Tesi etd-06192014-021353 |
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Tipo di tesi
Tesi di laurea specialistica
Autore
LEVRERO, GIOVANNI
URN
etd-06192014-021353
Titolo
Comportamento sismico di un complesso di edifici residenziali popolari a Livorno
Dipartimento
INGEGNERIA CIVILE E INDUSTRIALE
Corso di studi
INGEGNERIA DELLE COSTRUZIONI CIVILI
Relatori
relatore Prof. Sassu, Mauro
Parole chiave
- SAVE
- schede GNDT
- vulnerabilità
Data inizio appello
08/07/2014
Consultabilità
Completa
Riassunto
Il nostro è un paese a media sismicità e non a grande sismicità come il Giappone o gli Stati Uniti e quando il periodo di ritorno dei terremoti supera una generazione, la percezione media del rischio nella popolazione si riduce drasticamente nascendo un problema di trasmissione dell’esperienza.
Si stima che solo il 14% degli edifici presenti nelle zone sismiche italiane più pericolose (il 45% dell’intero territorio) siano stati costruiti con criteri antisismici.
Fino agli anni ’90 il nostro paese non aveva attivato altra politica di prevenzione contro la minaccia dei terremoti, se non quella di emanare norme tecniche per le costruzioni in zona sismica obbligatorie per qualsiasi nuova costruzione e solo in alcuni casi per gli interventi sulle costruzioni esistenti.
E’ però nella vulnerabilità del sistema insediativo che bisogna ricercare l’entità delle conseguenze calamitose del fenomeno sismico.
Qualsiasi percorso di interventi sul costruito per innalzarne le prestazioni, non può che avviarsi con l’esame dello stato attuale. Su scala nazionale la campagna di monitoraggio della vulnerabilità sismica si è avviata con l’entrata in vigore dell’O.P.C.M. 3274 del 20 marzo 2003, che richiedeva la verifica di sicurezza degli edifici pubblici strategici e rilevanti esistenti, progettati secondo norme tecniche antecedenti al 1984 e/o situati in Comuni la cui classificazione sismica, sulla base dei moderni criteri di stima della pericolosità sismica di base, comportasse livelli dell’azione sismica superiori a quelli relativi all’epoca di costruzione.
In questo contesto si colloca il ruolo di CASALP, Casa Livorno e Provincia s.p.a., una società per azioni di proprietà dei Comuni della Provincia di Livorno, che fornisce servizi per l’abitare sociale, amministra, gestisce e progetta i lavori di manutenzione dell’ampio patrimonio edilizio popolare.
La presente tesi che nasce dalla Convenzione stipulata tra l’Università di Pisa e CASALP, ha come obiettivo il monitoraggio sismico di 48 edifici (15 in muratura e 33 in cemento armato) facenti parte del complesso di strutture adibite a residenze popolari, appartenenti e gestite da CASALP. L’indagine condotta è finalizzata ad individuare le situazioni di maggior rischio, ovvero a stilare una graduatoria dei fabbricati che necessitano di miglioramenti, con il fine di poter attribuire un indice di priorità nel caso di avviamento di un’iniziativa di interventi di adeguamento sismico migliorando conseguentemente l’utilizzazione delle risorse destinate ad interventi di riduzione del rischio.
In un primo momento la valutazione della vulnerabilità sismica dei suddetti edifici si è effettuata adottando le schede di rilevamento strutturale definite rispettivamente di livello 0, I, e II, messe a punto dal C.N.R.-G.N.D.T. (Consiglio Nazionale delle Ricerche-Gruppo Nazionale per la Difesa dai terremoti) e rielaborate dal Coordinamento Regionale Prevenzione Sismica della Regione Toscana.
Esse consentono di pervenire ad una valutazione puntuale della vulnerabilità edificio per edificio, mediante un punteggio compreso tra 0 e 100, per gli edifici in muratura, e tra –25 e 100, per gli edifici in c.a.. l’indice di vulnerabilità è calcolato sommando i contributi di punteggi di vulnerabilità di 11 parametri rilevati e legati ad alcuni aspetti caratteristici del comportamento sismico tipico delle costruzioni in muratura o in cemento armato.
L’indice di vulnerabilità coì ottenuto, non fornisce una valutazione del danno atteso per un dato livello di severità della scossa sismica ma è una misura convenzionale e relativa della propensione al danneggiamento ed è pertanto utilizzabile immediatamente solo a fini euristici.
