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Archivio digitale delle tesi discusse presso l'Università di Pisa

Tesi etd-06232021-172856


Tipo di tesi
Tesi di laurea magistrale
Autore
MANFREDI, ALESSANDRA
URN
etd-06232021-172856
Titolo
La psichiatria nei romanzi naturalisti di Benito Pérez Galdós
Dipartimento
FILOLOGIA, LETTERATURA E LINGUISTICA
Corso di studi
LINGUE, LETTERATURE E FILOLOGIE EURO - AMERICANE
Relatori
relatore Prof.ssa Pierucci, Daniela
controrelatore Prof.ssa Ghezzani, Alessandra
Parole chiave
  • romanzi naturalisti
  • Benito Pérez Galdós
  • teoria della degenerazione
  • psichiatria
Data inizio appello
12/07/2021
Consultabilità
Non consultabile
Data di rilascio
12/07/2024
Riassunto
La tesi si propone, sulla base della risaputa afición di Benito Pérez Galdós per la medicina, a cui attinge in modo cospicuo e competente per le sue trame e caratterizzazioni narrative, di studiare, nello specifico, il ruolo rilevante della psichiatria nella narrativa naturalista dell’autore canario. A questo scopo, il lavoro si è sviluppato su due fronti, che corrispondono alle due parti di cui si compone la tesi: la prima, dal titolo «La psichiatria nella Spagna di Galdós», espone il lento e faticoso riconoscimento dello status scientifico di questa disciplina, da sempre legata a credenze popolari, religiose e filosofiche. Il primo capitolo illustra come la Spagna fu la prima a costruire nel 1409 un manicomio che non adottava strumenti coercitivi e mise a punto numerosi progetti di nuove strutture di accoglienza, volte al miglioramento delle condizioni di vita dei malati di mente, etichetta molto generica in cui rientravano categorie come poveri, delinquenti, criminali ed emarginati. La Spagna però, differentemente dalle altre realtà europee in cui si verifica il riconoscimento della figura del medico come responsabile di tali strutture psichiatriche, si mostra fortemente carente da questo punto di vista in quanto la gestione di queste strutture non è affidata a personale medico ma a ordini religiosi. I numerosi e coraggiosi progetti riguardo la costruzione di nuove strutture psichiatriche rimasero tali solo sulla carta perché non furono mai realizzati a causa della grande crisi economica e sociale che investì la Spagna durante il regno di Fernando VII (1813-1833). Ciò impedì alla psichiatria di svilupparsi in maniera solida e autonoma.
La formulazione della teoria della degenerazione elaborata dallo studioso francese Bénédict Auguste Morel nel 1857 catalizzò l’attenzione per molti anni, presentando la degenerazione come causa della malattia mentale. La teoria venne applicata inizialmente solo all’ambito giudiziario dalla criminologia forense, infatti, la psichiatria necessitava di essere legittimata come scienza al pari di altri ambiti della medicina. L’applicazione di tale teoria al campo medico poteva risultare deleterio prima di una vera e propria legittimazione della psichiatria come pratica scientifica.
La teoria fu applicata durante l’iter di diversi casi giudiziari; nel secondo capitolo viene analizzato quello che ebbe all’epoca molta risonanza, l’omicidio del vescovo di Madrid, Narciso Martínez Izquierdo, per mano del prete Cayetano Galeote. Gli studiosi cercarono di avvalersi della teoria per dimostrare quale fosse il suo stato mentale al momento di commettere il crimine e la sua conseguente irresponsabilità. Gli psichiatri fecero riferimento alla sua infanzia e alle problematiche mentali dei genitori. Galdós si interessò fin da subito a questo caso di cronaca e si dedicò alla scrittura di alcuni articoli in merito.
La seconda parte della tesi intitolata «La psichiatria nella narrativa di Galdós» ha come oggetto l’analisi delle problematiche psichiatriche all’interno di tre romanzi del cosiddetto periodo naturalista: La Desheredada (1881), Lo Prohibido (1885), Fortunata y Jacinta (1887). L’applicazione della teoria e della tematica psichiatrica è differente in ciascuna delle tre opere. L’analisi compiuta ne La Desheredada ha come punto di partenza il primo capitolo dell’opera in cui si narra la vicenda di Tomás Rufete padre di Isidora e Mariano. Rufete si trova all’interno del manicomio di Leganés ed è a partire dai suoi disturbi che si delineano quelli dei figli: il personaggio di Isidora è una sorta di Quijote al femminile, convinta di essere l’erede di un grande marchesato. Queste sue convinzioni contribuiscono alla creazione da parte della giovane di un universo parallelo rispetto a quello reale in cui decide di vivere fino alla fine del romanzo, quando rifiuta la sua vera identità e si realizza così la sua morte sociale. Il cammino intrapreso è quello della prostituzione che la conduce a una morte metaforica.
Mariano è sicuramente il personaggio più naturalista analizzato all’interno dell’elaborato, è un bambino costretto a vivere e lavorare ai limiti dell’umano e che giunge a compiere il gesto estremo di attentare alla vita del re. La malattia psichica ereditata dal padre, l’ambiente in cui è cresciuto e la mancanza di istruzione completano la sua caratterizzazione di pícaro.
La seconda opera analizzata, Lo Prohibido, ha come oggetto la famiglia Bueno de Guzmán, riflesso della società in cui vive, responsabile delle tare che la famiglia presenta. È infatti questo tipo di società così materialista e opportunista a creare e accrescere i disturbi psichici dei personaggi; nella maggior parte di essi le problematiche mentali sono connesse a questioni economiche che possono essere associate con la «locura crematística».
Infine, l’opera considerata come il grande capolavoro di Galdós, Fortunata y Jacinta, in cui l’indagine si concentra maggiormente su Maximiliano Rubín, considerato dalla maggior parte della critica un caso clinico. Maxi è portatore della malattia della madre, la sifilide, ma anche vittima di grandi sofferenze patite durante l’infanzia e durante l’età adulta, che Galdós ha saputo analizzare con profondo spirito innovatore e anticipatore della psicoanalisi.
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