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Archivio digitale delle tesi discusse presso l’Università di Pisa

Tesi etd-06222021-121223


Tipo di tesi
Tesi di laurea magistrale LM6
Autore
ESPOSITO, GERARDO
URN
etd-06222021-121223
Titolo
Caratteristiche cliniche e istologiche di una coorte di pazienti con carcinoma tiroideo refrattario allo iodio radioattivo: quali sono i pazienti che scegliamo di trattare con inibitori delle tirosin-chinasi?
Dipartimento
RICERCA TRASLAZIONALE E DELLE NUOVE TECNOLOGIE IN MEDICINA E CHIRURGIA
Corso di studi
MEDICINA E CHIRURGIA
Relatori
relatore Prof.ssa Elisei, Rossella
correlatore Dott.ssa Agate, Laura
Parole chiave
  • carcinoma differenziato della tiroide
  • carcinoma tiroideo avanzato
  • lenvatinib
  • sorafenib
  • metastasi tiroidee
  • radioiodio-refrattarietà
  • tki
  • carcinoma tiroideo
Data inizio appello
14/07/2021
Consultabilità
Tesi non consultabile
Riassunto
Introduzione: Il carcinoma differenziato della tiroide ha un’ottima prognosi dopo il trattamento chirurgico e radiometabolico con 131I, infatti la sopravvivenza può arrivare fino al 96,4% a 35 anni. Una piccola parte dei pazienti con carcinoma differenziato della tiroide (5-10%) tuttavia ha una malattia metastatica a distanza, più frequentemente a livello polmonare (50%), osseo (25%), in entrambe le sedi (20%) o in altre sedi come encefalo e fegato (5%), con una sopravvivenza che si riduce al 50% a 10 anni. La prognosi peggiora ulteriormente, con una sopravvivenza del 10% a 10 anni, se la malattia diventa refrattaria alla terapia radiometabolica con 131I. Sebbene la maggior parte dei tumori radioiodio-refrattari abbia una lenta progressione, esiste un sottogruppo di pazienti in cui la malattia progredisce invece rapidamente. In questi casi, in particolare quando la progressione di malattia riguarda multiple lesioni o una singola lesione ma con interessamento di più organi, la crescita è rapida e i trattamenti locali sono stati o esclusi o sono risultati inefficaci, si può prendere in considerazione la terapia sistemica con TKI. Il criterio oggettivo su cui il clinico si basa per poter intraprendere un trattamento sistemico con inibitori delle TKI è rappresentato da un insieme di criteri radiologici in grado di stabilire una significativa progressione strutturale di malattia (RECIST), ma non sono al momento note altre caratteristiche cliniche e istologiche, sia al momento della diagnosi che nel corso del follow-up, in grado di identificare il sottogruppo di pazienti che avrà la necessità di iniziare una terapia con TKI.

Scopo dello studio: L’obiettivo di questo studio è stato quello di esaminare le caratteristiche epidemiologiche, cliniche e patologiche di un gruppo di pazienti con carcinoma differenziato o scarsamente differenziato della tiroide metastatico, radioiodio-refrattario, seguito presso il Dipartimento di Endocrinologia dell’Università di Pisa. In particolare, abbiamo focalizzato la nostra attenzione non solo sulle caratteristiche anatomo-cliniche al momento della diagnosi della neoplasia ma anche e soprattutto sulle caratteristiche patologiche presenti al momento della diagnosi di radioiodio-refrattarietà. Abbiamo di conseguenza cercato di capire se alcune di queste caratteristiche avrebbero potuto predire in maniera precoce la necessità di ricorrere alla terapia sistemica con inibitori delle tirosin-chinasi. L’identificazione infatti di uno o più fattori prognostici di progressione di malattia, ben prima di documentare una vera e propria progressione strutturale, permetterebbe infatti di sottoporre il paziente ad un follow-up clinico e radiologico più adeguato.

Pazienti e metodi: Sono state valutate retrospettivamente le caratteristiche demografiche, cliniche e istopatologiche di 279 pazienti con carcinoma differenziato o scarsamente differenziato della tiroide radioiodio-refrattario, afferiti presso il Dipartimento di Endocrinologia dell’Università di Pisa, fra il Giugno del 2016 e il Dicembre del 2019 per una rivalutazione della patologia neoplastica tiroidea. L'esame clinico, le misurazioni dei marker sierici e l'ecografia del collo sono stati eseguiti ogni 6-12 mesi. La stadiazione della malattia è stata valutata mediante TC total body e/o altri esami di imaging (RMN, PET/TC e scintigrafia ossea). La progressione della malattia è stata definita secondo RECIST 1.1. I criteri di definizione di radioiodio-refrattarietà e l'indicazione per iniziare la terapia con inibitori delle tirosin-chinasi sono stati determinati secondo le linee guida ATA 2016. I pazienti sono stati successivamente suddivisi in due gruppi: gruppo A (99 pazienti indirizzati al trattamento farmacologico con TKI) e gruppo B (180 pazienti non indirizzati al trattamento farmacologico con TKI ma mantenuti in monitoraggio attivo).

