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Thesis etd-06202023-173259


Thesis type
Tesi di laurea magistrale LM6
Author
MASSARIA, LORENZO
URN
etd-06202023-173259
Thesis title
Trattamento chirurgico e percutaneo della echinococcosi epatica: risultati di un'esperienza monocentrica ventennale
Department
RICERCA TRASLAZIONALE E DELLE NUOVE TECNOLOGIE IN MEDICINA E CHIRURGIA
Course of study
MEDICINA E CHIRURGIA
Supervisors
relatore Prof. Morelli, Luca
correlatore Di Franco, Gregorio
Keywords
  • albendazolo
  • chirurgia laparoscopica
  • chirurgia laparotomica
  • chirurgia robotica
  • cisti idatidea
  • diagnosi
  • echinococcosi
  • ecografia
  • risonanza magnetica
  • soluzione alcolica 95%
  • TC
  • trattamento chirurgico conservativo
  • trattamento chirurgico radicale
  • trattamento percutaneo
Graduation session start date
11/07/2023
Availability
Withheld
Release date
11/07/2093
Summary
Introduzione: L’echinococcosi è una zoonosi causata dalla forma larvale di una tenia appartenente al genere Echinococcus. Ha una incidenza di 50 casi per 100 mila abitanti nelle aree endemiche come la regione mediterranea. Le due specie maggiormente importanti da un punto di vista medico sono E.granulosus che causa l’echinococcosi cistica (CE) e E.multilocularis (AE) che causa l’echinococcosi alveolare.
E. granulosus ha un ciclo vitale che vede nel cane domestico l’ospite definitivo mentre gli ospiti intermedi sono rappresentai dalle pecore, le capre o i maiali. L’essere umano è considerato un ospite accidentale e si infetta attraverso il contatto con il suolo contaminato o attraverso l’ingestione di acqua o alimenti come vegetali o frutta contaminati dalle feci dei cani infetti. Il verme adulto di E.granulosus si trova nell’intestino tenue degli ospiti definitivi mentre le cisti si sviluppano negli ospiti intermedi. L’ospite definitivo libera le uova con le feci che contengono un primo stadio larvare detto oncosfera che tramite il circolo sanguigno può raggiungere diversi organi come il fegato, il polmone, le ossa o il cervello.
L’echinococcosi cistica risulta asintomatica per molti anni e la sintomatologia quando si presenta dipende dalla sede in cui si forma la cisti parassitaria. I sintomi possono includere il dolore addominale, la febbre, una eruzione cutanea di tipo orticarioide che può indicare una reazione allergica. Per le cisti localizzate a livello epatico ci possono essere delle complicanze come lo sviluppo di una fistola cisto-biliare che può determina la comparsa di ittero ostruttivo.
La diagnosi si basa prevalentemente sull’imaging e in particolare sull’ecografia addominale ma ci sono altre tecniche di imaging importanti come la TC con e senza mdc o la risonanza magnetica. La diagnosi sierologica svolge un ruolo più marginale a causa dei limiti di sensibilità e specificità. Gli esami ematochimici sono un utile completamento diagnostico anche per indagare l’eventuale presenza di complicanze ma non sono risolutivi nella diagnosi.
Per la cisti idatidea esistono diversi tipi di trattamento la cui scelta dipende da alcune caratteristiche come il tipo di lesione cistica, la sede, il numero, la dimensione e le comorbidità presentate dal paziente. In particolare, le diverse opzioni di trattamento comprendono il trattamento medico con farmaci come l’albendazolo, il trattamento percutaneo, il trattamento chirurgico radicale o conservativo e infine anche la semplice osservazione della cisti senza intervento chirurgico, monitorandola ecograficamente nel tempo.
Materiale e metodi: Presso il nostro centro dal 1 gennaio 2000 al 31 dicembre 2022 sono stati trattati 18 pazienti affetti da cisti idatidea. Di questi pazienti, 6 sono stati persi per impossibilità di recuperare retrospettivamente i dati clinici e quelli relativi al loro trattamento e al follow-up. Pertanto, abbiamo recuperato e analizzato i dati di 12 pazienti affetti da cisti idatidea a livello epatico. Per ogni paziente sono state analizzati i dati pretrattamento, i dati relativi al trattamento e i dati post-trattamento. I dati pretrattamento comprendono età, sesso, BMI, ASA score, comorbidità, presentazione clinica, sierologia, esami ematochimici, indagini di imaging, caratteristiche della cisti (numero, dimensioni, sede, classificazione WHO), terapia antiparassitaria pretrattamento. I dati relativi al trattamento comprendono tipo di trattamento (percutaneo, chirurgia radicale o chirurgia conservativa), la durata della procedura, eventuali problematiche durante la procedura. I dati post-procedura comprendono complicanze post-procedura, durata della degenza, reinterventi, mortalità. I pazienti sono stati inoltre ricontattati per raccogliere dati relativi al follow-up come l’assunzione di terapia antiparassitaria dopo la procedura o una eventuale recidiva di infezione parassitaria.