Insieme alla valutazione dell’IV si fornisce anche una valutazione dell’indice del rischio (IR) quale funzione della PGAD (l’accelerazione di picco attesa al suolo e quindi la domanda) e della PGAC (l'accelerazione di picco al suolo che determina il collasso della struttura, ovvero la capacità)
Le 14 strutture caratterizzate da un sistema resistente in muratura, classificabile come muratura in pietrame mista, con orditura disordinata, e malta generalmente classificabile come scadente, sono situate a Livorno e risalgono alla prima metà del secolo scorso in una fascia temporale che va dal 1911 al 1956 (periodo antecedente a qualsiasi tipo di normativa sismica). Esse presentano nel complesso due tipologie di solaio: tipo SAP e tipo a longherine metalliche e tavelloni, disposti trasversalmente ai muri laterali e di spina. La tipologia di copertura prevalente è a padiglione con un solo caso di copertura piana: generalmente si è ipotizzato come sistema costruttivo quello analogo al solaio del relativo edificio, con una sola eccezione nel quale erano visibili dall’esterno i travetti in legno.
Le principali criticità riscontrate durante lo studio degli edifici in muratura risultano essere la mancanza di un comportamento scatolare, la presenza di strutture spingenti, di meccanismi locali di collasso, di muratura potenzialmente soggetta a disgregazione ed irregolarità geometriche in pianta ed in altezza.
Gli edifici analizzati appartenenti alla categoria delle strutture intelaiate in cemento armato (locate a Livorno), generalmente adibiti ad uso residenziale con l’eccezione di alcuni locali adibiti ad uso commerciale, risalgono alla seconda metà del secolo, in una fascia temporale che va dal 1958 al 1980. Tale periodo implica una progettazione in assenza di opportune regole antisismiche: gli edifici mostrano in molti casi un comportamento strutturale deficitario, caratterizzato da una bassa duttilità disponibile e dall’assenza di un’appropriata gerarchia delle resistenze che conduca a meccanismi di collasso di tipo globale.
Il sistema resistente, con tamponamenti in laterizio, si eleva per un numero di piani che dallo spiccato di fondazione oscilla tra i 3 ed i 14.
Gli edifici presentano nel complesso dei solai di tipo SAP, disposti trasversalmente ai telai resistenti in c.a..
Le principali criticità rilevate per gli edifici in c.a. sono la presenza di elementi resistenti (pilastri o setti) di dimensioni ridotte e non adeguatamente armati, presenza di pilotis al piano terra, presenza di elementi di tamponatura a cassetta mal vincolati, presenza di elementi tozzi, travi non adeguatamente armate, presenza di nodi non adeguatamente staffati, presenza di potenziali effetti di martellamento, irregolarità di rigidezza in pianta e geometrica in pianta ed in elevazione. Presenza di elementi non strutturali mal vincolati e presenza di telai monodirezionali.
Generalmente i valori di vulnerabilità ottenuti, si collocano nell’intervallo tra i valori 60-70.
In generale, il valore risulta essere alto se letto nell’ottica del suo significato ed estrapolato dal contesto del sito di riferimento: il grado di danno che un edificio può subire nel caso sia colpito da sisma è valutabile intorno ad un punteggio di 60-70 su 100. Questi valori possono essere spiegati soprattutto se messi in relazione con il periodo di costruzione e la tipologia, qualità e configurazione del sistema resistente.
Le strutture sono state realizzate senza che vi siano adeguati collegamenti tra gli elementi resistenti i quali, proprio per l’assenza di normativa sismica, sono stati dimensionati al fine di resistere ai soli carichi verticali, risultando così inadeguati a qualsiasi forza diretta orizzontalmente.
Nella seconda parte della presente relazione si propone, per la valutazione della vulnerabilità e del rischio sismico degli edifici pubblici in esame, la metodologia VC e VM (usate rispettivamente per le strutture in calcestruzzo ed in muratura) elaborata da G.N.D.T insieme al Dipartimento della Protezione Civile e al Ministero del Lavoro, ed impiegabile su edifici esistenti nell’ambito del progetto “Strumenti Aggiornati per la Vulnerabilità sismica del patrimonio Edilizio e dei sistemi urbani” (S.A.V.E.).
Questa metodologia può essere definita ibrida perché basata sull’individuazione di una vulnerabilità sia osservata (SAVE) che calcolata (meccanismi meccanici).
Sostituendo all’edificio un suo modello meccanico teorico, la tecnica (meccanicistica) in questione è più vicina all’usuale approccio ingegneristico per la valutazione della sicurezza.
