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Archivio digitale delle tesi discusse presso l'Università di Pisa

Tesi etd-06202007-182257


Tipo di tesi
Tesi di laurea vecchio ordinamento
Autore
Vella, Roberto
URN
etd-06202007-182257
Titolo
Il conflitto di interessi. Un bizantinismo tutto italiano?
Dipartimento
GIURISPRUDENZA
Corso di studi
GIURISPRUDENZA
Relatori
Relatore Malfatti, Elena
Parole chiave
  • bizantinismo
Data inizio appello
09/07/2007
Consultabilità
Completa
Riassunto
Il tema oggetto della nostra ricerca deve, necessariamente, essere inserito nel
contesto problematico del funzionamento di un sistema democratico, e dei suoi
fondamenti. Nella fattispecie non possiamo non riferirci alla nostra Carta
costituzionale, per individuarne alcune caratteristiche specifiche rispetto al nostro
tema.
Il nostro sistema si caratterizza come ‘democrazia rappresentativa’, con la
centralità del Parlamento, costituito da due assemblee elettive, deputate a
legiferare congiuntamente.
La Costituzione non ha alcun riferimento specifico al problema del ‘conflitto
d’interessi’, che non pare sia stato in alcun modo tematizzato: essa agli artt. 65 e
122 fa solo riferimento ai casi di ineleggibilità e incompatibilità. In effetti il tema
pare lontano dall’orizzonte storico in cui è nata la nostra Carta: essa pare molto
più attenta a rimuovere le incrostazioni di un passato illiberale, che non garantiva
la piena libertà dei cittadini. Di fatto il problema si è posto, in modo eclatante,
con l’ingresso nell’agone politico dell’on. Berlusconi, fondatore e capo di un suo
partito, proprietario della più importante azienda privata di telecomunicazioni,
con vasti interessi anche nel settore finanziario e distributivo.
A noi appare singolare, anche, che i Costituenti non si siano posti neppure il
problema dell’influenza di poteri economici forti sull’azione politica, che pure
nel regime fascista, così come nell’Italia liberale, avevano avuto un ruolo non
secondario nel determinare scelte importanti, anche in politica estera. Nei fatti
pare quasi che il gioco delle forze economiche sia stato dato per ovvio o,
comunque, come uno dei fattori ‘naturali’ dell’interazione politica, come campo
di scontro e incontro di interessi legittimamente costituiti1.
L’impianto originario della nostra Carta si rifaceva ad una tradizione che
attribuiva allo Stato un potere di supremazia (essa tematizza esplicitamente la
nozione di ‘interesse legittimo’, tutelabile giurisdizionalmente, dinanzi ad una
1 E ciò è sicuramente un punto di vista genuinamente liberale, conforme all’impianto complessivo della
nostra Costituzione, anche se le componenti ideali e ideologiche che confluiscono nel testo costituzionale
sono molteplici, e vanno dalla diverse tradizioni del pensiero sociale cattolico a quelle del socialismo,
soprattutto riformista.
magistratura ad hoc, nei confronti dell’Amministrazione). Il lungo dibattito su
questi temi ha avuto alcuni esiti significativi con le “Leggi Bassanini”, e con
successivi provvedimenti, tra i quali spicca la L. 241/90. Resta, tuttavia,
fondamentale l’art. 97 della Costituzione, ove si sottolinea ‘l’imparzialità
dell’amministrazione’. Ciò, ovviamente, significa che l’Amministrazione non
può operare nell’interesse del singolo, ma deve attenersi a principi che siano
generalizzabili nel concetto (sicuramente vago e poco definibile) di interesse
generale.
Astrattamente, comunque, è sicuramente corretto sostenere che l’azione
amministrativa, a tutti i livelli, ed a fortiori a quelli più alti, debba essere immune
da interessi particolari, che configgano con aspettative che possano limitarne
altri, ugualmente tutelabili da gruppi più ampi.
La trasparenza delle procedure che conducano all’emissione di atti
amministrativi è finalizzata, infatti, proprio a rendere accessibili tutte le
motivazioni che soggiacciono all’esercizio di un potere che incide,
necessariamente, sulle prerogative di singoli o di gruppi.
La questione centrale da affrontare, pertanto, è quella del rapporto tra
interesse pubblico e interesse privato, sì da delimitarne le rispettive sfere
d’influenza.
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