell’intensità dei trattamenti diretti al fegato. Infine, la più accurata stima dell’impatto di tali variabili sulla ePFS secondo Kernel ha dimostrato come le procedure chirurgiche sul fegato, lo stato linfonodale alla diagnosi e il numero delle lesioni epatiche fossero associate all’ePFS indipendentemente da tutte le altre variabili valutate.
Le caratteristiche individuate quindi, cliniche più che molecolari, possono aiutare a modulare l’intensità dei trattamenti locoregionali, in assenza di evidenze di elevato livello sulla loro efficacia in setting specifici.
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