Il metodo di analisi si riferisce a due livelli di danneggiamento, corrispondenti, in termini prestazionali alla condizione limite di operatività, ossia di danneggiamento lieve tale da non pregiudicarne l’utilizzazione, e alla condizione di collasso incipiente. La vulnerabilità, pertanto, viene intesa come stima dell’intensità del terremoto per la quale l’edificio raggiunge le due condizioni dette (PGA di operatività e PGA di collasso).
Il rischio, ovviamente riferito alle condizioni di pericolosità sismica del sito in cui sorge la costruzione, tenendo conto anche di eventuali effetti di amplificazione locale, viene espresso in termini di periodo di ritorno del terremoto che produce le due condizioni limite dette.
L’attendibilità dei risultati che il metodo può fornire è strettamente legata alla qualità delle informazioni e all’aderenza del modello alla realtà. Questi aspetti uniti alla incompletezza delle informazioni sulla geometria della struttura e sulle resistenze dei materiali che il modello considera, la mancata valutazione degli effetti torsionali e l’assente stima di vulnerabilità delle parti non strutturali, hanno suggerito di utilizzare la metodologia SAVE similmente alle schede GNDT di II livello: l’indice di vulnerabilità del singolo edificio è pensato come parametro indicativo dell’appartenenza ad una fascia di vulnerabilità più ampia, piuttosto che come valutazione puntuale.
Gli edifici esaminati sono caratterizzati da valori della PGA di collasso (adeguatamente corretta per meglio cogliere gli effetti negativi dovuti alla presenza di elementi tozzi negli edifici in c.a.) concentrati in una fascia che va dallo 0,04g allo 0,18g. A differenza della valutazione di vulnerabilità condotta con le schede GNDT, le procedure VC e VM colgono una maggiore differenza di comportamento tra un edificio e l’altro.
L’analisi ha inoltre permesso di rilevare la dipendenza della vulnerabilità dalla presenza di piani o direzioni particolarmente più forti o più deboli che causano potenziali squilibri strutturali, dalle resistenze di piano massime e minime (parametro SD), si è individuato il piano a cui è associato il meccanismo di collasso. Si è cercata una correlazione della vulnerabilità (esprimibile anche in termini di accelerazione sulla struttura corrispondente alla resistenza minima di piano che determina la condizione di collasso) con l’età della costruzione, col numero di piani, con la regolarità geometrica e di rigidezza e con il livello di compressione presente negli elementi resistenti. Quest’ultimo aspetto, insieme al quello relativo al numero di piani, evidenzia l’esistenza di un legame piuttosto forte con la vulnerabilità strutturale.
Si sono infine condotti studi sulla variabilità dei periodi propri delle strutture che hanno evidenziato come l’effetto irrigidente offerto dai setti influiscano sul comportamento strutturale.
Si stima che solo il 14% degli edifici presenti nelle zone sismiche italiane più pericolose (il 45% dell’intero territorio) siano stati costruiti con criteri antisismici.
Fino agli anni ’90 il nostro paese non aveva attivato altra politica di prevenzione contro la minaccia dei terremoti, se non quella di emanare norme tecniche per le costruzioni in zona sismica obbligatorie per qualsiasi nuova costruzione e solo in alcuni casi per gli interventi sulle costruzioni esistenti.
E’ però nella vulnerabilità del sistema insediativo che bisogna ricercare l’entità delle conseguenze calamitose del fenomeno sismico.
Qualsiasi percorso di interventi sul costruito per innalzarne le prestazioni, non può che avviarsi con l’esame dello stato attuale. Su scala nazionale la campagna di monitoraggio della vulnerabilità sismica si è avviata con l’entrata in vigore dell’O.P.C.M. 3274 del 20 marzo 2003, che richiedeva la verifica di sicurezza degli edifici pubblici strategici e rilevanti esistenti, progettati secondo norme tecniche antecedenti al 1984 e/o situati in Comuni la cui classificazione sismica, sulla base dei moderni criteri di stima della pericolosità sismica di base, comportasse livelli dell’azione sismica superiori a quelli relativi all’epoca di costruzione.
In questo contesto si colloca il ruolo di CASALP, Casa Livorno e Provincia s.p.a., una società per azioni di proprietà dei Comuni della Provincia di Livorno, che fornisce servizi per l’abitare sociale, amministra, gestisce e progetta i lavori di manutenzione dell’ampio patrimonio edilizio popolare.