Risultati: I pazienti inclusi nello studio sono 12. 11 pazienti presentavano una cisti idatidea a livello epatico mentre un soggetto presentava una cisti a carico della regione ipocondriaca di sinistra. Tutti i pazienti presentavano clinicamente dolore addominale, un paziente presentava inoltre febbre e ittero ostruttivo con aumento degli indici di colestasi e degli enzimi pancreatici e un soggetto presentava dolore addominale aspecifico con linfocitosi reattiva. L’ecografia addominale per la diagnosi è stata utilizzata in tutti i pazienti, la TC con e senza mdc è stata eseguita in 7 pazienti, la RM addome in 5 pazienti, la colangio-RM è stata utilizzata in 4 pazienti e in un paziente è stata eseguita una ERCP pre-intervento per diagnosticare e trattare un quadro di ittero ostruttivo correlato con la presenza di una fistola biliare tra la cisti e il sistema biliare.
Dei 10 pazienti di cui abbiamo raccolto l’anamnesi farmacologica pre-intervento, 7 eseguivano terapia con albendazolo da almeno due settimane. 11 pazienti hanno continuato dopo la dimissione il trattamento con albendazolo.
3 pazienti sono stati trattati con un approccio percutaneo e 9 pazienti sono stati trattati con approccio chirurgico. In particolare, 3 pazienti hanno subito un intervento di chirurgia radicale mentre in 6 pazienti la chirurgia è stata conservativa. Nessun paziente ha presentato delle complicanze intra-operatorie quali shock anafilattico, sanguinamento, fuoriuscita di liquido cistico nel cavo peritoneale o fistola biliare.
Il decorso post-operativo è stato regolare in 8 pazienti mentre un paziente ha presentato un episodio di tachicardia sinusale, un paziente ha presentato la comparsa di materiale biliare in uno dei tre drenaggi dopo trattamento percutaneo, un paziente ha presentato un’infezione della ferita chirurgica e un paziente dopo la dimissione a distanza di 3 settimane dall’intervento chirurgico ha avuto un episodio di iperpiressia che ha necessitato un nuovo ricovero.
La necessità di una seduta di alcolizzazione dopo la dimissione si è resa necessaria in due pazienti su 12 a distanza di 2 mesi in un paziente e di un 3 settimane in un altro.
La durata media del ricovero è stata di 8,33 giorni, dato condizionato dalla degenza dei due pazienti che presentavano la comunicazione tra la cisti idatidea e la via biliare essendo la degenza post-procedura risultata essere di 13 giorni nel paziente del gruppo del trattamento percutaneo con successiva manifestazione della fistola biliare e di 22 giorni nel paziente sottoposto inizialmente ad ERCP per il quadro di ittero ostruttivo e colangite e successivo intervento chirurgico conservativo per il trattamento della cisti idatidea.
Nessuno dei pazienti trattati con albendazolo ha dovuto interrompere la terapia per la comparsa di effetti collaterali come astenia, cefalea, caduta dei capelli e rialzo delle transaminasi.
Di 3 soggetti abbiamo perso il follow-up. Tutti gli altri pazienti dopo la dimissione nei primi mesi sono tornati in visita chirurgica, hanno svolte ripetuti controlli ecografici addominali con un intervallo di 1-3-6 mesi di distanza e infine hanno svolto il follow up infettivologico con una durata media di 5 anni. Nessuno di questi pazienti ha sviluppato una recidiva di infezione parassitaria sia a livello epatico che a livello addominale.
Conclusioni: La scelta del trattamento più idoneo per ogni singolo paziente dipendono da molteplici fattori tra cui le caratteristiche della cisti (numero, tipologia in accordo alla classificazione WHO, localizzazione a livello epatico, dimensioni, rapporti con le strutture circostanti, comunicazione con la via biliare,…) e le comorbidità del paziente che potrebbero controindicare alcuni trattamenti. Anche nel caso della scelta di una opzione chirurgica le opzioni possono essere molteplici variando da una chirurgia radicale a una chirurgia conservativa con completamento del trattamento della cisti con l’applicazione di una soluzione scolicida. Anche il tipo di approccio chirurgico può essere laparotomico, laparoscopico o robotico e alcuni fattori tra cui le dimensioni e la localizzazione della cisti possono condizionare la scelta.
In conclusione, quello che si può affermare è che non esiste un trattamento gold standard da prendere in considerazione ma il trattamento deve essere attentamente valutato per ogni paziente. Inoltre è possibile anche evidenziare che il rischio di recidiva risulta essere quasi nullo se le operazioni di trattamento percutaneo e chirurgico vengono eseguite in modo ottimale senza determinare lo spillage del liquido cistico nel cavo peritoneale e se il paziente assume la terapia medica con albendazolo sia preoperatoriamente che dopo il trattamento chirurgico o percutaneo.














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