Risultati: Alla prima diagnosi, i pazienti del gruppo A, rispetto al gruppo B, avevano una maggiore età alla diagnosi (57,1 anni ±12,1 vs 47,2 anni±17,8 anni, rispettivamente; p<0,001), una maggiore dimensione del tumore primitivo (4,1 ± 2,2 cm vs 2,8 ± 1,8 cm, rispettivamente; p<0,001), una maggiore frequenza di estensione extratiroidea macroscopica (19,1% vs 7,8%, rispettivamente; p= 0,027), un più frequente istotipo aggressivo (carcinoma papillare della tiroide: 57,1% vs 82,6%, rispettivamente; carcinoma follicolare della tiroide: 23,5% vs 9,5%, rispettivamente; carcinoma a cellule di Hürthle: 9,2% vs 4,4%, rispettivamente; carcinoma scarsamente differenziato della tiroide 10,2% vs 6,7%, rispettivamente; p=0,001), una maggiore estensione del tumore primitivo (T1: 12,8% vs 34,5%, rispettivamente; T2: 23,1% vs 31,0%, rispettivamente; T3: 42,3% vs 27,5%, rispettivamente; T4: 21,8% vs 5,6%, rispettivamente; p<0,001), una maggiore presenza di metastasi a distanza alla diagnosi (35,8% vs 14,3%, rispettivamente; p<0,001) e un più alto rischio iniziale secondo ATA (alto rischio: 75,3% vs 39,8%, rispettivamente; p<0,001). Il tempo mediano intercorso dalla diagnosi iniziale della neoplasia alla diagnosi di radioiodio-refrattarietà era di 3,2 anni (intervallo 0,1-28,7 anni) per il gruppo A e di 2,5 anni (intervallo: 0,1-23,7 anni) per il gruppo B senza alcuna differenza significativa tra i due gruppi (p=0,355). Alla diagnosi di refrattarietà al radioiodio, la prevalenza di metastasi a distanza è stata rilevata nell'81,8% dei pazienti del gruppo A e nel 45,6% di quelli del gruppo B (p<0,001), mentre una malattia limitata ai linfonodi del collo è stata riscontrata solo nel 12,8% dei casi del gruppo A e nel 57,1% di quelli del gruppo B (p<0,001). Dopo la diagnosi di radioiodio-refrattarietà, la progressione di malattia è stata valutata in 93/99 pazienti del gruppo A (6 pazienti del gruppo A avevano un “tumor burden” talmente significativo alla radioiodio-refrattarietà che ha richiesto immediatamente l’inizio di una terapia sistemica e la ristadiazione di malattia non è stata ritenuta necessaria) e in tutti i 180 pazienti del gruppo B. Nel gruppo A il 93,9% (n=93) dei pazienti presentava almeno una progressione secondo RECIST e la terapia con TKI è stata iniziata dopo un tempo mediano di 7,2 anni (intervallo: 0,9-19,2 anni) dalla diagnosi iniziale e dopo un tempo mediano di 2,5 anni (intervallo: 0,1-19,9 anni) dalla diagnosi di radioiodio-refrattarietà. Invece nel gruppo B, sebbene siano state documentate nel 42,7% (n=77) dei casi da 1 a 5 progressioni RECIST, queste progressioni non hanno richiesto l’inizio di una terapia sistemica in quanto nella maggior parte dei casi le lesioni in progressione sono risultate aggredibili mediante trattamenti locali. Il tempo mediano dalla diagnosi di radioiodio-refrattarietà alla prima progressione è stato più breve nel gruppo A [mediana 1,3 anni (0,01-11,3) vs 2,9 anni (0,3-16,4); p<0,001]. Eseguendo un'analisi della curva ROC, il tempo mediano di 2,1 anni dalla diagnosi di radioiodio-refrattarietà alla prima progressione di malattia è risultato il migliore cut-off (sensibilità: 69,8% e specificità: 64,9%) per predire la necessità di ricorrere ad una terapia sistemica (AUC: 0,713; p<0,001). La diagnosi di prima progressione entro 2,1 anni dalla diagnosi di refrattarietà al radioiodio infatti è risultata associata a un rischio 23 volte maggiore di inizio della terapia sistemica con i TKI (HR 23,1; IC 95% da 13,2 a 40,3; p<0,001).

Conclusione: Tra i pazienti con carcinoma tiroideo radioiodio-refrattario, coloro che presentano caratteristiche istologiche del tumore alla diagnosi più aggressive (grandi dimensioni, estensione extratiroidea, istotipo aggressivo), una malattia più avanzata dalla diagnosi (presenza di metastasi a distanza, rischio ATA più alto) e la comparsa di progressione di malattia secondo RECIST entro 2,1 anni dalla diagnosi di radioiodio-refrattarietà sono quelli che più frequentemente verranno indirizzati alla terapia sistemica con TKI. L’identificazione di queste variabili cliniche e anatomo-patologiche potrebbe permetterci di personalizzare meglio il follow-up per ogni paziente, identificando precocemente i pazienti a lenta progressione che richiederebbero solo sorveglianza attiva, rispetto a quelli che invece trarrebbero maggiori benefici da un follow-up più stringente e una terapia sistemica più precoce.
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