La presente tesi che nasce dalla Convenzione stipulata tra l’Università di Pisa e CASALP, ha come obiettivo il monitoraggio sismico di 48 edifici (15 in muratura e 33 in cemento armato) facenti parte del complesso di strutture adibite a residenze popolari, appartenenti e gestite da CASALP. L’indagine condotta è finalizzata ad individuare le situazioni di maggior rischio, ovvero a stilare una graduatoria dei fabbricati che necessitano di miglioramenti, con il fine di poter attribuire un indice di priorità nel caso di avviamento di un’iniziativa di interventi di adeguamento sismico migliorando conseguentemente l’utilizzazione delle risorse destinate ad interventi di riduzione del rischio.
In un primo momento la valutazione della vulnerabilità sismica dei suddetti edifici si è effettuata adottando le schede di rilevamento strutturale definite rispettivamente di livello 0, I, e II, messe a punto dal C.N.R.-G.N.D.T. (Consiglio Nazionale delle Ricerche-Gruppo Nazionale per la Difesa dai terremoti) e rielaborate dal Coordinamento Regionale Prevenzione Sismica della Regione Toscana.
Esse consentono di pervenire ad una valutazione puntuale della vulnerabilità edificio per edificio, mediante un punteggio compreso tra 0 e 100, per gli edifici in muratura, e tra –25 e 100, per gli edifici in c.a.. l’indice di vulnerabilità è calcolato sommando i contributi di punteggi di vulnerabilità di 11 parametri rilevati e legati ad alcuni aspetti caratteristici del comportamento sismico tipico delle costruzioni in muratura o in cemento armato.
L’indice di vulnerabilità coì ottenuto, non fornisce una valutazione del danno atteso per un dato livello di severità della scossa sismica ma è una misura convenzionale e relativa della propensione al danneggiamento ed è pertanto utilizzabile immediatamente solo a fini euristici.
Insieme alla valutazione dell’IV si fornisce anche una valutazione dell’indice del rischio (IR) quale funzione della PGAD (l’accelerazione di picco attesa al suolo e quindi la domanda) e della PGAC (l'accelerazione di picco al suolo che determina il collasso della struttura, ovvero la capacità)
Le 14 strutture caratterizzate da un sistema resistente in muratura, classificabile come muratura in pietrame mista, con orditura disordinata, e malta generalmente classificabile come scadente, sono situate a Livorno e risalgono alla prima metà del secolo scorso in una fascia temporale che va dal 1911 al 1956 (periodo antecedente a qualsiasi tipo di normativa sismica). Esse presentano nel complesso due tipologie di solaio: tipo SAP e tipo a longherine metalliche e tavelloni, disposti trasversalmente ai muri laterali e di spina. La tipologia di copertura prevalente è a padiglione con un solo caso di copertura piana: generalmente si è ipotizzato come sistema costruttivo quello analogo al solaio del relativo edificio, con una sola eccezione nel quale erano visibili dall’esterno i travetti in legno.
Le principali criticità riscontrate durante lo studio degli edifici in muratura risultano essere la mancanza di un comportamento scatolare, la presenza di strutture spingenti, di meccanismi locali di collasso, di muratura potenzialmente soggetta a disgregazione ed irregolarità geometriche in pianta ed in altezza.
Gli edifici analizzati appartenenti alla categoria delle strutture intelaiate in cemento armato (locate a Livorno), generalmente adibiti ad uso residenziale con l’eccezione di alcuni locali adibiti ad uso commerciale, risalgono alla seconda metà del secolo, in una fascia temporale che va dal 1958 al 1980. Tale periodo implica una progettazione in assenza di opportune regole antisismiche: gli edifici mostrano in molti casi un comportamento strutturale deficitario, caratterizzato da una bassa duttilità disponibile e dall’assenza di un’appropriata gerarchia delle resistenze che conduca a meccanismi di collasso di tipo globale.
Il sistema resistente, con tamponamenti in laterizio, si eleva per un numero di piani che dallo spiccato di fondazione oscilla tra i 3 ed i 14.
Gli edifici presentano nel complesso dei solai di tipo SAP, disposti trasversalmente ai telai resistenti in c.a..
Le principali criticità rilevate per gli edifici in c.a. sono la presenza di elementi resistenti (pilastri o setti) di dimensioni ridotte e non adeguatamente armati, presenza di pilotis al piano terra, presenza di elementi di tamponatura a cassetta mal vincolati, presenza di elementi tozzi, travi non adeguatamente armate, presenza di nodi non adeguatamente staffati, presenza di potenziali effetti di martellamento, irregolarità di rigidezza in pianta e geometrica in pianta ed in elevazione. Presenza di elementi non strutturali mal vincolati e presenza di telai monodirezionali.
