logo SBA

ETD

Archivio digitale delle tesi discusse presso l’Università di Pisa

Tesi etd-06242011-085512


Tipo di tesi
Tesi di laurea specialistica LC5
Autore
DASSO LANG, MARIA CHIARA
URN
etd-06242011-085512
Titolo
Sintesi di nuovi derivati N-idrossiindolici dotati di proprietà inibitorie nei confronti dell'isoforma 5 della lattato deidrogenasi umana.
Dipartimento
FARMACIA
Corso di studi
CHIMICA E TECNOLOGIA FARMACEUTICHE
Relatori
relatore Prof. Minutolo, Filippo
Parole chiave
  • glicolisi
  • lattato deidrogenasi umana
  • fenotipo glicolitico
  • fermentazione lattica
  • ipossia
Data inizio appello
20/07/2011
Consultabilità
Non consultabile
Data di rilascio
20/07/2051
Riassunto
Nelle cellule sane il glucosio viene completamente ossidato a CO2 e H2O tramite la glicolisi seguita dal ciclo di Krebs e dalla fosforilazione ossidativa. Quest’ultimo processo utilizza l’ossigeno come accettore finale degli elettroni nella catena respiratoria e permette di riottenere nuovo cofattore ossidato NAD+ e di ricavare quantità adeguate di ATP per il fabbisogno energetico cellulare. Se le cellule sono esposte a condizioni d’ipossia, la fosforilazione ossidativa non può avere luogo data la carenza di O2, perciò per ricavare energia la cellula è costretta a sfruttare l’unica via possibile: la glicolisi.
In questa situazione è necessario rigenerare continuamente nuove molecole di NAD+, indispensabile affinché la glicolisi abbia luogo. Di conseguenza si osserva un aumento della fermentazione lattica che vede la conversione del piruvato in lattato e contemporanea ossidazione del NADH a NAD+ catalizzata dall’enzima lattato deidrogenasi LDH. Tuttavia questo è un processo poco efficiente dato che si ricavano quantità basse di ATP per ogni molecola di glucosio consumata, ciò spiega l’aumento dell’up-take del glucosio favorito dalla sovraespressione dei trasportatori del glucosio GLUT-1 e GLUT-3. Questo effetto, denominato effetto Pasteur, evidenzia come in condizioni di bassa concentrazione di ossigeno, l’attività glicolitica è aumentata a discapito di una ridotta attività mitocondriale con conseguente aumento nel consumo di glucosio; mentre in condizioni di normossia la cellula torna ad utilizzare i normali processi ossidativi.
Le cellule tumorali, essendo caratterizzate da un’elevata velocità di proliferazione, generano delle masse cellulari che possono comprimere e quindi ostruire vasi sanguigni andando a ridurre l’afflusso ematico. Inoltre, al crescere della massa tumorale, aumenteranno di conseguenza le distanze tra la cellula, che deve ricevere l’ossigeno e le sostanze nutritive, e il lume vasale rendendo quindi le distanze medie di diffusione troppo elevate. Si formano così zone ipossiche all’interno della maggior parte delle neoplasie. Questa condizione da una parte stimola il processo angiogenetico con formazione di nuovi vasi sanguigni, che però sono tortuosi e irregolari poiché la velocità di crescita vascolare risulta inferiore rispetto a quella della proliferazione cellulare; dall’altra spinge le cellule verso l’espressione del fenotipo glicolitico, che si mantiene anche se le suddette cellule tornano a valori di normossia. Tale effetto, denominato “effetto Warburg”,1 testimonia il fatto che il fenotipo glicolitico non è una semplice risposta adattativa, ma comporta alterazioni geniche che rendono queste cellule più aggressive e maggiormente invasive, conferendo loro un vantaggio. Nell’evoluzione tumorale si assiste infatti ad un meccanismo di selezione cellulare di tipo darwiniano in cui solo le cellule che hanno acquisito tale fenotipo riescono a sopravvivere. Tali cellule non sono suscettibili ad oscillazioni della concentrazione di O2 e ricavano energia molto velocemente producendo un’elevata quantità di acido lattico che favorisce la motilità cellulare in quanto distrugge la matrice extracellulare e provoca la morte delle cellule circostanti, promuovendo così il processo metastatico.
A complicare il trattamento terapeutico di tali neoplasie vi è la radio- e chemio-resistenza. Nel primo caso l’efficacia della terapia è subordinata alla quantità di ossigeno presente nel tessuto, nel secondo caso è subordinata all’irrorazione di tali tessuti che risulta scarsa o nulla nelle zone ipossiche, nonché al meccanismo d’azione dei classici agenti chemioterapici, che tendono a penalizzare soprattutto cellule in rapida proliferazione, mentre le cellule tumorali ipossiche non lo sono.
Un target promettente per poter inibire il particolare metabolismo glucidico presente nei tumori risulta essere l’isoforma 5 della lattato deidrogenasi umana (hLDH5). Con la sua inibizione, le cellule ipossigenate non possono ricavare nuovo NAD+, indispensabile per la glicolisi, provocando così un blocco del rifornimento energetico delle suddette cellule. Tale target è stato validato tramite studi in vitro su linee cellulari tumorali in cui l’inibizione della hLDH5 tramite l’uso di shRNA provoca un calo nella proliferazione cellulare.2 Gli effetti collaterali risultanti dall’inibizione della hLDH5 potrebbero essere previsti prendendo in considerazione soggetti affetti da deficit ereditario di tale enzima: si osserva rigidità muscolare e mioglobinuria solo dopo intenso sforzo fisico mentre, in condizioni di riposo, non si osservano effetti collaterali.
L’obiettivo del presente lavoro di tesi è stato quello di sintetizzare molecole con attività inibitoria nei confronti della hLDH5. In particolare sono stati ottenuti composti con struttura N-idrossindol-2-carbossilica (NHI) recanti un gruppo trifluorometilico in posizione 4 ed opportunamente sostituiti in posizione 6, utilizzando il seguente schema di sintesi generale. Il mantenimento del gruppo ossidrilico e dell’acido libero in posizione vicinale risulta indispensabile per il mantenimento dell’attività inibitoria nei confronti della hLDH5, come visto in precedenza per altri inibitori dello stesso enzima.
La sintesi parte dai derivati o-nitrotoluenici, opportunamente sostituiti, si effettua una deprotonazione del gruppo metilico ad opera del NaH generando un carbanione che, per attacco nucleofilo sul dimetilossalato, da luogo al chetoestere. Quest’ultimo viene sottoposto a ciclizzazione riduttiva in cui il gruppo nitro viene ridotto ad idrossilammina, la quale per attacco nucleofilo sul carbonio carbonilico e successiva disidratazione, genera il derivato N-idrossindolico. Una volta ottenuto il ciclizzato, si procede all’idrolisi dell’estere per ottenere l’acido libero. In seguito, l’ulteriore scopo del presente lavoro è stato quello di sintetizzare dei derivati dei composti NHI, mediante coniugazione con porzioni che potessero facilitarne l’up-take cellulare.

File