Generalmente i valori di vulnerabilità ottenuti, si collocano nell’intervallo tra i valori 60-70.
In generale, il valore risulta essere alto se letto nell’ottica del suo significato ed estrapolato dal contesto del sito di riferimento: il grado di danno che un edificio può subire nel caso sia colpito da sisma è valutabile intorno ad un punteggio di 60-70 su 100. Questi valori possono essere spiegati soprattutto se messi in relazione con il periodo di costruzione e la tipologia, qualità e configurazione del sistema resistente.
Le strutture sono state realizzate senza che vi siano adeguati collegamenti tra gli elementi resistenti i quali, proprio per l’assenza di normativa sismica, sono stati dimensionati al fine di resistere ai soli carichi verticali, risultando così inadeguati a qualsiasi forza diretta orizzontalmente.
Nella seconda parte della presente relazione si propone, per la valutazione della vulnerabilità e del rischio sismico degli edifici pubblici in esame, la metodologia VC e VM (usate rispettivamente per le strutture in calcestruzzo ed in muratura) elaborata da G.N.D.T insieme al Dipartimento della Protezione Civile e al Ministero del Lavoro, ed impiegabile su edifici esistenti nell’ambito del progetto “Strumenti Aggiornati per la Vulnerabilità sismica del patrimonio Edilizio e dei sistemi urbani” (S.A.V.E.).
Questa metodologia può essere definita ibrida perché basata sull’individuazione di una vulnerabilità sia osservata (SAVE) che calcolata (meccanismi meccanici).
Sostituendo all’edificio un suo modello meccanico teorico, la tecnica (meccanicistica) in questione è più vicina all’usuale approccio ingegneristico per la valutazione della sicurezza.
Il metodo di analisi si riferisce a due livelli di danneggiamento, corrispondenti, in termini prestazionali alla condizione limite di operatività, ossia di danneggiamento lieve tale da non pregiudicarne l’utilizzazione, e alla condizione di collasso incipiente. La vulnerabilità, pertanto, viene intesa come stima dell’intensità del terremoto per la quale l’edificio raggiunge le due condizioni dette (PGA di operatività e PGA di collasso).
Il rischio, ovviamente riferito alle condizioni di pericolosità sismica del sito in cui sorge la costruzione, tenendo conto anche di eventuali effetti di amplificazione locale, viene espresso in termini di periodo di ritorno del terremoto che produce le due condizioni limite dette.
L’attendibilità dei risultati che il metodo può fornire è strettamente legata alla qualità delle informazioni e all’aderenza del modello alla realtà. Questi aspetti uniti alla incompletezza delle informazioni sulla geometria della struttura e sulle resistenze dei materiali che il modello considera, la mancata valutazione degli effetti torsionali e l’assente stima di vulnerabilità delle parti non strutturali, hanno suggerito di utilizzare la metodologia SAVE similmente alle schede GNDT di II livello: l’indice di vulnerabilità del singolo edificio è pensato come parametro indicativo dell’appartenenza ad una fascia di vulnerabilità più ampia, piuttosto che come valutazione puntuale.
Gli edifici esaminati sono caratterizzati da valori della PGA di collasso (adeguatamente corretta per meglio cogliere gli effetti negativi dovuti alla presenza di elementi tozzi negli edifici in c.a.) concentrati in una fascia che va dallo 0,04g allo 0,18g. A differenza della valutazione di vulnerabilità condotta con le schede GNDT, le procedure VC e VM colgono una maggiore differenza di comportamento tra un edificio e l’altro.
L’analisi ha inoltre permesso di rilevare la dipendenza della vulnerabilità dalla presenza di piani o direzioni particolarmente più forti o più deboli che causano potenziali squilibri strutturali, dalle resistenze di piano massime e minime (parametro SD), si è individuato il piano a cui è associato il meccanismo di collasso. Si è cercata una correlazione della vulnerabilità (esprimibile anche in termini di accelerazione sulla struttura corrispondente alla resistenza minima di piano che determina la condizione di collasso) con l’età della costruzione, col numero di piani, con la regolarità geometrica e di rigidezza e con il livello di compressione presente negli elementi resistenti. Quest’ultimo aspetto, insieme al quello relativo al numero di piani, evidenzia l’esistenza di un legame piuttosto forte con la vulnerabilità strutturale.
Si sono infine condotti studi sulla variabilità dei periodi propri delle strutture che hanno evidenziato come l’effetto irrigidente offerto dai setti influiscano sul comportamento strutturale.
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Capitolo_1.pdf | 1.68 Mb |
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